mercoledì 30 giugno 2010

Il Ps+i tra post-craxismo micro-notabiliare ed il progetto politico di Vendola.

Il PS+I tra Post - Craxismo micro - notabiliare ed il progetto politico di Vendola.
di Giuseppe Giudice

I “post” sono spesso più deleteri dei “pre”. Come diceva Marx riferendosi ad eventi storici che apparentemente si ripetono “la prima volta è tragedia, la seconda è farsa”.
Il craxismo è un progetto politico fallito ma aveva una sua dignità politica e culturale. Il post-craxismo non ha dignità perché del primo pretende di perpetuare solo gli aspetti più deleteri e pacchiani. Gli aspetti giustamente più criticati del craxismo stanno nel liberalsocialismo di destra che pretendeva di sostituire la più autentica tradizione del socialismo italiano (Nenni, Lombardi) e la deriva personalistica e bonapartista nella gestione del partito frutto di in patto scellerato con il “partito degli assessori”.
Il postcraxismo costretto a in piccole formazioni autoreferenziali con scarso potere contrattuale si è sviluppato su un sistema micro-notabiliare e sul micro-leaderismo che ha reso ancor più distante i soggetti politici da esso prodotti dalla tradizione socialista rispetto al craxismo stesso.
Quando il PSI (storico) si sciolse nel 1994 i due piccoli soggetti che ne vennero fuori, il SI e la Fed Laburista (che erano poi quelli rappresentati in parlamento) presero due strade diverse. Io (come sapete) aderii ai laburisti e la scelta la rifarei anche se sono pienamente consapevole del fallimento di quella nostra scelta. Perché? Ma perché la Fed Laburista, magari ingenuamente, si muoveva lungo un progetto strategico di una certa portata: costruire un grande partito socialista di massa. L’ingenuità fu nel pensare che il PDS fosse disponibile a tale percorso. Noi pensavamo che i post-comunisti anche per legittimarsi a livello europeo fossero disponibili a mettersi in discussione. Lì sbagliammo seccamente perché essi concepirono il PSE come pura formalità e perseguirono coerentemente, affossando poi la intera sinistra, il disegni di ricongiunzione con pezzi ex DC.
Ma comunque noi avevamo un orizzonte strategico, lo SDI no. Esso nasce per auto tutelare pezzi di ceto politico di terza o quarta fila, concependo le alleanze come optional intercambiabili (Segni, Dini, Girasole, RNP fino a SeL) volte a garantire la micro-nomenclatura nazionale e locale.
Certo noi laburisti sbagliammo (una volta constatato il fallimento della cosa 2) a non prendere in mano l’iniziativa per ricostruire una area socialista sottratta al post-craxismo. E sono errori che si pagano.
Così come è stata grave la responsabilità di Sinistra Democratica nel non aver voluto avviare (dopo la nascita del PD) una costituente del socialismo europeo che sottraesse a Boselli e Villetti il marchio socialista ed evitasse la puttanata dell’Arcobaleno. Così la Costituente Socialista in mano a quelli dello SDI non poteva che essere l’ennesima buffonata.
Ma veniamo all’oggi. Alla costituente purtroppo hanno aderito anche compagni che certamente nulla avevano a che fare con Boselli, Villetti e …Nencini; così come nello stesso SDI c’era una minoranza di socialisti autentici. Ma la loro voce non poteva venir fuori. Oggi la Lega dei Socialisti dà la possibilità a tutti questi socialisti (iscritti al Ps a SeL o a nessun partito) di poter esprimere collettivamente il proprio punto di vista.
Ma qui sorge un problema: La Lega dei Socialisti ovviamente non è un partito ma esprime una propria precisa soggettività che si sostanzia nel progetto di ricostruzione della sinistra nella rifondazione a sinistra del socialismo europeo. E in tale prospettiva strategica vede in Vendola e nel suo progetto di rifondazione dell’intero centrosinistra il referente politico privilegiato. E’ evidente che il micro-notabilato che costituisce l’ossatura del Ps non la pensa affatto così.
I compagni della sinistra interna al PS hanno fatto un lavoro importante e pregevole; esso ha consentito di recuperare a sinistra molti compagni disorientati è sbandati nel PS.
Ma se il PS riconfermasse Nencini come segretario in piena continuità con l’opportunismo ed il trasformismo che ha caratterizzato la sua gestione, che si fa? Ha senso restare nel partito a fare una testimonianza inutile? Le tesi del partito confermano la totale assenza di un orizzonte strategico da parte del PS. Non c’è assolutamente alcun avanzamento. Anche l’accenno ad “una ripresa dei rapporti con SeL” è vista all’interno di una ripresa di rapporti politici a 360° che include pure l’UDC!! Ho fin troppa esperienza di congressi per capire che è solo una piccola furbizia. La mozione della sinistra è radicalmente alternativa a questa impostazione. Certo se salta Nencini , sia pure in una poco nobile manovra di palazzo, si apre la possibilità di ricostruire un rapporto preferenziale Ps-SeL. Ma resterebbe tutto all’interno di un discorso tra ceti politici.
I nostri obbiettivi vanno molto al di là di uno stanco politicismo di terza mano. Facciamo ed operiamo nel senso che sia la Lega l’espressione collettiva della posizione socialista nella sinistra e mettiamo in campo iniziative a tal fine. I micro-notabili lasciamoli al loro non invidiabile destino.

PEPPE GIUDICE

Costituzione per padri e figli, giovani e meno giovani.

Piero Calamandrei – Discorso agli studenti milanesi (1955)

La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una malattia dei giovani l’indifferentismo. «La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?». Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?» E questo dice: «Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda». Allora lui corre nella stiva a svegiare il compagno. Dice: «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda». Quello dice: «Che me ne importa? Unn’è mica mio!». Questo è l’indifferentismo alla politica. È così bello, è così comodo! è vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà. C’è altre cose da fare che interessarsi alla politica! Eh, lo so anche io, ci sono… Il mondo è così bello vero? Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perchè questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica…Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra; metterci dentro il vostro senso civico, la coscienza civica; rendersi conto (questa è una delle gioie della vita), rendersi conto che nessuno di noi nel mondo non è solo, non è solo che siamo in più, che siamo parte, parte di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo. Ora io ho poco altro da dirvi. In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Sono tutti sfociati qui in questi articoli; e, a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane…E quando io leggo nell’art. 2: «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale»; o quando leggo nell’art. 11: «L’Italia ripudia le guerre come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», la patria italiana in mezzo alle altre patrie… ma questo è Mazzini! questa è la voce di Mazzini! O quando io leggo nell’art. 8:«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge», ma questo è Cavour! O quando io leggo nell’art. 5: «La Repubblica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali», ma questo è Cattaneo! O quando nell’art. 52 io leggo a proposito delle forze armate: «l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica», esercito di popoli, ma questo è Garibaldi! E quando leggo nell’art. 27: «Non è ammessa la pena di morte», ma questo è Beccaria! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani… Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, cha hanno dato la vita perché libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove fuorno impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione.

*PER UNA ALLEANZA RIFORMISTA ED UNA SINISTRA LIBERALSOCIALISTA: IL RUOLO DEL PSI*


Voglio iniziare questa mia nuova esperienza nella massima IstituzioneRegionale con una valutazione ed un ringraziamento assolutamente non formale.

Lo faccio attraverso il periodico del Gruppo, "Voce Socialista", che
riprende le pubblicazioni dopo la positiva esperienza dell'ultima parte della scorsa Legislatura.
Un foglio che dovrà essere di costante informazione delle attività e
delle iniziative politico - istituzionali che assumeremo ma anche
assolutamente aperto ai suggerimenti ed agli stimoli positivi di tutti
coloro che vorranno farlo aiutandoci così nel difficile ma esaltante
percorso che abbiamo davanti per i prossimi cinque anni.

