lunedì 28 giugno 2010

NON C'E' SINISTRA SENZA SOCIALISMO ! - Giuseppe Giudice

NON C'E' SINISTRA SENZA SOCIALISMO !

Intervento di Giuseppe Giudice all’assemblea costitutiva Della LEGA dei SOCIALISTI

27/06/2010 - Alcuni Compagni mi hanno chiesto di scrivere una sintesi dell’intervento fatto il 27 Giugno. Avendolo fatto a braccio mi limiterò ad enucleare e sviluppare i temi che ho affrontato.


- Quattro anni fa un autorevole esponente dell’allora sinistra DS, nel periodo in cui era in incubazione la costituzione del Partito Democratico, disse che in definitiva il PD non faceva altro che anticipare la evoluzione futura della socialdemocrazia europea, la sua ineluttabile deriva liberale e la sua sostanziale fuoriuscita dalla sinistra. Per cui nel momento in cui si fosse costituto il PD, bisognava impegnarsi a unificare tutto ciò che si muoveva a sinistra del PD. In pratica l’area del post-comunismo di sinistra e del neo-comunismo (fare un PCI bonsai). Ora questo giudizio sulla socialdemocrazia era evidentemente viziato da un vecchio e mai sopito pregiudizio comunista, ma era anche un giudizio sbagliato (che non metteva nel conto le sostanziali differenze allora esistenti tra il PS francese ed il Labour inglese ad esempio), ma era ancor di più un giudizio falsificato dalla storia più recente che ha visto il riposizionamento a sinistra del PSE e di gran parte dei partiti facenti parte di esso e dall’altro la sempre più marcata deriva centrista del PD (che definisce se stesso proprio sulla base della sua distanza dal PSE). Questa analisi che mette anche in evidenza la profonda ambiguità politica ed ideologica della ex sinistra DS che si è poi trasferita in SD la quale (proprio in virtù di tale ambiguità) non è stata capace di attivare quella Costituente del Socialismo Europeo che avrebbe potuto avere un respiro ben più vasto della fallimentare ed istrionica Costituente socialista di Boselli. Del resto l’analisi sopra citata era rivolta esplicitamente contro le posizioni come quelle di Salvi (prima che fosse rapito dal “comunismo ai neutroni” di Ferrero), Angius e Spini che facevano del legame e del riferimento al socialismo europeo l’asse portante della propria critica ed opposizione al PD.
- Perche oggi faccio queste considerazioni? Perché credo che oggi più che mai il giudizio che si dà sul socialismo europeo diventa un punto di discrimine essenziale proprio sul tipo di sinistra che intendiamo costruire. Vale a dire una sinistra a vocazione maggioritaria, larga e popolare o una sinistra di pura testimonianza. Noi siamo esponenti della cultura del socialismo di sinistra. Siamo stati fortemente critici verso le derive moderate di un pezzo importante della socialdemocrazia, non abbiamo certo risparmiato giudizi negativi. Ma eravamo (e lo siamo) anche convinti che il socialismo europeo (come è più volte avvenuto nella storia) ha la capacità di riprendersi dalle sue crisi e dalle sue derive per poter tornare a divenire il cuore pulsante della sinistra in Europa. Quello che è accaduto nelle elezioni regionali in Francia, dove la riscossa della sinistra è stata guidata da un PS che ha saputo superare le sue crisi, le elezioni in North-Reno Wesfalia (un quarto dell’elettorato tedesco) che hanno visto la forte rimonta della SPD, la vittoria brillante dei socialisti in Belgio, i sondaggi nella già citata Germania che danno la SPD in recupero di 7 punti rispetto alle disastrose elezioni del 2009 e prefigurano una netta maggioranza di sinistra nel più ricco e popolato paese della UE; sono tutti dati che dimostrano come un socialismo che ricolloca nel suo alveo naturale e si libera delle scorie liberali (il cambiamento di 180° della SPD è significativo) ha oggi possibilità forti di ripresa. Certo siamo ben lontani dall’avere risolto tutti i problemi del socialismo in Europa, primo dei quali l’assenza di una vera politica sovranazionale quando la crisi sistemica del liberismo impone la costruzione di una alternativa “europea” al modello economico e sociale (ed alle sue devastazioni) prodotte dal capitalismo liberista. Occorrono un socialismo ed un sindacato “europei”. La bruttissima vicenda di Pomigliano è anche la conseguenza di tale assenza. Ma mentre il PSE vira a sinistra il PD se ne allontana sempre di più nella sua esasperata corsa al centro. Il farfugliare confuso di Bersani sulla vicenda di Pomigliano (dove si sono fatte tornare indietro di 50 anni le relazioni industriali), le stesse indicazioni di politica economica del PD che si incentrano sulle liberalizzazioni (e non invece sulla centralità del lavoro e delle politiche pubbliche) persistendo nell’equivoco ideologico liberista sull’equazione cittadino-consumatore, misurano la enorme e sempre più marcata distanza del PD dal socialismo europeo. Di ciò non si può non prendere atto. Se il PD è cosa affatto diversa dalla socialdemocrazia il compito che abbiamo è quello di ricostruire la presenza di una sinistra che sappia svolgere in Italia il compito che in Europa sta cercando di sviluppare questo socialismo che sta ritrovando se stesso. Quindi non una sinistra di pura testimonianza, non una sinistra senza aggettivi che tradisce la sua indeterminatezza identitaria, ma una sinistra socialista, democratica e popolare. Sappiamo che è un processo non breve, ma è l’unica strada percorribile per non cadere nel centrismo del PD o in una idea della sinistra alla Nanni Moretti, che si piange continuamente addosso. In realtà la schizofrenia che è stata propria della sinistra post-PCI