giovedì 2 ottobre 2008

*La rivolta dei cervelli contro Brunetta*

Ida Rotano, 01 ottobre 2008 - www.aprileonline.info

Mentre in tutto il resto d'Europa e del pianeta si investe di più in ricerca, in Italia, fino a fine legislatura, è stato programmato solo di tagliare. Tagliare le teste giovani, fresche, motivate. Tagliare le teste più caparbie, quelle che pur di proseguire il loro lavoro hanno accettato anche condizioni ambientali ai limiti della decenza

Occupazioni; sit-in; assemblee permanenti e, domani- il primo presidio unitario- sotto Palazzo Vidoni, sede del ministero della Funzione Pubblica, dei sindacati confederali.
Continua la rivolta dei ricercatori contro il decreto "ammazza precari" del ministro Renato Brunetta che, con un emendamento al disegno di legge 1441, punta a tagliare drasticamente i precari.

In sostanza, infatti, l'emendamento modifica l'articolo 37 del disegno di legge tagliando le risorse destinate dalle precedenti Finanziarie 2007-2008 alla stabilizzazione dei precari della Pa (enti di ricerca e università comprese, ndr) e prevedendo che, alla data di scadenza i contratti non si possono rinnovare a tempo determinato ma vanno sciolti. I rapporti di lavoro sono risolti alla scadenza o, comunque, entro novanta giorni dalla data in cui entra in vigore la legge. Insomma, si prevedono licenziamenti massicci.

Il reclutamento in futuro avverrà "per concorso " con il 40% dei posti riservato a chi ha avuto un contratto a tempo determinato per almeno 3 anni anche non continuativo. Ma se non si fanno i concorsi - in alcuni enti non ci sono concorsi per tempo indeterminato dal 1993 - si resta a terra e il decreto 112 prevede il blocco sostanziale del turn-over perciò le assunzioni sono un puro miraggio.

All'Ispra (protezione e la ricerca ambientale), a rischiare il posto sono in 700 e i sindacati e i precari ieri hanno occupato le sedi dell'Istituto. Anche la presidenza del Cnr è stata occupata dai lavoratori a tempo determinato. L'Ingv, l'Istituto nazionale di geofisca e vulcanologia, (i precari che rischiano sono 400) ha proclamato lo stato di agitazione. (Isfol) l'assemblea ha proclamato la mobilitazione per salvare 300 posti.

Domani sono previste assemblee all'Enea. All'Istat prosegue la mobilitazione dei precari della rete di rilevazione e per domani è convocata l'assemblea generale per decidere "forme e modalità nuove e unirsi alla protesta collettiva". Azioni in vista anche all'Iss e all'Inran (istituto nazionale ricerca alimenti e nutrizione, la mobilitazione continua perché sono a rischio non solo i tempi determinati ma anche tutti i co.co.co. un centinaio di persone.
Nel 2009 nessun nuovo ricercatore prenderà servizio in Italia. In nessun ateneo e in nessuna disciplina. Da qui alla fine della legislatura il numero dei docenti universitari italiani si contrarrà di almeno 8.000 unità (-13% e più del doppio degli esuberi Alitalia) ma nessuno se ne scandalizza. Al contrario, succederà con il plauso dell'opinione pubblica teleguidata a caccia del fannullone.

La posta in gioco è alta e riguarda l'intero paese. Mentre in tutto il resto d'Europa e del pianeta si investe di più in ricerca, in Italia, fino a fine legislatura, è stato programmato solo di tagliare. Tagliare le teste giovani, fresche, motivate. Tagliare le teste più caparbie, quelle che pur di proseguire il loro lavoro hanno accettato anche condizioni ambientali ai limiti della decenza. Tagliare insomma i "cervelli" che, espulsi di fatti dall'Italia, faranno la fortuna di altri, magari nella Silicon Valley.

Un problema che non vi tocca? Provate ad immaginare un laboratorio universitario in Farmacia dove si fa ricerca sul cancro. Immaginate che vi lavorino in cinque tra professori e ricercatori di ruolo. Con la legge 133, approvata il 6 agosto in parlamento, mentre i paese era in vacanza, nessuno dei loro collaboratori precari, per quanto indispensabili e meritevoli, potrà entrare in ruolo senza che tutti i cinque già strutturati non vadano prima in pensione. È evidente che quel laboratorio è destinato a chiudere.

E ancora, immaginate un progetto di ricerca sull'alimentazione e la nutrizione (tema all'ordine del giorno, strettamente intrecciato al tema della salute ma anche dei flussi migratori). Ora provate a focalizzare quelle pagine fitte di dati, tabelle, ricerche e analisi. In calce il nome e la firma di tanti precari made in Italy. Cosa succede (e non è un esercizio teorico visto che sta accadendo proprio all'Inran) se questi "cervelli" vengono estromessi dal posto di ricerca? Semplice, il lavoro già svolto, finanziato magari in collaborazione con università ed enti europei o internazionali, pronto a dare i suoi frutti si blocca. Con buona pace di tutti per la figuraccia internazionale che l'Italia andrebbe ad aggiungere alle tante che ci contraddistinguono in questi mesi. Qual è lo stato estero o l'ente di ricerca internazionale che, a questo punto, si arrischierebbe di co-finanziare una ricerca made in Italy?

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