La valutazione, positiva, è riferita all'aggregazione ed al risultato
ottenuto dalla lista di Alleanza Riformista.
Toccherà adesso alle forze politiche che la compongono dimostrare di
credere in un suo possibile sviluppo futuro radicandola sul territorio
regionale. Per farla vivere occorre presentare Alleanza Riformista e,
magari, allargarla nei tanti ed importanti appuntamenti elettorali,
comunali e provinciali, che ci attendono già nei prossimi mesi.

Il ringraziamento sincero, oltre a quello che rivolgo, davvero
riconoscente, ai miei 5781 elettori, va ai tanti candidati di tutte le
cinque provincie delle Marche che con il loro impegno hanno portato
Alleanza Riformista a sfiorare (sono mancati soltanto 1400 voti) il
secondo seggio in Consiglio Regionale.

Fondamentale è stato l'apporto, sono i numeri elettorali a
dimostrarlo, dei candidati socialisti e del Partito Socialista delle
Marche.

Un interrogativo sorge, però, spontaneo per chi, come me, è socialista
da sempre:
QUALE SARA', IN FUTURO, IL RUOLO DEL PSI?

Le evidenti difficoltà del Partito Democratico di costruire una
strategia davvero aggregante e vincente deve offrire al gruppo
dirigente ed a tutti i militanti del Partito Socialista Italiano, che
il 9-10 e 11 Luglio si riunisce a Perugia per celebrare il proprio II
Congresso Nazionale, l'occasione per occupare nuovi spazi che non
siano a mezzadria ideologica o ad insediamento fisso, ossia recintati
da una fedeltà
assoluta ad una presunta egemonia culturale post-comunista.

Compito principale dei
socialisti italiani è infatti quello di riuscire a esporre una nuova
strategia in grado di svincolare il Partito dalle sue "psicotiche
logomachìe" sulla propria ragion d'essere, logiche che lo hanno, in passato,
"ammanettato" in uno sterile gioco di "conventicole" interessate
esclusivamente alla conquista delle leve di comando "interno" al
Partito, per restituirlo, invece, alla lotta politica armato di idee
assai utili per il Paese.

I socialisti rappresentano una cultura e un'identità politica
assolutamente necessarie alla ricostruzione
dell'intera sinistra italiana.

A tal proposito tutto il variegato, ed oggi diviso, mondo socialista o
che a tale cultura politica dice di far riferimento dovrebbe tornare a
riflettere sulla propria e più profonda essenza politica: quella di
dover svolgere una
funzione di "presidio di
frontiera" lungo tutto il fianco del "culturame" di matrice
utopico-massimalista, nella consapevolezza che proprio la sua identità
riformista possa trasformarlo in un interlocutore avveduto e curioso,
ma non per questo dimissionario o cedevole, per tutto il
centro-sinistra italiano e marchigiano.

Si tratta di un valore "cultural - identitario" affermabile per via di negazione
– ciò che non siamo, ciò che non vogliamo –
che tuttavia è sempre stato il vero punto di forza dei socialisti e che potrebbe
riportare il Psi a svolgere quel ruolo di "cerniera" del sistema dei
Partiti che gli ha sempre assicurato un plusvalore politico dalle
proporzioni tutt'altro che modeste.

Oggi, il Partito Socialista Italiano può e deve tramutarsi in un
fervoroso laboratorio di idee per tutta la sinistra, distinguendosi
sia dal dirigismo tardo-fordista del centro-destra, sia da una visione
fortemente "borghese" di
un laicismo esasperato e di un giustizialismo chiuso in se stesso, che
si pongono
esclusivamente come
elementi di "rottura" all'interno del dibattito politico complessivo,
tipici di "certa" sinistra.

MORENO PIERONI
(Presidente Gruppo Consiliare Alleanza Riformista/PSI/MRE/DCM Regione Marche)

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www.partitosocialista-mc.org

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*INCOMPIUTE :NEL PD SI LITIGA..OGNI GIORNO*


Non c’è giorno senza pena, nel Pd si polemizza su tutto. Dal caso massoneria sollevato da Beppe Fioroni a quello di “ cari campagne e compagni …”, la cui espressione ha mandato in bestia i “nativi”, coloro che non hanno origini Pci – Pds e Ds né Dc- Ppi e Dl, ma si sono iscritti, per la prima volta, a un partito, cioè al Pd.

Ogni “pretesto” è buono per litigare. Anche il termine “pretesto” è sotto accusa, giacché Beppe viene indicato come il capo del “Partito democratico del pretesto”. Al che, lui ha precisato che è solo un portatore di opinioni diverse, come tanti.

Non ci vuole molto a capire che la situazione all’interno del Pd non è per nulla rosa e fiori, anzi. Si litiga su tutto e tutti contro tutti. Ipocritamente ogni singolo esponente giura che non ci sono le condizioni per una scissione, per cui il Pd dovrà vivere e andare avanti. Dove andrà, però, è un mistero.

I più insofferenti alla segreteria Bersani sono gli ex Dc e i liberaldemocratici ex Margherita: non hanno spazio e sono critici verso la gestione di partito e la linea politica.

E, comunque, il Pd profuma di antico e non emana alcun odore nuovo. A tal proposito, Bersani viene accusato di essere sensibile ai richiami della foresta, cioè della sinistra di estrazione comunista, e, per di più, resta insensibile alle istanze che portarono alla costituzione del Pd. Finora il deficit politico e culturale non è stato per nulla colmato, per cui agli occhi dell’opinione pubblica è senza anima – identità e senza appeal politico. Il che spiega la sua scarsa credibilità e la poca incisività elettorale.

Vale la pena ricordare che i post comunisti hanno contribuito alla distruzione del Psi di Craxi, sicché hanno fatto cessare la forza che ha funzionato come cassa di risonanza del riformismo e della modernizzazione del sistema Italia, Con fine del Psi, la sinistra, in mano agli ex comunisti, è andata via via in declino

A nostro avviso, la responsabilità maggiore di questa situazione ricade, in special modo, sugli ex Ds che non si sono mai sottoposti a un processo revisionista, perché avrebbero dovuto rinnegare la loro antica appartenenza al Pci e al comunismo internazionale con a capo lo Stato guida, l’Urss. Non rompendo con il passato e continuando, di conseguenza, a rivendicare che il comunismo italiano era una cosa diversa rispetto agli altri comunismi, entrambi gli atteggiamenti sono stati di freno quando il Pci si è trasformato in Pds prima, in Ds poi e quando, infine, i post comunisti sono confluiti in modo meccanico nel Pd. Invece di produrre qualcosa di politicamente e culturalmente inedito, il partito di Bersani è allo stato d’inestinguibile melting pot. Com’è, del resto, un handicap quella componente cattolica integralista ex Dc –Ppi, di formazione dossettiana e cattocomunista che ha deciso di fare la ruota di scorta della maggioranza di Bersani. D’altro canto, i suoi dirigenti, dando manforte al segretario, hanno in compenso posti di rango negli organismi di partito. Bindi docet. Il caso Letta(Enrico) non è diverso, anche lui ha scelto di salire sul band wagon, nella speranza che possa essere il candidato alla premiership alle prossime politiche. Sempreché, Bersani, in corso d’opera, cambi idea o gliela facciano cambiare, visto che il suo scarso appeal e poco look.

Vale la pena ricordare che i post comunisti hanno contribuito alla distruzione del Psi di Craxi, sicché hanno reso inerte la forza che ha funzionato come cassa di risonanza del riformismo e della modernizzazione del sistema Italia. Con la fine del Psi, la sinistra italiana, in mano agli ex comunisti, è andata via via in declino.

