giovedì 17 giugno 2010

UNA RISPOSTA A MAURO DEL BUE


(Roberto Biscardini) Condivido lo spirito con cui Mauro Del Bue ha spiegato perché il prossimo Congresso del PSI dovrebbe essere unitario.

Anch’io, con un articolo pubblicato sull’Avanti della Domenica del 18 aprile dal titolo “Prima il progetto e poi le alleanze”, indicai la necessità di un congresso senza divisioni, mettendo in primo piano l’obiettivo di definire una piattaforma comune su almeno tre questioni. Rilancio dell’iniziativa politica del partito per esserci (se non ci sei non hai mercato). Riaffermazione del progetto socialista evitando di dividerci sulle prospettive o sulle alleanze più o meno organiche con altri partiti (questo non solo non garantirebbe un Congresso unitario, ma sarebbe prodromico dell’autoscioglimento del PSI).

Una linea politica nel centrosinistra, da gestire in modo autonomo, non subalterna al PD, così come siamo riusciti a scongiurare, fatte le debite proporzioni, la subalternità a SEL (pensiamo cosa saremmo oggi se avessimo eletto a Bagnoli Nencini vice coordinatore di Vendola). Una linea non subalterna al PD e autonoma nel centrosinistra, che non impedisca comunque una campagna di adesioni e di confronto con le aree socialiste deluse nel centrosinistra come nel centrodestra, nonché con il grande “partito del non voto”.


Un primo passo verso un Congresso unitario è stato fatto, con il contributo di tutti, con la presentazione di un unico documento politico, che non è solo il documento della Segreteria, ma di tutti coloro che, nella commissione votata dalla Direzione, vi hanno collaborato. A queste tesi, si aggiungono due documenti integrativi.

Ma il problema è un altro. Il Congresso sarà unitario nella sostanza, oltre che nella forma, se sarà in grado di garantire una discussione politica aperta intorno alla questione di fondo: quale responsabilità ci si assume (individualmente e collettivamente) dentro un orizzonte politico certo, per riorganizzarsi al meglio a livello nazionale come a livello locale (a Roma come nelle grandi città e nei comuni, al Nord come al Sud). Si tratta di uscire dal Congresso avendo chiaro chi fa che cosa: per elaborare e caratterizzare le nostre proposte politiche. Per conquistare una visibilità che oggi non c’è. Per arrivare nelle migliori condizioni a presentare la propria lista alle elezioni politiche del 2013. Non come gesto nostalgico, ma come conseguenza di un impegno politico concreto, con un orizzonte temporale che travalica persino l’appuntamento delle elezioni politiche stesse.

Detto questo, prendere atto della propria debolezza, come fa Mauro constatando che il partito ha visto i dirigenti della Costituente del 2007 sparire piano piano, uno alla volta in questi ultimi due anni, oltre a non essere vero, non basta. Per altro, Bobo Craxi ed altri ci sono ancora e Rino Formica è un iscritto al quale, forse ingiustamente, non è stato chiesto di assumere maggiori responsabilità. D’altra parte non bisogna dimenticare, anche per il lavoro che ci attende, che la Costituente di allora è fallita sia per come è stata pensata, sia per la nostra incapacità di tenerla viva. Se il tema è ancora per tutti il rafforzamento del PSI, dovremmo considerarla ancora aperta, sempre aperta, preoccupandoci più di chi scende dalla “zattera” piuttosto che essere preoccupati di coloro che potrebbero salire.
All’osservazione che se ne sono andati dal partito i più opportunisti, rispondo che bisogna evitare generalizzazioni, ma soprattutto evitare di dare l’impressione che anche chi rimane lo faccia per la stessa ragione. In altre parole, è necessario evitare, se si vuole costruire un PSI più grande e più forte, di avere paura delle idee diverse dalle proprie. Così come delle provenienze diverse dalle proprie. Un partito piccolo deve avere idee e propositi chiari, ma non ha bisogno in questo momento di essere blindato. In questo senso, le tesi unitarie e i documenti integrativi sono espressioni diverse di un’unica realtà: piaccia o non piaccia, questa è la nostra attuale ricchezza.
I documenti ufficiali, più gli altri, quelli che arriveranno dai territori e dai singoli compagni, così come quello che ho contribuito ad elaborare assieme ai compagni Craxi e Benzoni con l’obiettivo di dare un contributo in più al dibattito congressuale, contengono proposte politiche che il Congresso, per essere unitario, dovrà portare a sintesi.

Una cosa è certa: oggi che abbiamo ripreso il nome del vecchio partito, PSI, non possiamo non sentire il carico di questa responsabilità che è ad un tempo politica, storica e morale. Se il partito è ancora in piedi è perché ci sono ancora compagni che ci credono. Che credono possibile un rilancio della propria iniziativa, sia sul piano organizzativo che sul piano dell’elaborazione politica. Questi compagni non rinunciano all’idea si sentirsi utili e che sia possibile recuperare, attraverso la politica, quei consensi che ci potranno portare nuovamente in Parlamento e nelle maggiori istituzioni.

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