domenica 27 giugno 2010

IL GRANDE SPIRITO DELLA SINISTRA - Carolus Felix

IL GRANDE SPIRITO DELLA SINISTRA

27/06/2010 - Discorso del Comandante Carolus all'assemblea fondativa della Lega dei Socialisti.


Queridas compañeras y compañeros,

Gli indiani d’America quando sapevano di doversi battere in una battaglia cruciale, in cui era in gioco, non solo la loro vita, ma lo stesso destino del loro popolo, la sopravvivenza della loro identità e cultura, dicevano: “Oggi è un buon giorno per morire”, perché sapevano che combattevano non solamente per i loro fratelli e le loro sorelle, ma per tutte le forze di quella natura animata e animante che orientava la loro esistenza continuamente, dalla loro nascita alla loro morte, e che la morte non era che un passaggio per diventare, a loro volta, componenti integrali di quelle stesse forze che avrebbero continuato a guidare le loro generazioni future in un perfetto equilibrio di condivisione e sinergia. Ebbene, io oggi vi dico: “Oggi è un buon giorno per rinascere”, oggi noi siamo qui riuniti, non solo con lo spirito dei presenti, ma anche con quello dei nostri gloriosi antenati, quelli che, a partire da Labriola, da Turati, Treves e da Mondolfo, fondarono il più antico e glorioso partito politico della storia d’Italia su basi umanistiche.
Era allora un grande partito, prima della rovinosa scissione del 1921, ed ora è ridotto all’ombra di se stesso, in procinto di celebrare un congresso in cui i suoi atomi entreranno in fibrillazione per la sopravvivenza di una altrettanto piccola molecola da situarsi in non si ancora quale organismo, forse persino alieno. E mentre accade questo, mentre il PSI stenta molto a proporre qualcosa di concreto, il PSE, in cui noi della Lega dei Socialisti ci riconosciamo pienamente, è molto chiaro e deciso nel voler affrontare i nodi fondamentali della crisi; ecco i punti essenziali delle sue proposte, purtroppo poco divulgate in Italia e ancor meno applicate: Per migliorare la qualità del lavoro, è essenziale ridurre la vulnerabilità e rafforzare i diritti dei lavoratori. Questo obiettivo dovrebbe essere una priorità delle linee direttrici per l’occupazione.
La governance della strategia deve essere rafforzata. Tutte le formazioni del Consiglio dei ministri devono svolgere un ruolo nella sua attuazione, in particolare il Consiglio degli Affari sociali e occupazione. La dimensione sociale è essenziale e deve essere divulgata in maniera trasversale in ogni strategia. La strategia deve essere dotata di finanziamenti necessari per conseguire i propri obiettivi. Dobbiamo sviluppare nuovi strumenti finanziari, ambiziosi e innovativi. L’onere fiscale dovrebbe gradualmente spostarsi dal lavoro al capitale, in particolare verso la speculazione finanziaria e l’inquinamento. C’è da chiedersi se, rispetto a ciò, molti partiti della cosiddetta opposizione italiana non siano piuttosto posizionabili a destra. C’è da chiedersi chi veramente si riconosca nelle direttive del Socialismo Europeo, se vi si riconoscono coloro che criticano chi non vi ha ancora aderito, pur non facendo essi nulla di concreto per dimostrare di aderirvi pienamente, o procedendo addirittura in senso inverso con accordi sindacali, ad esempio, che non rafforzano ma, anzi, riducono sensibilmente i diritti dei lavoratori. Accordi capestro fatti con la complicità di buona parte di un mondo sindacale colluso con le logiche padronali. Però nonostante ciò, io continuo ad avere un grande rispetto per queste storia e, vi dirò, anche per la molecola rimasta, almeno formalmente, del socialismo italiano. La mia tessera eccola qua, me l’hanno spedita (è quella del 2009 e se non cambieranno sensibilmente le cose in tempi brevi, probabilmente sarà l’ultima) con l’invito a partecipare ad un Congresso che so però nato con sbarramenti e regole non del tutto trasparenti, e che vuole essere celebrato all’insegna di una identità da rivendicare a tutti i costi, già, ma cosa è una identità? Il Dalai Lama insegna, con la sua millenaria saggezza, che una identità non esiste intrinsecamente, non c’è se essa risulta priva di cause e di relazioni. Non può dunque essere ribadita, anche una identità politica, solo in senso autoreferenziale, senza cioè tenere conto della sua storia, della sua progettualità e della relazione che vuole avere con altre componenti politiche. Noi dunque siamo qui per ribadire che l’identità socialista non può risultare semplicemente da una delibera congressuale di un piccolo, piccolissimo partito. Noi siamo qui per dichiarare che la nostra identità socialista è il frutto di una antica storia e che ha una progettualità precisa e tutto ciò lo abbiamo più volte riaffermato e discusso anche con i nostri convegni e con il nostro sito. E’ una identità che non può che essere condivisa anche da chi non milita in un partito che si chiama socialista ma che sostiene concretamente gli stessi valori socialisti, specialmente in SEL, e che non può che misurarsi con altre che già, ovunque nel mondo, e specialmente in Sudamerica ed in Europa, segnano la differenza rispetto ad una globalizzazione a senso unico neoliberista, in cui la legge è al servizio del profitto, in cui si attua il nuovo sistema totalitario del XXI secolo che si chiama PLUTONOMIA. Un sistema che sta portando alla desertificazione