Allo stato dell’arte, il Pd vive un momento difficile e coloro che non sono di provenienza ex Ds lo sentono di più, sebbene non facciano nulla, sul piano politico e culturale, per uscire dalle secche in cui si trovano. A ben vedere, sanno soltanto sospirare, piangere e alti lai.

La voce del malessere è Beppe Fioroni che non perde occasioni per dire la sua su ogni cosa che dice e che fa Bersani. A dire il vero, non ha tutti i torti, oltretutto, il segretario non fa nulla per venirgli incontro sul terreno della politica. Se si trattasse di politica con la P maiuscola e non di altro, cioè del cambiamento dell’assetto interno di partito.

Il segretario uscito vittorioso dal congresso e avendo, tutto sommato, alleato un gruppo cospicuo della minoranza, non intende cambiare la governance, come chiede la componente ex Ppi, nascondendosi dietro l’alibi del vuoto politico e della mancanza della democrazia interna. Comunque sia, non gli va, per ora, di riconoscere agli ex Ppi, una vice segreteria( D’Antoni?) da affiancare a quella di Enrico Letta.

Se il malessere di cui si fa carico Fioroni stesse in questo, farebbe bene Bersani a non dargli ascolto. Come dire, siamo al suk politico, il che non può essere contrabbandato come politica.

TRUFFA ELETTORALE : DI PIETRO INDAGATO


Il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, è indagato a Roma per truffa in relazione a presunti illeciti legati ai rimborsi elettorali assegnati al movimento politico da lui fondato. Gli illeciti riguarderebbe i rimborsi relativi alle elezioni europee del 2004.

LA DENUNCIA – A motivare il passaggio istruttorio, compiuto dal pm Attilio Pisani e dal procuratore aggiunto Alberto Caperna, è stata una denuncia presentata nelle scorse settimane da Elio Veltri, candidato sei anni fa alle elezioni europee in una lista collegata a Di Pietro. Secondo l’atto del giornalista e autore di saggi, l’associazione Italia dei Valori si sarebbe sostituita nella gestione dei fondi elettorali al movimento politico. E l’operazione sarebbe stata messa in atto attraverso una serie di false autocertificazioni. Al di là dell’apertura del procedimento, a Piazzale Clodio si ricorda che da un lato fascicoli scaturiti da denunce analoghe in passato sono finiti in archivio e dall’altro che lo stesso Di Pietro, qualche mese fa, ha firmato davanti a un notaio un atto per sancire che associazione e movimento politico Italia dei Valori sono la stessa cosa. Sulla vicenda, i magistrati hanno delegato una serie di accertamenti alla Guardia di Finanza.

martedì 29 giugno 2010

*29 Giugno 2004 - 2010: Sesto Anniversario della scomparsa del compagno Mario Costamagna*

SEI ANNI FA MORIVA IL COMPAGNO *MARIO COSTAMAGNA*, INDIMENTICABILE MILITANTE SOCIALISTA.

Autonomista e Riformista, Nenniano e Craxiano, la sua vita è stata interamente dedicata alla sua FAMIGLIA, al LAVORO ed al Partito, il PSI.

Qualche mese dopo la sua morte, in una manifestazione unitaria di tutti i Socialisti, Moreno Pieroni, allora Segretario Regionale dello SDI e Franco Pallotta della Direzione Nazionale del Nuovo PSI gli intestarono, inagurandola, la sede provinciale e di Civitanova Marche di ALLEANZA RIFORMISTA/PSI.

Sei anni fa e, quindi, sei anni prima che la stessa sigla venisse utilizzata, ottenendo un ottimo risultato, alle Elezioni Regionali del 2010. Era la denominazione della lista per la quale, il compagno Mario Costamagna, aveva fatto la sua ultima, attiva, campagna elettorale, dopo oltre 50 anni (dal 1948), per le Elezioni Comunali di Civitanova nel 2002.

Per questi motivi dovrebbe essere un PUNTO D'ONORE, PER TUTTI I SOCIALISTI DI CIVITANOVA E DELL'INTERA PROVINCIA, MANTENERE APERTA QUESTA SEDE SITA IN VIA SANZIO A CIVITANOVA MARCHE.

*Tutti coloro che volessero ricordare il compagno MARIO COSTAMAGNA potranno farlo partecipando alla S.MESSA IN SUFFRAGIO CHE SI TERRA' STASERA, MARTEDI' 29 GIUGNO, ALLE ORE 19.00, PRESSO LA CHIESA DEI SS. PIETRO E PAOLO, IN PIAZZA XX SETTEMBRE, A CIVITANOVA MARCHE*.

Civitanova Marche, 29 Giugno 2010

Le Segreterie Provinciale e Cittadina del PSI


lunedì 28 giugno 2010

NON C'E' SINISTRA SENZA SOCIALISMO ! - Giuseppe Giudice

NON C'E' SINISTRA SENZA SOCIALISMO !

Intervento di Giuseppe Giudice all’assemblea costitutiva Della LEGA dei SOCIALISTI

27/06/2010 - Alcuni Compagni mi hanno chiesto di scrivere una sintesi dell’intervento fatto il 27 Giugno. Avendolo fatto a braccio mi limiterò ad enucleare e sviluppare i temi che ho affrontato.


