mercoledì 30 giugno 2010

*INCOMPIUTE :NEL PD SI LITIGA..OGNI GIORNO*


Non c’è giorno senza pena, nel Pd si polemizza su tutto. Dal caso massoneria sollevato da Beppe Fioroni a quello di “ cari campagne e compagni …”, la cui espressione ha mandato in bestia i “nativi”, coloro che non hanno origini Pci – Pds e Ds né Dc- Ppi e Dl, ma si sono iscritti, per la prima volta, a un partito, cioè al Pd.

Ogni “pretesto” è buono per litigare. Anche il termine “pretesto” è sotto accusa, giacché Beppe viene indicato come il capo del “Partito democratico del pretesto”. Al che, lui ha precisato che è solo un portatore di opinioni diverse, come tanti.

Non ci vuole molto a capire che la situazione all’interno del Pd non è per nulla rosa e fiori, anzi. Si litiga su tutto e tutti contro tutti. Ipocritamente ogni singolo esponente giura che non ci sono le condizioni per una scissione, per cui il Pd dovrà vivere e andare avanti. Dove andrà, però, è un mistero.

I più insofferenti alla segreteria Bersani sono gli ex Dc e i liberaldemocratici ex Margherita: non hanno spazio e sono critici verso la gestione di partito e la linea politica.

E, comunque, il Pd profuma di antico e non emana alcun odore nuovo. A tal proposito, Bersani viene accusato di essere sensibile ai richiami della foresta, cioè della sinistra di estrazione comunista, e, per di più, resta insensibile alle istanze che portarono alla costituzione del Pd. Finora il deficit politico e culturale non è stato per nulla colmato, per cui agli occhi dell’opinione pubblica è senza anima – identità e senza appeal politico. Il che spiega la sua scarsa credibilità e la poca incisività elettorale.

Vale la pena ricordare che i post comunisti hanno contribuito alla distruzione del Psi di Craxi, sicché hanno fatto cessare la forza che ha funzionato come cassa di risonanza del riformismo e della modernizzazione del sistema Italia, Con fine del Psi, la sinistra, in mano agli ex comunisti, è andata via via in declino

A nostro avviso, la responsabilità maggiore di questa situazione ricade, in special modo, sugli ex Ds che non si sono mai sottoposti a un processo revisionista, perché avrebbero dovuto rinnegare la loro antica appartenenza al Pci e al comunismo internazionale con a capo lo Stato guida, l’Urss. Non rompendo con il passato e continuando, di conseguenza, a rivendicare che il comunismo italiano era una cosa diversa rispetto agli altri comunismi, entrambi gli atteggiamenti sono stati di freno quando il Pci si è trasformato in Pds prima, in Ds poi e quando, infine, i post comunisti sono confluiti in modo meccanico nel Pd. Invece di produrre qualcosa di politicamente e culturalmente inedito, il partito di Bersani è allo stato d’inestinguibile melting pot. Com’è, del resto, un handicap quella componente cattolica integralista ex Dc –Ppi, di formazione dossettiana e cattocomunista che ha deciso di fare la ruota di scorta della maggioranza di Bersani. D’altro canto, i suoi dirigenti, dando manforte al segretario, hanno in compenso posti di rango negli organismi di partito. Bindi docet. Il caso Letta(Enrico) non è diverso, anche lui ha scelto di salire sul band wagon, nella speranza che possa essere il candidato alla premiership alle prossime politiche. Sempreché, Bersani, in corso d’opera, cambi idea o gliela facciano cambiare, visto che il suo scarso appeal e poco look.

Vale la pena ricordare che i post comunisti hanno contribuito alla distruzione del Psi di Craxi, sicché hanno reso inerte la forza che ha funzionato come cassa di risonanza del riformismo e della modernizzazione del sistema Italia. Con la fine del Psi, la sinistra italiana, in mano agli ex comunisti, è andata via via in declino.

Allo stato dell’arte, il Pd vive un momento difficile e coloro che non sono di provenienza ex Ds lo sentono di più, sebbene non facciano nulla, sul piano politico e culturale, per uscire dalle secche in cui si trovano. A ben vedere, sanno soltanto sospirare, piangere e alti lai.

La voce del malessere è Beppe Fioroni che non perde occasioni per dire la sua su ogni cosa che dice e che fa Bersani. A dire il vero, non ha tutti i torti, oltretutto, il segretario non fa nulla per venirgli incontro sul terreno della politica. Se si trattasse di politica con la P maiuscola e non di altro, cioè del cambiamento dell’assetto interno di partito.

Il segretario uscito vittorioso dal congresso e avendo, tutto sommato, alleato un gruppo cospicuo della minoranza, non intende cambiare la governance, come chiede la componente ex Ppi, nascondendosi dietro l’alibi del vuoto politico e della mancanza della democrazia interna. Comunque sia, non gli va, per ora, di riconoscere agli ex Ppi, una vice segreteria( D’Antoni?) da affiancare a quella di Enrico Letta.

Se il malessere di cui si fa carico Fioroni stesse in questo, farebbe bene Bersani a non dargli ascolto. Come dire, siamo al suk politico, il che non può essere contrabbandato come politica.

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