culturale delle coscienze, con l’uso privilegiato dei mezzi mediatici per produrre una sorta di villaggio globale del grande fratello, costituito essenzialmente da due categorie: i pochi ricchi e famosi ed i molteplici miserabili e guardoni. E’ lo stesso sistema che sta annientando i ceti medi ovunque nel mondo e producendo uno squilibrio sempre maggiore tra chi ha moltissimo e chi ha poco o niente, usando, per difendere la costruzione di questi privilegi, tutte le risorse e tutte le armi a sua disposizione, comprese quelle di distruzione di massa. Specialmente in quelle aree del mondo abbandonate al principio della “prescindenza”, dalle quali cioè il mercato monopolista e razzista globale, prima prescinde e poi, quando ne vuole fare una discarica delle sue scorie “demoradioattive” si scatena, specialmente contro la vera razza da annientare, una razza “aliena” alle sue regole, senza colore e senza altra possibilità di essere riconosciuta che il denaro che non possiede. La razza dei poveri, ontologicamente condannati all’inferno della dannazione per emarginazione ed indifferenza. Ai poveri si dà in primis “uranio impoverito” sotto forma di bombe, poi eventualmente, se lo accettano, quello che avanza ed è “esportabile” dalla tavola imbandita dei ricchi che, per i Lazzari del mondo, è sempre più alta e irraggiungibile. Dalla Cecenia all’ Afghanistan, nessun Socialismo e nessuna democrazia si affermerà mai a forza di rovinosi “effetti collaterali”, facendo piovere bombe su anziani, donne e bambini, ma questi eterni valori potranno vincere, oggi come ieri e sempre, solo lottando contro i totalitarismi e i terrorismi di ogni colore e Stato e contro ogni forma distruttiva di imperialismo economico e militare. Questo inferno però, lo sappiamo, si sta espandendo anche nel nostro Paese in cui gli stipendi dei lavoratori dipendenti vengono bloccati e falcidiati, le pensioni non bastano nemmeno per sopravvivere sopportando indecenti oneri fiscali , le politiche a favore della famiglia sono solo fiato elettorale, che diventa immediatamente dopo il voto, alitosi mefitica. Sono operai ricattati e costretti, spesso con la complicità di forze pseudo sindacali collateraliste, a condizioni capestro per mantenere il posto di lavoro, giovani condannati ad un destino di precariato interinale fino a quando inevitabilmente diventeranno vecchi con pensioni da fame, sono milioni di italiani che, con lo stipendio, non arrivano più alla terza settimana del mese. Sono i lavoratori, ma anche alcuni dei loro datori di lavoro, che crepano nell’indifferenza generale suicidandosi per disperazione, sono migliaia di immigrati ridotti come schiavi, bastonati e deportati, messi in quelle galere in cui la pena di morte è diventato un tragico fai da te. Hanno persino limitato i diritti dei diversamente abili, tolto la pensione di accompagnamento a persone affette da sindrome di Down. Già solo questo dovrebbe far arrabbiare tutte le persone che hanno un cuore che ancora batte e spingerle ad una vera rivoluzione. Ma tutto questo, purtroppo, in altre forme è già successo in Italia e fu documentato in questo libro di Matteotti: “Un anno di dominazione fascista”, eccolo qua, con i suoi capitoli sulle speculazioni, le riduzioni dei diritti degli operai, i salvataggi delle industrie e delle banche, le sperequazioni fiscali..Matteotti fu ammazzato per questo, più che per il suo discorso in Parlamento o per eventuali scandali petroliferi, perché questo libro già circolava in Europa e nel mondo, offuscando l’immagine di Mussolini, ecco, i socialisti oggi dovrebbero giurare tutti su questo libro per “rifondarsi”. Oggi, quindi, in Italia si impone, non come una semplice opzione, ma come un imperativo categorico della coscienza morale e della prassi politica, una battaglia di civiltà contro la barbarie, una barbarie tecnologicamente avanzata che rischia persino di spaccare questo paese e di vanificare le conquiste risorgimentali, quelle della Resistenza, ed i diritti acquisiti nelle dure lotte dei lavoratori negli anni 70.
Però oggi, cari compagni, le lotte non si possono più fare per una sola bandiera o da soli, ma bisogna concertarle e combatterle con un fronte molto ampio, chiamando a raccolta tutte le tribù sparse nella terra del grande Manitoba della Sinistra Italiana. In particolare con chi, pur credendo in tali principi ed appartenendo ad una gloriosa tradizione storica e politica, risulta oggi confinato nella “riserva” dell’extraparlamentarismo, e devono essere coordinate con quelle forze sindacali che non solo esigono ancora lo scrupoloso rispetto dei dettami costituzionali, delle contrattazioni nazionali e dello Statuto dei Lavoratori, ma riescono anche a coordinarsi con altre forze rappresentative del mondo del lavoro, in Europa e nel resto del mondo, per conseguire i medesimi obiettivi di emancipazione e dignità professionale, per evitare che il lavoratore venga trattato come “un vuoto a perdere”, come “un usa e getta”, come una “merce in svendita”.
Nell’era della globalizzazione a senso unico neoliberista, è infatti necessario combattere, con tutte le risorse e le forze politiche e sindacali disponibili, per una nuova globalizzazione a senso pluralmente condiviso, socialista ed ecologista, tenendo per fermi alcuni valori essenziali che sono i seguenti:

Non esiste Socialismo nelle destre che praticano tagli e macelleria sociale, il Socialismo non è una delle tante culture che possono arricchire un progetto destinato a costruire una sinistra alternativa e di governo. No, cari compagni, il Socialismo E’ la sinistra, ovunque nel mondo, e dunque a chi dice che in Italia esso deve sciogliersi e deve essere soltanto un humus come tanti per fecondare il progetto di un vago centrosinistra collateralmente “alternativo” alle stesse politiche neoliberiste, guerrafondaie e monopoliste di sempre, o necessario per l’affermazione di un qualsiasi leader che non si riconosce in pieno in questa identità, in questa storia, in questa prassi di valori e stenta pure a dichiararsi socialista, noi rispondiamo: no! Perché se in Uruguay, in Brasile, in Bolivia, in Spagna, Francia, Germania e in altri pesi dell’Europa e del mondo vincono o tornano a vincere e cambiano le cose, partiti e leader dalla spiccata propensione e dall’identità marcatamente socialista, noi non possiamo essere diversi e tanto meno pretendere che altri, con storie e tendenze storicamente consolidate e prevalenti nel mondo, si adattino alla specifica anomalia italiana. Quella che, anziché fondare la sua progettualità ed identità politica su precise culture e relazioni internazionali, pretende di autocelebrarsi in orti botanici o in assortiti parchi biofaunistici: Ulivi, Margherite, Giraffe, Caimani o quant’altro. Quella che crede che la politica del futuro, destinata a fare terra bruciata della nostra migliore cultura politica, si debba fondare su predellini padronali, o su generiche quanto male assortite consorterie, che di democratico hanno solo il ferreo ed intramontabile centralismo di potere.
Ed è un Socialismo Liberale il nostro, che non sarà mai retaggio di alcuna destra perché, come lo stesso Rosselli ebbe a dire: “La parola liberalismo ha servito purtroppo a contrabbandare merci di così varia specie e natura, e fu a tal punto per il passato orto borghese, che mal si piega oggi il socialista ad impiegarla. Ma qui non è che si voglia proporre una nuova terminologia di partito. Si vuole solo ricondurre il moto socialista ai suoi principi primi. Si vuol solo dimostrare come il Socialismo, in ultima analisi, sia filosofia di libertà”