- Quattro anni fa un autorevole esponente dell’allora sinistra DS, nel periodo in cui era in incubazione la costituzione del Partito Democratico, disse che in definitiva il PD non faceva altro che anticipare la evoluzione futura della socialdemocrazia europea, la sua ineluttabile deriva liberale e la sua sostanziale fuoriuscita dalla sinistra. Per cui nel momento in cui si fosse costituto il PD, bisognava impegnarsi a unificare tutto ciò che si muoveva a sinistra del PD. In pratica l’area del post-comunismo di sinistra e del neo-comunismo (fare un PCI bonsai). Ora questo giudizio sulla socialdemocrazia era evidentemente viziato da un vecchio e mai sopito pregiudizio comunista, ma era anche un giudizio sbagliato (che non metteva nel conto le sostanziali differenze allora esistenti tra il PS francese ed il Labour inglese ad esempio), ma era ancor di più un giudizio falsificato dalla storia più recente che ha visto il riposizionamento a sinistra del PSE e di gran parte dei partiti facenti parte di esso e dall’altro la sempre più marcata deriva centrista del PD (che definisce se stesso proprio sulla base della sua distanza dal PSE). Questa analisi che mette anche in evidenza la profonda ambiguità politica ed ideologica della ex sinistra DS che si è poi trasferita in SD la quale (proprio in virtù di tale ambiguità) non è stata capace di attivare quella Costituente del Socialismo Europeo che avrebbe potuto avere un respiro ben più vasto della fallimentare ed istrionica Costituente socialista di Boselli. Del resto l’analisi sopra citata era rivolta esplicitamente contro le posizioni come quelle di Salvi (prima che fosse rapito dal “comunismo ai neutroni” di Ferrero), Angius e Spini che facevano del legame e del riferimento al socialismo europeo l’asse portante della propria critica ed opposizione al PD.
- Perche oggi faccio queste considerazioni? Perché credo che oggi più che mai il giudizio che si dà sul socialismo europeo diventa un punto di discrimine essenziale proprio sul tipo di sinistra che intendiamo costruire. Vale a dire una sinistra a vocazione maggioritaria, larga e popolare o una sinistra di pura testimonianza. Noi siamo esponenti della cultura del socialismo di sinistra. Siamo stati fortemente critici verso le derive moderate di un pezzo importante della socialdemocrazia, non abbiamo certo risparmiato giudizi negativi. Ma eravamo (e lo siamo) anche convinti che il socialismo europeo (come è più volte avvenuto nella storia) ha la capacità di riprendersi dalle sue crisi e dalle sue derive per poter tornare a divenire il cuore pulsante della sinistra in Europa. Quello che è accaduto nelle elezioni regionali in Francia, dove la riscossa della sinistra è stata guidata da un PS che ha saputo superare le sue crisi, le elezioni in North-Reno Wesfalia (un quarto dell’elettorato tedesco) che hanno visto la forte rimonta della SPD, la vittoria brillante dei socialisti in Belgio, i sondaggi nella già citata Germania che danno la SPD in recupero di 7 punti rispetto alle disastrose elezioni del 2009 e prefigurano una netta maggioranza di sinistra nel più ricco e popolato paese della UE; sono tutti dati che dimostrano come un socialismo che ricolloca nel suo alveo naturale e si libera delle scorie liberali (il cambiamento di 180° della SPD è significativo) ha oggi possibilità forti di ripresa. Certo siamo ben lontani dall’avere risolto tutti i problemi del socialismo in Europa, primo dei quali l’assenza di una vera politica sovranazionale quando la crisi sistemica del liberismo impone la costruzione di una alternativa “europea” al modello economico e sociale (ed alle sue devastazioni) prodotte dal capitalismo liberista. Occorrono un socialismo ed un sindacato “europei”. La bruttissima vicenda di Pomigliano è anche la conseguenza di tale assenza. Ma mentre il PSE vira a sinistra il PD se ne allontana sempre di più nella sua esasperata corsa al centro. Il farfugliare confuso di Bersani sulla vicenda di Pomigliano (dove si sono fatte tornare indietro di 50 anni le relazioni industriali), le stesse indicazioni di politica economica del PD che si incentrano sulle liberalizzazioni (e non invece sulla centralità del lavoro e delle politiche pubbliche) persistendo nell’equivoco ideologico liberista sull’equazione cittadino-consumatore, misurano la enorme e sempre più marcata distanza del PD dal socialismo europeo. Di ciò non si può non prendere atto. Se il PD è cosa affatto diversa dalla socialdemocrazia il compito che abbiamo è quello di ricostruire la presenza di una sinistra che sappia svolgere in Italia il compito che in Europa sta cercando di sviluppare questo socialismo che sta ritrovando se stesso. Quindi non una sinistra di pura testimonianza, non una sinistra senza aggettivi che tradisce la sua indeterminatezza identitaria, ma una sinistra socialista, democratica e popolare. Sappiamo che è un processo non breve, ma è l’unica strada percorribile per non cadere nel centrismo del PD o in una idea della sinistra alla Nanni Moretti, che si piange continuamente addosso. In realtà la schizofrenia che è stata propria della sinistra post-PCI negli anni 90, la schizofrenia tra il governismo esasperato che ha poi portato al Pd ed un antagonismo velleitario e politicamente inutile, deriva proprio dalla incapacità che ebbe il PDS nel 1991 di farsi carico pienamente del pensiero e della tradizione socialista. Dopo il contestuale fallimento dei due progetti politici degli anni 80, nella sinistra storica, quello di Craxi e quello di Berlinguer, il PDS nasce sulla base di un incredibile eclettismo ideologico, che rifiuta il socialismo democratico quale asse portante della propria identità. Tale rifiuto è la base culturale di quella schizofrenia politica che da un lato porta al trasformismo opportunistico dei D’Alema e dei Veltroni e dall’altro all’antagonismo nichilista dei Cremaschi. E’ la base questa della piena disfatta della sinistra italiana. Per questo siamo convinti che solo il pieno recupero della migliore cultura socialista sarà in grado di creare le fondamenta solide per costruire una sinistra credibile. - Mi sono iscritto a SeL con un certo entusiasmo, perché vedevo, nel suo progetto originario, la concreta possibilità di stare a sinistra del PD senza cadere nel minoritarismo neo-comunista. Molti compagni socialisti vi hanno aderito con convinzione, perché concepivano SeL (molto più di SD) come un primo passo per ricostruire una sinistra larga di ispirazione socialista e libertaria. La proditoria rottura (dovuta a motivi assai poco nobili) di Nencini che di fatto ha rotto l’impianto originario di SeL è stato un gravissimo “vulnus” politico di cui i responsabili devono ancora pagare tutte le loro gravi responsabilità politiche. Ora moltissimi compagni socialisti di base non hanno affatto condiviso questa scelta (ed hanno mantenuto o la doppia tessera o la semplice iscrizione a SeL) , ma quello che mi ha colpito è il dato sconcertante di come tale rottura non sia stata affatto contestata dal resto della segreteria del PS*I anche da chi come la Locatelli o Di Lello si erano pubblicamente spesi per il progetto di SeL . Per fortuna c’è stato un gruppo tenace di compagni guidati dal nostro Leonida, Franco Bartolomei (direbbe Carlo Felici) che ha pubblicamente reagito sia negli organismi di partito, sia con l’attività dell’associazione “Socialismoesinistra” ed il suo sito (uno dei migliori in circolazione). E’ dall’incontro tra un gruppo di compagni socialisti iscritti a SeL (come me) la sinistra interna al PS ed i compagni dell’associazione Labour che nasce l’idea della Lega dei Socialisti. L’idea di un movimento che non ha data per scontata (nel modo più assoluto) la rottura tra SeL ed il mondo socialista, e che però vuole ricostruire tale rapporto nel quadro di una visione strategica ben precisa. Infatti la rottura tra il Ps ufficiale e SeL delle conseguenze negative le ha avute. Nel senso che in molti militanti di SeL è cresciuta la diffidenza (anche motivata) verso un certo tipo di “socialisti”. Ma non c’è solo questo. In settori minoritari che però sono presenti i socialisti in SeL non sono stati mai bene accettati. O meglio lo sono a livello individuale, ma non se devono esprimere delle posizioni collettive come area politico-culturale. E questo paradossalmente lo si ritrova in pezzi provenienti da SD (in cui è forte l’influenza berlingueriana) piuttosto che tra i compagni dell’Mps dove c’è invece molta più apertura verso la cultura socialista: quello che più volte ha affermato Vendola ne è piena testimonianza. Insomma dopo la rottura nenciniana in settori di SeL si è regrediti verso una posizione che vede essa o come un mezzo-arcobaleno o come comunque una formazione minoritaria. Tra i sostenitori del “partito subito” (ignorando che SeL è un “work in progress”) vi sono coloro che pensano a SeL come l’Arcobaleno dimezzato. Di questo se ne è pienamente reso conto Vendola. Un Arcobaleno dimezzato non serve alla sinistra ed alla democrazia italiana. La gravissima crisi di identità, progetto, strategia che vive il PD, il suo allontanarsi dal socialismo europeo, rende indispensabile il progetto di una sinistra larga a vocazione maggioritaria, altrimenti per la sinistra la partita sarà chiusa per altri vent’anni. Questo è il senso politico della sfida che Vendola lancia al PD. Ed alla fine una sinistra larga non potrà non collocarsi in un PSE rifondato. Del resto noi affermiamo come Lega dei Socialisti che vogliamo ricostruire la sinistra italiana nel processo di rifondazione a sinistra del socialismo europeo. Il rapporto della Lega dei socialisti con SeL ma con quella parte di SeL che rifiuta il mezzo-arcobaleno e pensa ad una sinistra larga è essenziale. Noi non siamo un partito ma un movimento ed un laboratorio politico che però ha una chiara idea della sua collocazione strategica. La sinistra in Italia la si potrà ricostruire solo sulla emersione del fallimento politico e culturale del PD, sullo scoppio delle sue gravi contraddizioni interne. Quello che sta facendo Vendola può determinare ciò; il mezzo-arcobaleno no. Questo credo che sia politicamente significativo per noi socialisti. Il destino del Ps mi interessa molto poco. Certo un cambio di segreteria (sia pur con una congiura di palazzo) può essere positivo anche per ricostruire rapporti formali con SeL (dato che la metà dei consiglieri del Ps sono eletti in SeL). Ma non potrà dire nulla né ai socialisti né alla sinistra. Siamo noi come Lega che strutturandoci progressivamente sul territorio dovremo dire qualcosa di socialista e di sinistra.




