domenica 20 giugno 2010

Dalle occasioni perse a una nuova sinistra

Dalle occasioni perse a una nuova sinistra

di Felice Besostri*

Parafrasando Friedrich Dürrenmatt - per cui il più grande stratega militare di ogni epoca, più grande di Alessandro Magno, Cesare e Napoleone era il barista del caffè dove faceva colazione ogni giorno: non aveva, però, mai potuto dimostrarlo perché faceva il barista e viveva in un paese neutrale, la Svizzera - il più grande leader della sinistra italiana vive tra di noi, ma non potrà mai diventarlo perché non è iscritto ad alcun partito ed è di orientamento Socialista.

I partiti (ogni volta che dico o scrivo “partiti” l’associo ad “andati”) della sinistra italiana sono in saldo e i loro militanti, disperati o esasperati (parola colta per dire “incazzati”), sono nel migliore dei casi perplessi. Non c’è una proposta politica entusiasmante in campo: in meno di tre anni abbiamo bruciato Rosa nel Pugno, Costituente Socialista e quel movimento che l’aveva preceduta (penso ad esempio a Bertinoro) Sinistra Arcobaleno, Sinistra e Libertà e Sinistra Ecologia Libertà. Le Fabbriche di Niky non sono ancora entrate in piena produzione. L’unica cosa chiara è il padrone testimonial, ma non il mercato di sbocco del prodotto: un centrosinistra rinnovato o una nuova sinistra? La contraddizione con gli entusiasmi che periodicamente percorrono la sinistra è forte: la manifestazione di massa a San Giovanni con il primo Cofferati, la formazione di Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo (un nome che da solo era un programma, infatti il socialismo europeo cadde subito nel linguaggio comune e nella prassi quotidiana) un fatidico 5 maggio, stretto tra l’anniversario di Marx e la morte di Napoleone, il Congresso SDI di Fiuggi, la manifestazione del 24 ottobre 2007, l’assemblea della ormai ex SeL del 20 dicembre 2008, persino il Congresso del PSI di Montecatini o più lontano ancora gli Stati Generali della Sinistra di Firenze (lo stesso luogo dove anni dopo si celebrarono i funerali dei DS- solo ora mi è venuto in mente che forse non è stata una scelta casuale, ma fortemente simbolica): ho volutamente fare accenno a fenomeni tra loro molto diversi, ma alla cui base c’era lo stesso stato d’animo. Stati d’animo, appunto, non accompagnati da un progetto di medio e lungo periodo e da gruppi dirigenti determinati perché convinti. Ci sono nodi strutturali, storici, ideologici e psicologici da sciogliere: averne almeno la consapevolezza. Invece si sono costruite risposte per far fronte ad appuntamenti elettorali e l’orizzonte temporale dei gruppi dirigenti della sinistra (le ultime regionali ne sono state l’ultimo esempio) è quello della legislatura in corso, del suo rinnovo e dell’elezione del Presidente della Repubblica, quando non è il Consiglio di Amministrazione della RAI o, scendendo sempre più in basso il proprio personalissimo progetto di vita. Non che non sia giusto occuparsi dei destini personali, ma piuttosto di quelli dei milioni di cittadini colpiti dalla crisi o dei non cittadini, che vivono in condizioni di emarginazione come immigrati, specialmente se clandestini.

Il nodo strutturale è costituito dall’assenza di un partito chiaramente egemone, anche se non unico, a sinistra, relazionato, sia pure con reciproca autonomia, con un movimento sindacale unitario. Il nodo ideologico, caratteristica peculiare dell’Italia, della persistenza della divisione del XX° secolo tra socialismo democratico e comunismo, con valenza politica, è il fattore che impedisce l’incorporazione della sinistra italiana in quella europea, maggioritariamente rappresentata dai partiti del PSE. Quello psicologico è costituito dalla persistenza di un risentimento e dalla diffidenza reciproca con forti radici nel passato: come se i morti, ad esempio Craxi e Berlinguer, avessero für ewig afferrato, anzi sequestrato, i vivi. La crisi economica e finanziaria globale ha messo in crisi l’ideologia neoliberista, ma i partiti socialisti, la sinistra in generale, non ne hanno tratto alcun vantaggio elettorale, in quanto non percepiti come portatori di un progetto credibile nell’immediato per l’uscita dalla crisi e a più lungo termine di un progetto di un diverso modello di sviluppo. Su questo solo alcuni spunti. La dicotomia non è tra “Stato” e “Mercato”, ma tra “Pubblico” e “Privato”. Perciò quale “Stato” e quale “Mercato”: una pubblica amministrazione, clientelare e corrotta, non è meglio di per sé di un mercato poco regolato per il solo fatto di essere pubblica. Sarebbe preferibile ripensare alla programmazione piuttosto che alla proprietà pubblica dell’alimentare. La lotta all’evasione non può recuperare l’evasione storica, se non con una imposta patrimoniale, e instaurando una effettiva equità fiscale.. altro che Flat Tax e concorrenza fiscale: gli evasori italiani hanno aliquota 0%, a prova del più vantaggioso paradiso fiscale. La difesa dei principi costituzionali della progressività della tassazione (art. 53), e della finalità sociale dell’iniziativa economica (art. 41), fa parte delle scelte di fondo di ogni politica economica. Se non si riesce a sciogliere questi nodi, i discorsi sono già terminati. Al più potremmo scambiarci idee e suggestioni in qualche seminario di studio, ma senza traduzione politica; e si sa, “le idee camminano sulle gambe degli uomini”, come non si stancava di ripetere Pietro Nenni.


*Roma 17 giugno 2010, Senato della Repubblica, Palazzo Bologna, sala Santa Chiara, Seminario “Il Socialismo Europeo e la Crisi Economica” promosso da “Le ragione del Socialismo”, “Mondoperaio”, “Libertàeguale”, “Fondazione Socialismo”


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