Per questo, ricordando che una vera libera identità si fonda sempre sul principio della causalità e della relazione, e che non scaturisce per contrapposizione, bensì per condivisione, noi vogliamo fondare la Lega dei Socialisti, riaffermando la nostra storia, la sua originalità, la sua consustanzialità e oserei dire la sua sinonimia con il concetto stesso di sinistra, e quindi la impossibilità di relegarla in un aspetto marginale della medesima . Noi vogliamo fondarla sullo stesso concetto di condivisione, in nome di quella che, come ho fatto notare, è l’unica alternativa su scala globale, al devastante neototalitarismo della PLUTONOMIA, della legge al servizio del profitto, e che ha conseguenze tragiche ed annichilenti non solo per gli esseri umani più fragili ed indifesi, ma anche per la natura, sottoposta, per questo, al massacro della sua biodiversità.

Noi vogliamo dunque un Socialismo “relazionato” e trasversale a tutte le componenti politiche della sinistra oggi esistenti, un Socialismo plurale e condiviso, che non si arrocca nel misero tentativo di mantenere alcuni meschini privilegi neofeudali da politicanti valvassini attaccati al loro piccolo e traballante feudo territoriale, in un medioevo barbaramente proteso a ribadire la norma del “si salvi chi può” con i soldi di chi vuole. Crediamo invece che il nostro impegno debba essere rivolto a costruire anche in Italia, su basi socialiste, una sinistra che sia in grado, con le altre forze che lottano per lo stesso fine su scala globale, di coordinare i suoi sforzi per realizzare un futuro rivoluzionario di pace e di uguaglianza e soprattutto di crescita non tanto dei profitti ma, in particolare, dei valori umani e culturali.
Si impone dunque un grande patto federativo su base socialista tra tutte le tribù, le componenti sparse della sinistra, affinché possano unanimemente convergere su una piattaforma programmatica di cui la nostra Lega vuole essere promotrice, senza pregiudizi, rancori o autolesionistiche lotte intestine di egemonia e di potere. Per questo abbiamo bisogno di una ramificata organizzazione territoriale, diffusa in tutta Italia che coordini i suoi sforzi ed operi concretamente con i suoi membri attraverso iniziative concrete, condividendo il suo operato con chi vi è già presente e all’opera, ad esempio con le fabbriche di Nichi, straordinaria testimonianza di vitalità giovanile, creatività ed impegno civile, per un vero e proprio ribaltamento della politica dal basso, con il contributo essenziale di un grande leader come Vendola che ha fatto grandi cose per la sua regione e più farne di ancor più grandi per l’Italia.
Ecco, io ho visto qualche tempo fa Vendola parlare in un video su FB ai bambini di una scuola dei valori dell’educazione, della Costituzione, e ciò ha ravvivato la mia speranza ma mi ha anche suscitato una certa amarezza, perché vedete, cari compagni, in quella scuola i maschietti avevano il loro bel grembiulino azzurro e le femminucce quello bianco e l’insegnante che seguiva con attenzione il discorso di Nichi era un prete. Bene! L’istruzione è pubblica perché anche la scuola privata si rivolge a tutti e dovrebbe farlo a parità di condizioni e con risorse proprie, come sancisce la Costituzione, però io, santo Manitoba, francamente Nichi vorrei vederlo parlare, magari ricordando qualche bel discorso di Calamandrei, anche in una di quelle scuole pubbliche che cascano a pezzi, che non hanno nemmeno più i soldi per comprare la carta igienica, dove i genitori ormai fanno le collette per assicurare i beni essenziali. Quelle che quando c’è un terremoto cascano in testa ad alunni e docenti, perché chi le ha fatte costruire ha pensato più a speculare per il suo sporco profitto anziché ai nostri figli, specialmente ai figli di quelli che non potranno permettersi mai la retta astronomica di una scuola privata.
Vorrei vederlo in quelle scuole dove si fa la macelleria sociale, mettendo nel tritacarne docenti, materie, ore preziose di insegnamento, dove quelle che vengono spacciate per riforme, in realtà, sono soltanto delle efficientissime motoseghe che desertificano la stessa speranza di un futuro migliore, dove decine di migliaia di docenti vengono licenziati senza scrupoli dopo decenni di onesto lavoro che ha avuto solo un piccolo difetto perpetrato nel tempo: quello di essere precario.
Compagni, io persino mi vergogno a parlare della laicità dello Stato, perché in uno Stato in cui c’è bisogno di ribadire questo valore, vuol dire che lo Stato manca del suo requisito base, della sua sovranità popolare e della sua conseguente libertà ed autonomia. Ma che Stato è quello in cui ad una sovranità, già per altro limitata da più di mezzo secolo per fattori storici e geopolitici, si aggiunge una ulteriore limitazione? Perché in esso la libertà di ciascuno anziché essere, come Kant ci insegna, un postulato della Ragion Pratica, risulta un corollario di dogmi e principi elaborati da un altro Stato, quello del Vaticano? Vedete, compagni, io non voglio muri, nemmeno di cartone, io voglio quella libertà che è in primis dignità, dialogo e rispetto per tutti; Ma che sia Rispetto Vero, per il Grande e Santo Spirito dell’Universo!
Però io sono fiducioso, perché credo fermamente che noi, cari compagni, possiamo davvero rinascere da quello “Spirito di verità che ci farà liberi”, secondo ciò che dice Giovanni nel suo Vangelo: “lo Spirito, come il vento, soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito”. Ascoltiamo dunque il richiamo di quello stesso Spirito che attraversa e abbatte come un tornado i confini delle religioni, delle confessioni, delle nazioni e delle ideologie e che ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.
E che sta gonfiando potentemente anche le vele della nave di Nichi e lo chiama a tenere ben salda la barra del timone e a raccogliere intorno a sé l’equipaggio migliore per giungere finalmente nel porto di una vera e concreta alternativa politica senza naufragare.
Per questo continueremo a remare e a issare anche le nostre vele e a impugnare la nostra bandiera, cari compagni, quella del Socialismo, la vera rosa rossa dei venti della sinistra mondiale; e se tutto ciò non basterà, noi proseguiremo lo stesso anche su una piccola zattera, anche in pochi o in quanti saremo, considerando la necessità imprescindibile di presidiare, non già una opzione politica, ma un imperativo categorico, un modello di civiltà, e rilevando che già, da quando ci ritrovammo per la prima volta qui, siamo ormai molti di più.