PEPPE GIUDICE





BRANCHER. CRAXI: CASO PARADIGMATICO DELLA SCARSA QUALITA' POLITICA DELLA SECONDA REPUBBLICA

Intervenendo al Congresso provinciale del Psi di Reggio Emilia, Bobo Craxi ha quest’oggi dichiarato che “il prossimo Congresso nazionale del Psi ha il compito principale di rilanciare la ‘questione riformista’ sfidando i democratici sul terreno della modernità, dell’innovazione e dell’identità socialista e democratica. Aiutare la sinistra”, ha sostenuto il dirigente socialista, “a uscire dalla crisi e a concorrere a una vera alternativa politica alla destra significa, infatti, non concedere spazio alla demagogia qualunquista, né di destra, né di sinistra”.
Riallacciandosi ai temi dettati dall’attuale fase politica, Craxi ha poi affermato che “il Governo è caduto su una nuova ‘buccia di banana’: pretendere di elevare al rango di ministro una figura di secondo piano, vecchia conoscenza di tante Repubbliche, è stato un atto un atto di spregiudicatezza e di leggerezza. Il ‘caso Brancher’ è drammaticamente paradigmatico della scarsa qualità politica della Seconda Repubblica”.
“I socialisti”, ha concluso, “debbono lavorare in questi anni per ritornare nuovamente all’interno delle istituzioni, accantonando la negativa parentesi di Sinistra e Libertà e recuperando un’autonoma capacità politica, riorganizzando una presenza su tutto il territorio italiano”.

domenica 27 giugno 2010

IL GRANDE SPIRITO DELLA SINISTRA - Carolus Felix

IL GRANDE SPIRITO DELLA SINISTRA

27/06/2010 - Discorso del Comandante Carolus all'assemblea fondativa della Lega dei Socialisti.


Queridas compañeras y compañeros,

Gli indiani d’America quando sapevano di doversi battere in una battaglia cruciale, in cui era in gioco, non solo la loro vita, ma lo stesso destino del loro popolo, la sopravvivenza della loro identità e cultura, dicevano: “Oggi è un buon giorno per morire”, perché sapevano che combattevano non solamente per i loro fratelli e le loro sorelle, ma per tutte le forze di quella natura animata e animante che orientava la loro esistenza continuamente, dalla loro nascita alla loro morte, e che la morte non era che un passaggio per diventare, a loro volta, componenti integrali di quelle stesse forze che avrebbero continuato a guidare le loro generazioni future in un perfetto equilibrio di condivisione e sinergia. Ebbene, io oggi vi dico: “Oggi è un buon giorno per rinascere”, oggi noi siamo qui riuniti, non solo con lo spirito dei presenti, ma anche con quello dei nostri gloriosi antenati, quelli che, a partire da Labriola, da Turati, Treves e da Mondolfo, fondarono il più antico e glorioso partito politico della storia d’Italia su basi umanistiche.
Era allora un grande partito, prima della rovinosa scissione del 1921, ed ora è ridotto all’ombra di se stesso, in procinto di celebrare un congresso in cui i suoi atomi entreranno in fibrillazione per la sopravvivenza di una altrettanto piccola molecola da situarsi in non si ancora quale organismo, forse persino alieno. E mentre accade questo, mentre il PSI stenta molto a proporre qualcosa di concreto, il PSE, in cui noi della Lega dei Socialisti ci riconosciamo pienamente, è molto chiaro e deciso nel voler affrontare i nodi fondamentali della crisi; ecco i punti essenziali delle sue proposte, purtroppo poco divulgate in Italia e ancor meno applicate: Per migliorare la qualità del lavoro, è essenziale ridurre la vulnerabilità e rafforzare i diritti dei lavoratori. Questo obiettivo dovrebbe essere una priorità delle linee direttrici per l’occupazione.
La governance della strategia deve essere rafforzata. Tutte le formazioni del Consiglio dei ministri devono svolgere un ruolo nella sua attuazione, in particolare il Consiglio degli Affari sociali e occupazione. La dimensione sociale è essenziale e deve essere divulgata in maniera trasversale in ogni strategia. La strategia deve essere dotata di finanziamenti necessari per conseguire i propri obiettivi. Dobbiamo sviluppare nuovi strumenti finanziari, ambiziosi e innovativi. L’onere fiscale dovrebbe gradualmente spostarsi dal lavoro al capitale, in particolare verso la speculazione finanziaria e l’inquinamento. C’è da chiedersi se, rispetto a ciò, molti partiti della cosiddetta opposizione italiana non siano piuttosto posizionabili a destra. C’è da chiedersi chi veramente si riconosca nelle direttive del Socialismo Europeo, se vi si riconoscono coloro che criticano chi non vi ha ancora aderito, pur non facendo essi nulla di concreto per dimostrare di aderirvi pienamente, o procedendo addirittura in senso inverso con accordi sindacali, ad esempio, che non rafforzano ma, anzi, riducono sensibilmente i diritti dei lavoratori. Accordi capestro fatti con la complicità di buona parte di un mondo sindacale colluso con le logiche padronali. Però nonostante ciò, io continuo ad avere un grande rispetto per queste storia e, vi dirò, anche per la molecola rimasta, almeno formalmente, del socialismo italiano. La mia tessera eccola qua, me l’hanno spedita (è quella del 2009 e se non cambieranno sensibilmente le cose in tempi brevi, probabilmente sarà l’ultima) con l’invito a partecipare ad un Congresso che so però nato con sbarramenti e regole non del tutto trasparenti, e che vuole essere celebrato all’insegna di una identità da rivendicare a tutti i costi, già, ma cosa è una identità? Il Dalai Lama insegna, con la sua millenaria saggezza, che una identità non esiste intrinsecamente, non c’è se essa risulta priva di cause e di relazioni. Non può dunque essere ribadita, anche una identità politica, solo in senso autoreferenziale, senza cioè tenere conto della sua storia, della sua progettualità e della relazione che vuole avere con altre componenti politiche. Noi dunque siamo qui per ribadire che l’identità socialista non può risultare semplicemente da una delibera congressuale di un piccolo, piccolissimo partito. Noi siamo qui per dichiarare che la nostra identità socialista è il frutto di una antica storia e che ha una progettualità precisa e tutto ciò lo abbiamo più volte riaffermato e discusso anche con i nostri convegni e con il nostro sito. E’ una identità che non può che essere condivisa anche da chi non milita in un partito che si chiama socialista ma che sostiene concretamente gli stessi valori socialisti, specialmente in SEL, e che non può che misurarsi con altre che già, ovunque nel mondo, e specialmente in Sudamerica ed in Europa, segnano la differenza rispetto ad una globalizzazione a senso unico neoliberista, in cui la legge è al servizio del profitto, in cui si attua il nuovo sistema totalitario del XXI secolo che si chiama PLUTONOMIA. Un sistema che sta portando alla desertificazione culturale delle coscienze, con l’uso privilegiato dei mezzi mediatici per produrre una sorta di villaggio globale del grande fratello, costituito essenzialmente da due categorie: i pochi ricchi e famosi ed i molteplici miserabili e guardoni. E’ lo stesso sistema che sta annientando i ceti medi ovunque nel mondo e producendo uno squilibrio sempre maggiore tra chi ha moltissimo e chi ha poco o niente, usando, per difendere la costruzione di questi privilegi, tutte le risorse e tutte le armi a sua disposizione, comprese quelle di distruzione di massa. Specialmente in quelle aree del mondo abbandonate al principio della “prescindenza”, dalle quali cioè il mercato monopolista e razzista globale, prima prescinde e poi, quando ne vuole fare una discarica delle sue scorie “demoradioattive” si scatena, specialmente contro la vera razza da annientare, una razza “aliena” alle sue regole, senza colore e senza altra possibilità di essere riconosciuta che il denaro che non possiede. La razza dei poveri, ontologicamente condannati all’inferno della dannazione per emarginazione ed indifferenza. Ai poveri si dà in primis “uranio impoverito” sotto forma di bombe, poi eventualmente, se lo accettano, quello che avanza ed è “esportabile” dalla tavola imbandita dei ricchi che, per i Lazzari del mondo, è sempre più alta e irraggiungibile. Dalla Cecenia all’ Afghanistan, nessun Socialismo e nessuna democrazia si affermerà mai a forza di rovinosi “effetti collaterali”, facendo piovere bombe su anziani, donne e bambini, ma questi eterni valori potranno vincere, oggi come ieri e sempre, solo lottando contro i totalitarismi e i terrorismi di ogni colore e Stato e contro ogni forma distruttiva di imperialismo economico e militare. Questo inferno però, lo sappiamo, si sta espandendo anche nel nostro Paese in cui gli stipendi dei lavoratori dipendenti vengono bloccati e falcidiati, le pensioni non bastano nemmeno per sopravvivere sopportando indecenti oneri fiscali , le politiche a favore della famiglia sono solo fiato elettorale, che diventa immediatamente dopo il voto, alitosi mefitica. Sono operai ricattati e costretti, spesso con la complicità di forze pseudo sindacali collateraliste, a condizioni capestro per mantenere il posto di lavoro, giovani condannati ad un destino di precariato interinale fino a quando inevitabilmente diventeranno vecchi con pensioni da fame, sono milioni di italiani che, con lo stipendio, non arrivano più alla terza settimana del mese. Sono i lavoratori, ma anche alcuni dei loro datori di lavoro, che crepano nell’indifferenza generale suicidandosi per disperazione, sono migliaia di immigrati ridotti come schiavi, bastonati e deportati, messi in quelle galere in cui la pena di morte è diventato un tragico fai da te. Hanno persino limitato i diritti dei diversamente abili, tolto la pensione di accompagnamento a persone affette da sindrome di Down. Già solo questo dovrebbe far arrabbiare tutte le persone che hanno un cuore che ancora batte e spingerle ad una vera rivoluzione. Ma tutto questo, purtroppo, in altre forme è già successo in Italia e fu documentato in questo libro di Matteotti: “Un anno di dominazione fascista”, eccolo qua, con i suoi capitoli sulle speculazioni, le riduzioni dei diritti degli operai, i salvataggi delle industrie e delle banche, le sperequazioni fiscali..Matteotti fu ammazzato per questo, più che per il suo discorso in Parlamento o per eventuali scandali petroliferi, perché questo libro già circolava in Europa e nel mondo, offuscando l’immagine di Mussolini, ecco, i socialisti oggi dovrebbero giurare tutti su questo libro per “rifondarsi”. Oggi, quindi, in Italia si impone, non come una semplice opzione, ma come un imperativo categorico della coscienza morale e della prassi politica, una battaglia di civiltà contro la barbarie, una barbarie tecnologicamente avanzata che rischia persino di spaccare questo paese e di vanificare le conquiste risorgimentali, quelle della Resistenza, ed i diritti acquisiti nelle dure lotte dei lavoratori negli anni 70.
Però oggi, cari compagni, le lotte non si possono più fare per una sola bandiera o da soli, ma bisogna concertarle e combatterle con un fronte molto ampio, chiamando a raccolta tutte le tribù sparse nella terra del grande Manitoba della Sinistra Italiana. In particolare con chi, pur credendo in tali principi ed appartenendo ad una gloriosa tradizione storica e politica, risulta oggi confinato nella “riserva” dell’extraparlamentarismo, e devono essere coordinate con quelle forze sindacali che non solo esigono ancora lo scrupoloso rispetto dei dettami costituzionali, delle contrattazioni nazionali e dello Statuto dei Lavoratori, ma riescono anche a coordinarsi con altre forze rappresentative del mondo del lavoro, in Europa e nel resto del mondo, per conseguire i medesimi obiettivi di emancipazione e dignità professionale, per evitare che il lavoratore venga trattato come “un vuoto a perdere”, come “un usa e getta”, come una “merce in svendita”.
Nell’era della globalizzazione a senso unico neoliberista, è infatti necessario combattere, con tutte le risorse e le forze politiche e sindacali disponibili, per una nuova globalizzazione a senso pluralmente condiviso, socialista ed ecologista, tenendo per fermi alcuni valori essenziali che sono i seguenti:

Non esiste Socialismo nelle destre che praticano tagli e macelleria sociale, il Socialismo non è una delle tante culture che possono arricchire un progetto destinato a costruire una sinistra alternativa e di governo. No, cari compagni, il Socialismo E’ la sinistra, ovunque nel mondo, e dunque a chi dice che in Italia esso deve sciogliersi e deve essere soltanto un humus come tanti per fecondare il progetto di un vago centrosinistra collateralmente “alternativo” alle stesse politiche neoliberiste, guerrafondaie e monopoliste di sempre, o necessario per l’affermazione di un qualsiasi leader che non si riconosce in pieno in questa identità, in questa storia, in questa prassi di valori e stenta pure a dichiararsi socialista, noi rispondiamo: no! Perché se in Uruguay, in Brasile, in Bolivia, in Spagna, Francia, Germania e in altri pesi dell’Europa e del mondo vincono o tornano a vincere e cambiano le cose, partiti e leader dalla spiccata propensione e dall’identità marcatamente socialista, noi non possiamo essere diversi e tanto meno pretendere che altri, con storie e tendenze storicamente consolidate e prevalenti nel mondo, si adattino alla specifica anomalia italiana. Quella che, anziché fondare la sua progettualità ed identità politica su precise culture e relazioni internazionali, pretende di autocelebrarsi in orti botanici o in assortiti parchi biofaunistici: Ulivi, Margherite, Giraffe, Caimani o quant’altro. Quella che crede che la politica del futuro, destinata a fare terra bruciata della nostra migliore cultura politica, si debba fondare su predellini padronali, o su generiche quanto male assortite consorterie, che di democratico hanno solo il ferreo ed intramontabile centralismo di potere.
Ed è un Socialismo Liberale il nostro, che non sarà mai retaggio di alcuna destra perché, come lo stesso Rosselli ebbe a dire: “La parola liberalismo ha servito purtroppo a contrabbandare merci di così varia specie e natura, e fu a tal punto per il passato orto borghese, che mal si piega oggi il socialista ad impiegarla. Ma qui non è che si voglia proporre una nuova terminologia di partito. Si vuole solo ricondurre il moto socialista ai suoi principi primi. Si vuol solo dimostrare come il Socialismo, in ultima analisi, sia filosofia di libertà”

Per questo, ricordando che una vera libera identità si fonda sempre sul principio della causalità e della relazione, e che non scaturisce per contrapposizione, bensì per condivisione, noi vogliamo fondare la Lega dei Socialisti, riaffermando la nostra storia, la sua originalità, la sua consustanzialità e oserei dire la sua sinonimia con il concetto stesso di sinistra, e quindi la impossibilità di relegarla in un aspetto marginale della medesima . Noi vogliamo fondarla sullo stesso concetto di condivisione, in nome di quella che, come ho fatto notare, è l’unica alternativa su scala globale, al devastante neototalitarismo della PLUTONOMIA, della legge al servizio del profitto, e che ha conseguenze tragiche ed annichilenti non solo per gli esseri umani più fragili ed indifesi, ma anche per la natura, sottoposta, per questo, al massacro della sua biodiversità.

