Elpidio, Barbara e Candy Candy.
Elpidio, Barbara e Candy Candy , o meglio come trasformare un’azione politica vera, forte e degna di nota in una favola datata e poco credibile.
Mia sorella Samuela, prigioniera del mito di Candy Candy all’età di diciotto anni decise di iscriversi alla Scuola di Infermiere Professionali di Camerino. Considerate le sue qualità di ottima studente, avrebbe benissimo potuto iscriversi all’Università, ma così non fù. Non è stata, quella, una scelta che ad oggi si rimprovera. Però, nel ricordare quei pomeriggi di provincia, incantata e rapita dalle storie della sua ironia preferita, ammette senza fantasie che Candy Candy, quel giorno della firma sul modulo di iscrizione, era lì con lei. Io no. Vedevo i western. Sin da piccolo. Al massimo mi concedevo “Furia cavallo del West”, ma il giorno dopo, puntualmente, mi confessavo da Don Aldo. Ero sempre assolto. Ma il timore che non lo fossi, mi accompagnava fino all’inginocchiatoio del confessionale. Che sollievo. Dieci Padre Nostro e la promessa che sarei ritornato ai vecchi western: quelli veri.
Adesso mia sorella è sposata e ha tre figli. Io pure, ma ne ho due. Se io e lei ricordiamo il passato, mia sorella ancora pensa a Candy Candy. E quando lo fa le brillano ancora gli occhi. Da un anno ha il più bel negozio della Walt Disney della provincia. A me sembra il più bello del mondo. Io?
Io no. Continuo a vedere i western. A volte, lì, si incontrano uomini spietati, quasi sempre però, nonostante le facce siano incattivite dalla vita, si riconoscono e senza fatica uomini dai valori saldi e forti.
Agli sposini Elpidio e Barbara, faccio, francamente, sinceri auguri. Mi dicono che quel giorno c’erano giusto i testimoni. Capita. Io no, ero al funerale di Jesse James. Che folla! Gente arrampicata sulle staccionate per vedere la bara. Ho creduto per un istante che essere vivi non basta. Basta semmai esserne responsabili, ma questa è un’altra storia , con la esse piccola o grande, dipende da solo da come ci si vuole partecipare non con chi si vuole partecipare.
Elpidio, Barbara e Candy Candy , o meglio come trasformare un’azione politica vera, forte e degna di nota in una favola datata e poco credibile.
Mia sorella Samuela, prigioniera del mito di Candy Candy all’età di diciotto anni decise di iscriversi alla Scuola di Infermiere Professionali di Camerino. Considerate le sue qualità di ottima studente, avrebbe benissimo potuto iscriversi all’Università, ma così non fù. Non è stata, quella, una scelta che ad oggi si rimprovera. Però, nel ricordare quei pomeriggi di provincia, incantata e rapita dalle storie della sua ironia preferita, ammette senza fantasie che Candy Candy, quel giorno della firma sul modulo di iscrizione, era lì con lei. Io no. Vedevo i western. Sin da piccolo. Al massimo mi concedevo “Furia cavallo del West”, ma il giorno dopo, puntualmente, mi confessavo da Don Aldo. Ero sempre assolto. Ma il timore che non lo fossi, mi accompagnava fino all’inginocchiatoio del confessionale. Che sollievo. Dieci Padre Nostro e la promessa che sarei ritornato ai vecchi western: quelli veri.
Adesso mia sorella è sposata e ha tre figli. Io pure, ma ne ho due. Se io e lei ricordiamo il passato, mia sorella ancora pensa a Candy Candy. E quando lo fa le brillano ancora gli occhi. Da un anno ha il più bel negozio della Walt Disney della provincia. A me sembra il più bello del mondo. Io?
Io no. Continuo a vedere i western. A volte, lì, si incontrano uomini spietati, quasi sempre però, nonostante le facce siano incattivite dalla vita, si riconoscono e senza fatica uomini dai valori saldi e forti.
Agli sposini Elpidio e Barbara, faccio, francamente, sinceri auguri. Mi dicono che quel giorno c’erano giusto i testimoni. Capita. Io no, ero al funerale di Jesse James. Che folla! Gente arrampicata sulle staccionate per vedere la bara. Ho creduto per un istante che essere vivi non basta. Basta semmai esserne responsabili, ma questa è un’altra storia , con la esse piccola o grande, dipende da solo da come ci si vuole partecipare non con chi si vuole partecipare.
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