negli anni 90, la schizofrenia tra il governismo esasperato che ha poi portato al Pd ed un antagonismo velleitario e politicamente inutile, deriva proprio dalla incapacità che ebbe il PDS nel 1991 di farsi carico pienamente del pensiero e della tradizione socialista. Dopo il contestuale fallimento dei due progetti politici degli anni 80, nella sinistra storica, quello di Craxi e quello di Berlinguer, il PDS nasce sulla base di un incredibile eclettismo ideologico, che rifiuta il socialismo democratico quale asse portante della propria identità. Tale rifiuto è la base culturale di quella schizofrenia politica che da un lato porta al trasformismo opportunistico dei D’Alema e dei Veltroni e dall’altro all’antagonismo nichilista dei Cremaschi. E’ la base questa della piena disfatta della sinistra italiana. Per questo siamo convinti che solo il pieno recupero della migliore cultura socialista sarà in grado di creare le fondamenta solide per costruire una sinistra credibile. - Mi sono iscritto a SeL con un certo entusiasmo, perché vedevo, nel suo progetto originario, la concreta possibilità di stare a sinistra del PD senza cadere nel minoritarismo neo-comunista. Molti compagni socialisti vi hanno aderito con convinzione, perché concepivano SeL (molto più di SD) come un primo passo per ricostruire una sinistra larga di ispirazione socialista e libertaria. La proditoria rottura (dovuta a motivi assai poco nobili) di Nencini che di fatto ha rotto l’impianto originario di SeL è stato un gravissimo “vulnus” politico di cui i responsabili devono ancora pagare tutte le loro gravi responsabilità politiche. Ora moltissimi compagni socialisti di base non hanno affatto condiviso questa scelta (ed hanno mantenuto o la doppia tessera o la semplice iscrizione a SeL) , ma quello che mi ha colpito è il dato sconcertante di come tale rottura non sia stata affatto contestata dal resto della segreteria del PS*I anche da chi come la Locatelli o Di Lello si erano pubblicamente spesi per il progetto di SeL . Per fortuna c’è stato un gruppo tenace di compagni guidati dal nostro Leonida, Franco Bartolomei (direbbe Carlo Felici) che ha pubblicamente reagito sia negli organismi di partito, sia con l’attività dell’associazione “Socialismoesinistra” ed il suo sito (uno dei migliori in circolazione). E’ dall’incontro tra un gruppo di compagni socialisti iscritti a SeL (come me) la sinistra interna al PS ed i compagni dell’associazione Labour che nasce l’idea della Lega dei Socialisti. L’idea di un movimento che non ha data per scontata (nel modo più assoluto) la rottura tra SeL ed il mondo socialista, e che però vuole ricostruire tale rapporto nel quadro di una visione strategica ben precisa. Infatti la rottura tra il Ps ufficiale e SeL delle conseguenze negative le ha avute. Nel senso che in molti militanti di SeL è cresciuta la diffidenza (anche motivata) verso un certo tipo di “socialisti”. Ma non c’è solo questo. In settori minoritari che però sono presenti i socialisti in SeL non sono stati mai bene accettati. O meglio lo sono a livello individuale, ma non se devono esprimere delle posizioni collettive come area politico-culturale. E questo paradossalmente lo si ritrova in pezzi provenienti da SD (in cui è forte l’influenza berlingueriana) piuttosto che tra i compagni dell’Mps dove c’è invece molta più apertura verso la cultura socialista: quello che più volte ha affermato Vendola ne è piena testimonianza. Insomma dopo la rottura nenciniana in settori di SeL si è regrediti verso una posizione che vede essa o come un mezzo-arcobaleno o come comunque una formazione minoritaria. Tra i sostenitori del “partito subito” (ignorando che SeL è un “work in progress”) vi sono coloro che pensano a SeL come l’Arcobaleno dimezzato. Di questo se ne è pienamente reso conto Vendola. Un Arcobaleno dimezzato non serve alla sinistra ed alla democrazia italiana. La gravissima crisi di identità, progetto, strategia che vive il PD, il suo allontanarsi dal socialismo europeo, rende indispensabile il progetto di una sinistra larga a vocazione maggioritaria, altrimenti per la sinistra la partita sarà chiusa per altri vent’anni. Questo è il senso politico della sfida che Vendola lancia al PD. Ed alla fine una sinistra larga non potrà non collocarsi in un PSE rifondato. Del resto noi affermiamo come Lega dei Socialisti che vogliamo ricostruire la sinistra italiana nel processo di rifondazione a sinistra del socialismo europeo. Il rapporto della Lega dei socialisti con SeL ma con quella parte di SeL che rifiuta il mezzo-arcobaleno e pensa ad una sinistra larga è essenziale. Noi non siamo un partito ma un movimento ed un laboratorio politico che però ha una chiara idea della sua collocazione strategica. La sinistra in Italia la si potrà ricostruire solo sulla emersione del fallimento politico e culturale del PD, sullo scoppio delle sue gravi contraddizioni interne. Quello che sta facendo Vendola può determinare ciò; il mezzo-arcobaleno no. Questo credo che sia politicamente significativo per noi socialisti. Il destino del Ps mi interessa molto poco. Certo un cambio di segreteria (sia pur con una congiura di palazzo) può essere positivo anche per ricostruire rapporti formali con SeL (dato che la metà dei consiglieri del Ps sono eletti in SeL). Ma non potrà dire nulla né ai socialisti né alla sinistra. Siamo noi come Lega che strutturandoci progressivamente sul territorio dovremo dire qualcosa di socialista e di sinistra.




PEPPE GIUDICE





Nessun commento:

Posta un commento