Noi vogliamo dunque un Socialismo “relazionato” e trasversale a tutte le componenti politiche della sinistra oggi esistenti, un Socialismo plurale e condiviso, che non si arrocca nel misero tentativo di mantenere alcuni meschini privilegi neofeudali da politicanti valvassini attaccati al loro piccolo e traballante feudo territoriale, in un medioevo barbaramente proteso a ribadire la norma del “si salvi chi può” con i soldi di chi vuole. Crediamo invece che il nostro impegno debba essere rivolto a costruire anche in Italia, su basi socialiste, una sinistra che sia in grado, con le altre forze che lottano per lo stesso fine su scala globale, di coordinare i suoi sforzi per realizzare un futuro rivoluzionario di pace e di uguaglianza e soprattutto di crescita non tanto dei profitti ma, in particolare, dei valori umani e culturali.
Si impone dunque un grande patto federativo su base socialista tra tutte le tribù, le componenti sparse della sinistra, affinché possano unanimemente convergere su una piattaforma programmatica di cui la nostra Lega vuole essere promotrice, senza pregiudizi, rancori o autolesionistiche lotte intestine di egemonia e di potere. Per questo abbiamo bisogno di una ramificata organizzazione territoriale, diffusa in tutta Italia che coordini i suoi sforzi ed operi concretamente con i suoi membri attraverso iniziative concrete, condividendo il suo operato con chi vi è già presente e all’opera, ad esempio con le fabbriche di Nichi, straordinaria testimonianza di vitalità giovanile, creatività ed impegno civile, per un vero e proprio ribaltamento della politica dal basso, con il contributo essenziale di un grande leader come Vendola che ha fatto grandi cose per la sua regione e più farne di ancor più grandi per l’Italia.
Ecco, io ho visto qualche tempo fa Vendola parlare in un video su FB ai bambini di una scuola dei valori dell’educazione, della Costituzione, e ciò ha ravvivato la mia speranza ma mi ha anche suscitato una certa amarezza, perché vedete, cari compagni, in quella scuola i maschietti avevano il loro bel grembiulino azzurro e le femminucce quello bianco e l’insegnante che seguiva con attenzione il discorso di Nichi era un prete. Bene! L’istruzione è pubblica perché anche la scuola privata si rivolge a tutti e dovrebbe farlo a parità di condizioni e con risorse proprie, come sancisce la Costituzione, però io, santo Manitoba, francamente Nichi vorrei vederlo parlare, magari ricordando qualche bel discorso di Calamandrei, anche in una di quelle scuole pubbliche che cascano a pezzi, che non hanno nemmeno più i soldi per comprare la carta igienica, dove i genitori ormai fanno le collette per assicurare i beni essenziali. Quelle che quando c’è un terremoto cascano in testa ad alunni e docenti, perché chi le ha fatte costruire ha pensato più a speculare per il suo sporco profitto anziché ai nostri figli, specialmente ai figli di quelli che non potranno permettersi mai la retta astronomica di una scuola privata.
Vorrei vederlo in quelle scuole dove si fa la macelleria sociale, mettendo nel tritacarne docenti, materie, ore preziose di insegnamento, dove quelle che vengono spacciate per riforme, in realtà, sono soltanto delle efficientissime motoseghe che desertificano la stessa speranza di un futuro migliore, dove decine di migliaia di docenti vengono licenziati senza scrupoli dopo decenni di onesto lavoro che ha avuto solo un piccolo difetto perpetrato nel tempo: quello di essere precario.
Compagni, io persino mi vergogno a parlare della laicità dello Stato, perché in uno Stato in cui c’è bisogno di ribadire questo valore, vuol dire che lo Stato manca del suo requisito base, della sua sovranità popolare e della sua conseguente libertà ed autonomia. Ma che Stato è quello in cui ad una sovranità, già per altro limitata da più di mezzo secolo per fattori storici e geopolitici, si aggiunge una ulteriore limitazione? Perché in esso la libertà di ciascuno anziché essere, come Kant ci insegna, un postulato della Ragion Pratica, risulta un corollario di dogmi e principi elaborati da un altro Stato, quello del Vaticano? Vedete, compagni, io non voglio muri, nemmeno di cartone, io voglio quella libertà che è in primis dignità, dialogo e rispetto per tutti; Ma che sia Rispetto Vero, per il Grande e Santo Spirito dell’Universo!
Però io sono fiducioso, perché credo fermamente che noi, cari compagni, possiamo davvero rinascere da quello “Spirito di verità che ci farà liberi”, secondo ciò che dice Giovanni nel suo Vangelo: “lo Spirito, come il vento, soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito”. Ascoltiamo dunque il richiamo di quello stesso Spirito che attraversa e abbatte come un tornado i confini delle religioni, delle confessioni, delle nazioni e delle ideologie e che ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.
E che sta gonfiando potentemente anche le vele della nave di Nichi e lo chiama a tenere ben salda la barra del timone e a raccogliere intorno a sé l’equipaggio migliore per giungere finalmente nel porto di una vera e concreta alternativa politica senza naufragare.
Per questo continueremo a remare e a issare anche le nostre vele e a impugnare la nostra bandiera, cari compagni, quella del Socialismo, la vera rosa rossa dei venti della sinistra mondiale; e se tutto ciò non basterà, noi proseguiremo lo stesso anche su una piccola zattera, anche in pochi o in quanti saremo, considerando la necessità imprescindibile di presidiare, non già una opzione politica, ma un imperativo categorico, un modello di civiltà, e rilevando che già, da quando ci ritrovammo per la prima volta qui, siamo ormai molti di più.

Abbiamo iniziato con un grande sogno, pur essendo in pochissimi e persino con alcuni dubbiosi, con in un minuscolo blog, mentre ora, a poco più di un anno, già siamo una componente nazionale, con un sito visitato e letto da moltissimi compagni. Abbiamo sostenuto la candidatura del nostro compagno Franco perché siamo tuttora convinti che non sia in cerca si strapuntini nella segreteria di un partito di proporzioni molecolari, ma perché sappiamo che i contenuti della sua lotta sono gli stessi che hanno sempre ispirato ciascuno di noi, quelli per cui è nata ed è cresciuta la nostra associazione e con i quali un numero sempre più elevato di compagni ci segue con spirito di fratellanza e condivisione. Certo, possiamo anche perdere, ma non per questo smetteremo di lottare, perché lo sappiamo, lo diceva anche il grande CHE GUEVARA: “Chi lotta può perdere ma chi non lotta ha già perso” Così, come Leonida alle Termopili, a chi ci deride o ci ritiene incapaci di proseguire il cammino, a chi ci esorta a tornare in più comodi “ovili”, a gettare le armi, risponderemo: Molòn Labé: VENITE A PRENDERLE! Laicità dello Stato, giustizia sociale interna ed internazionale, pace, libertà di iniziativa individuale e politica secondo i dettami costituzionali, la questione del lavoro, e la piena occupazione come “variabile indipendente”, per cui saranno le altre variabili a doversi adeguare a questa. Un diverso rapporto tra partiti e società civile, in cui sia quest’ultima a dettare le condizioni della libertà dei primi e non viceversa. Questi sono i principi lombardiani intramontabili che animano questo ambizioso progetto, sono gli assi portanti di una nuova civiltà della Libertà e del Lavoro.

Libertà e Lavoro, è questo dunque il nostro motto, per cui vale la pena di sacrificarsi e vivere in questo giorno, così come in tutti gli altri a venire..hasta la victoria siempre ! Venceremos !


Centra

Lega dei Socialisti (Officina Rosselli)

ASSEMBLEA FONDATIVA DELLA LEGA DEI SOCIALISTI


"La nostra missione è quella di tener duro quando tutti cedono; di alzare la fiaccola dell'ideale nella notte che circonda; di anticipare con l'intelligenza e l'azione l'immancabile futuro."