Abbiamo iniziato con un grande sogno, pur essendo in pochissimi e persino con alcuni dubbiosi, con in un minuscolo blog, mentre ora, a poco più di un anno, già siamo una componente nazionale, con un sito visitato e letto da moltissimi compagni. Abbiamo sostenuto la candidatura del nostro compagno Franco perché siamo tuttora convinti che non sia in cerca si strapuntini nella segreteria di un partito di proporzioni molecolari, ma perché sappiamo che i contenuti della sua lotta sono gli stessi che hanno sempre ispirato ciascuno di noi, quelli per cui è nata ed è cresciuta la nostra associazione e con i quali un numero sempre più elevato di compagni ci segue con spirito di fratellanza e condivisione. Certo, possiamo anche perdere, ma non per questo smetteremo di lottare, perché lo sappiamo, lo diceva anche il grande CHE GUEVARA: “Chi lotta può perdere ma chi non lotta ha già perso” Così, come Leonida alle Termopili, a chi ci deride o ci ritiene incapaci di proseguire il cammino, a chi ci esorta a tornare in più comodi “ovili”, a gettare le armi, risponderemo: Molòn Labé: VENITE A PRENDERLE! Laicità dello Stato, giustizia sociale interna ed internazionale, pace, libertà di iniziativa individuale e politica secondo i dettami costituzionali, la questione del lavoro, e la piena occupazione come “variabile indipendente”, per cui saranno le altre variabili a doversi adeguare a questa. Un diverso rapporto tra partiti e società civile, in cui sia quest’ultima a dettare le condizioni della libertà dei primi e non viceversa. Questi sono i principi lombardiani intramontabili che animano questo ambizioso progetto, sono gli assi portanti di una nuova civiltà della Libertà e del Lavoro.

Libertà e Lavoro, è questo dunque il nostro motto, per cui vale la pena di sacrificarsi e vivere in questo giorno, così come in tutti gli altri a venire..hasta la victoria siempre ! Venceremos !


Centra

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