domenica 13 giugno 2010

PERCHE' IL CONGRESSO DEVE ESSERE UNITARIO


(Mauro Del Bue) “Ci sono tanti motivi”, disse un campanaro a un cittadino che gli chiedeva perchè non suonasse le campane, “e il primo è che non ce le ho”.

Potremmo parafrasare così: “Ci sono tanti motivi per cui il congresso del Psi che si svolgerà a Perugia deve essere unitario. Il primo è che non ci possiamo permettere un ennesimo congresso di scontro e di divisione”.Correremmo il rischio di diventare ridicoli e di essere descritti, da quei pochi che vorranno seguirci, come un fatto folcloristico e non politico.

E dunque a coloro che continuano a parlare di chiarezza, di posizioni da confrontare, addirittura di mozioni e di firme da raccogliere, dico con un certo distacco: “Ma in quale partito pensate di essere?’”. Siamo o no in un partito che non ha parlamentari italiani ed europei e che a Montecatini due anni fa, ha scelto la difficile strada della sopravvivenza e del rilancio e non dello scioglimento, come fecero altri partiti senza parlamentari (vedasi su tutti il vecchio Psiup nel 1972)? Siamo o no in un partito che ha visto i suoi dirigenti della Costituente del 2007 sparire piano piano uno alla volta (Boselli, Villetti, Angius, Spini, De Michelis, Zavettieri, Formica ecc.) tanto che solo io, in questo momento, rappresento la continuità di quel gruppo nella segreteria nazionale? Siamo o no in un partito che si trova a fare i conti con un tesseramento che ha ridotto a circa un terzo le sue adesioni del 2007 (allora per la verità un pò gonfiate) e con problemi economici di non facile soluzione? Siamo o no in un partito che è sì riuscito ad eleggere 13 consiglieri regionali, ma in liste diverse e deve oggi, con fatica, tentare di unificarli tutti in un’unica prospettiva politica?

Ma sì sentiamoci, perchè ci fa anche bene, come Turati diceva che si sentivano i socialisti a fine Ottocento: “Come naufraghi nell’Oceano, senza una zattera, senza una scialuppa”. Ciononostante scegliamo di resistere ancora e abbiamo scritto nelle nostre tesi che dobbiamo farlo finchè in Italia non si formerà una più grande forza socialista, cioè del socialismo europeo e italiano. E su questo progetto identitario lanciamo la nostra scommessa per il futuro.

E’ vero. C’è stato qualcuno che nel passato ha puntato molto sul progetto di Sinistra e libertà e sulla leadership di Vendola. Io no. Non ho capito perchè avremmo dovuto concedere a Vendola quel che non concedevamo al PD: il rispetto per l’ambiguità. Storie divise di comunismi, di socialismi, di massimalismi, di riformismi, di cristianismi e di laicismi non potevano essere risolte solo, come nel mistero della santissima trinità, nella figura di un leader.
E oggi il partito ha scelto di non dividersi su questo, dicendo sostanzialmente: il progetto di Vendola non ci interessa a meno che esso non sia ricondotto nell’alveo della cornice socialista europea.

E’ culto del passato, è rinunciare al nuovo che promana dalle fabbriche di Niki? No, è prender atto della realtà italiana ed europea, che nessun nuovo profeta riuscirà a snaturare. Siamo noi fuori dal mondo o sono fuori dal mondo coloro che hanno costruito l’anomalia italiana che a sinistra è il frutto della somma del vecchio fattore K e del tormento di una sinistra democristiana che non esisteva in nessun altro paese europeo? Vogliamo batterci contro questo sistema post identitario che non solo non piace a chi ha sempre pensato alla politica come arte nobile condensata di storie, di filosofie e di programmi, ma non è utile per l’Italia con tutti i gravi danni che esso ha prodotto in questi sedici anni.

E lo vogliamo fare per ricostruire un itinerario europeo, per darci valori comuni all’Europa, e non già per ispirarci a nuovi miti frutto dell’effimero e della tragedia che si volge in commedia. Davvero inusuale terapia, come si sente dire, quella della parola d’ordine: “A un Berlusconi di destra opponiamo un Berlusconi di sinistra”. L’originale è sempre migliore della sua copia. Vogliamo batterci per la Terza repubblica, per una Costituente che disegni nuovi equilibri istituzionali, per dare all’Italia una riforma elettorale proporzionale e senza la truffa del premio di maggioranza e del conseguente voto utile.

Abbiamo un grande disegno, dunque, troppo grande per un partito piccolo? Ma se un partito piccolo non ha un progetto grande perde di senso la sua stessa esistenza. Noi dobbiamo alzare il tiro e solo noi lo possiamo fare, per la nostra diversità, per la nostra unicità, alle quali corrispondono le sintonie con la nostra storia e con l’Europa di oggi e di domani. Siamo nel centro sinistra, ma non ci confondiamo con esso. Siamo contro il giustizialismo (e dunque a favore decisamente della separazione delle carriere dei magistrati e contro gli scioperi politici di questa categoria) e siamo anche per l’equità sociale (dunque non contestiamo l’equiparazione dell’età pensionabile delle donne e degli uomini, ma riteniamo che gli introiti vadano indirizzati verso i giovani, la vera emergenza sociale dell’Italia).

Come sembra vicina,oggi, la conferenza di Rimini del 1982…

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