Carlo Rosselli

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Centra

sabato 26 giugno 2010

IL RUOLO DELLA LEGA DEI SOCIALISTI

Il ruolo della Lega dei Socialisti
di Marco Andreini

23/06/2010 -
Alcuni mesi fa, ci siamo permessi di scrivere sull’Avanti che il nostro congresso doveva essere un momento importante di confronto e dibattito interno , venivamo da elezioni regionali che avevano certamente eletto e nominato consiglieri socialisti in alcune regioni, ma come noto, all’interno di più liste e variegate posizioni politiche, ed a nostro avviso era importante se non decisivo discutere e decidere in un congresso vero la strategia del partito.


La sinistra socialista, che fin dal CN di Luglio 2009, aveva assunto una posizione distinta dalla segreteria, riteneva quindi che il partito stesse organizzando un congresso scontato, che di fatto si poneva come unico obiettivo la blindatura assoluta della segreteria e il superamento in chiave cosidetta unitaria degli equilibri registrati nel precedente congresso di Montecatini e tale considerazione trasformava quindi il momento congressuale in una semplice scadenza burocratica prevista dallo statuto.

La determinazione con cui, la sinistra socialista, ha voluto comunque raccogliere le firme per presentare una posizione politica differenziata dalla segreteria, ha messo anche in moto tutta una serie di discussioni, di contributi congressuali, vedi Biscardini, Bobo Craxi, Benzoni, Del Bue, Di Lello, Benzoni, Sollazzo ma non solo, il documento integrativo dei giovani, che possono invece far diventare il congresso di Perugia, un momento importante di confronto e di dibattito nel partito.

La nostra determinazione, la nostra capacità anche organizzativa, la nostra serietà e correttezza nel cercare di portare il partito verso sinistra, nel riprendere alcune tesi care alla sinistra Lombardiana, ha portato anche la segreteria ed in primis, il segretario nazionale, a riconoscere che esiste nel partito una posizione politica, distinta e di sinistra, pur di minoranza, che di fatto è andata e va a modificare gli equilibri esistenti e che anche sulla linea politica, vedi il passaggio sulla riapertura del dialogo con SEl, ha portato il partito a modificare il documento delle tesi.

Abbiamo raccolto 41 firme di componenti del consiglio nazionale, e se il partito avesse mantenuto la raccolta firme degli iscritti come a Montecatini, probabilmente saremmo stati anche in grado di superare l’inopportuno e sbagliato sbarramento volutamente alto, che il partito anche in questo caso aveva previsto.

Sono estremamente convinto che molti nel partito pensavano che, noi non saremmo rimasti dentro il PSI, sono convinto che molti compagni, viste le nostre posizioni, erano certi che ci saremmo accasati con SEL! Spiace deludere questi compagni, ma Bartolomei, il sottoscritto, e tutti gli altri compagni della sinistra, pur rimanendo convinti che il partito non possa perseguire una politica dell’autosufficienza, in un regime bipolare, e pur avendo noi inteso promuovere la costruzione della Lega dei socialisti al fine di creare un luogo di incontro e di dibattito, anche organizzativo, capace di riunire anche compagni esterni al partito, non abbiamo nessuna intenzione di abbandonare il PSI.

Riteniamo invece più che mai che sia necessario e doveroso, che la sinistra socialista a tutti i livelli sia rappresentata nel partito, al fine di consentire a tanti compagni di poter portare un fattivo contributo, e perchè no anche nella gestione del partito, e nonostante in molte regioni nella definizione delle commissioni regionali, si sia volutamente impedita la partecipazione di alcuni compagni anche presenti nelle strutture provinciali e regionali del partito, deve essere chiaro fin da oggi che, la sinistra socialista sarà presente e attiva in tutti i congressi provinciali e regionali dal Trentino fino all’ultimo paese della Sicilia e sarà in prima fila per vigilare sia sulla correttezza dello svolgimento congressuale che sul rispetto dei regolamenti che prevedono comunque, la presentazione e discussione del nostro documento integrativo in tutte le assise congressuali sezionali, provinciali e regionali.


GOVERNO. NENCINI:BERLUSCONI BATTERÀ IL RECORD DEL NUMERO DI MINISTRI

“Il ‘legittimo impedimento’ invocato dal neo ministro Brancher, come primo atto del suo insediamento, fa temere il peggio”.
Lo ha detto il segretario del Psi, Riccardo Nencini.

“Considerando i guai giudiziari connessi alla nuova tangentopoli della Protezione civile, Berlusconi – conclude Nencini - potrebbe fare altre nomine e il suo governo a fine legislatura potrebbe battere di gran lunga per numero di ministri tutti quelli che lo hanno preceduto dal ‘43 a oggi”.

venerdì 25 giugno 2010

*PER UNA SINISTRA RIFORMISTA E LIBERALE: IL RUOLO DEL PSI ED IL COMPITO DEL SUO CONGRESSO*

Laici quotidiani
Reg.Trib.Firenze n.5087 20/07/01- Direttore Responsabile: Alessandro
Lozzi

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*PER UNA SINISTRA RIFORMISTA E LIBERALE: IL RUOLO DEL PSI ED IL

COMPITO DEL SUO CONGRESSO*


Quei 'No' che ci identificano
<http://www.laici.it/viewarticolo.asp?Id=1043>
Articolo di: Vittorio Lussana
<http://www.laici.it/scriviautore.asp?Id=17>
<http://www.laici.it/viewarticolo.asp?Id=1043>


Il fallimento della
linea politica, totalmente autolesionista, del Partito democratico
deve offrire al gruppo dirigente del Psi, che nelle prossime settimane
si riunisce a Perugia per celebrare il proprio II Congresso nazionale,
l'occasione per occupare nuovi spazi che non siano a mezzadria
ideologica o a insediamento fisso, ossia recintati da una fedeltà
assoluta all'egemonia culturale cattocomunista.

Compito principale dei
socialisti italiani è infatti quello di riuscire a esporre una nuova
strategia in grado di svincolare il Partito dalle sue 'psicotiche
logomachìe' sulla propria ragion d'essere, logiche che lo hanno sempre
'ammanettato' in uno sterile gioco di 'conventicole' interessate
esclusivamente alla conquista delle leve di comando 'interno' al
Partito, per restituirlo, invece, alla lotta politica armato di idee
assai utili per il Paese.

I socialisti rappresentano una cultura e un'identità politica
assolutamente necessarie alla ricostruzione
dell'intera sinistra italiana.

A tal proposito tutto il mondo socialista o che a tale cultura
politica dice di far riferimento dovrebbe tornare a riflettere sulla
propria e più profonda essenza politica: quella di dover svolgere una
funzione di 'presidio di
frontiera' lungo tutto il fianco del 'culturame' di matrice
utopico-massimalista, nella consapevolezza che proprio la sua identità
riformista possa trasformarlo in un interlocutore avveduto e curioso,
ma non per questo dimissionario o cedevole, per tutta la sinistra
italiana.

Si tratta di un valore 'cultural - identitario' affermabile per via di
negazione – ciò che non siamo, ciò che non vogliamo – che tuttavia è
sempre stato il vero punto di forza dei socialisti e che potrebbe
riportare il Psi a svolgere quel ruolo di 'cerniera' del sistema dei
Partiti che gli ha sempre assicurato un plusvalore politico dalle
proporzioni tutt'altro che modeste.

Oggi, il Partito socialista italiano può e deve tramutarsi in un
fervoroso laboratorio di idee per tutta la sinistra italiana,
distinguendosi sia dal dirigismo tardo-fordista e
clericale del centro-destra, sia da una visione fortemente 'borghese' di
un laicismo chiuso in se stesso, che si pone esclusivamente come
elemento di 'rottura' all'interno del dibattito politico complessivo.

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