martedì 7 ottobre 2008

*La socializzazione delle perdite - Antico vizio del Capitalismo!!!*

Fino a quando?

di Riccardo Morelli

La socializzazione delle perdite, è noto, rappresenta un antico vizio del capitalismo, specialmente di quello italiano. Nei momenti in cui il mercato "tira", pochi operatori, opportunamente manovrando le leve dell'informazione e del marketing, generano fra la gente l'aspettativa di ritorni elevati, convincendola a vincere la sua ragionevole tendenza al risparmio e ad arrischiare l'investimento: essi traggono allora enormi profitti, rigorosamente privati. Quando poi - vuoi per la naturale ciclicità del mercato; vuoi perché i nodi di una finanza per definizione spregiudicata prima o poi vengono al pettine, a qualsiasi latitudine - si manifestano i segnali di una crisi, ecco che salta fuori il classico ricatto: "Sì, noi istituzioni finanziarie abbiamo anche sbagliato, possiamo anche fallire, ma a voi risparmiatori...a voi piccole imprese...a voi famiglie...conviene?".Ed ecco allora che lo Stato, misericordioso, "si fa carico" delle "drammatiche conseguenze sociali" che una crisi generalizzata comporterebbe: in pratica ripiana i debiti di pochi oligarchi un po' vivaci e birbantelli.
La soglia di tolleranza di questa dinamica da parte delle categorie sociali meno abbienti è solitoamente piuttosto alta. Mai, però, come in questa disgraziata stagione - che assomma alla vittoria di questa destra la extraparlamentarizzazione della sinistra - la voce dei vincitori si era fatta così temeraria. Protervia. Insolenza. Sfrontatezza. "Lo Stato intervenga, ma poi torni il mercato" ha sentenziato qualche giorno fa la presidente di Confindustria, Marcegaglia - quella, per intenderci, che nel discorso di insediamento aveva plaudito alla definitiva composizione dell'atavico conflitto tra capitale e lavoro, risoltosi tutto a vantaggio del capitale. Non sia mai che si sottragga spazio al profitto - pardon, alla competitività, per essere moderni e politically correct. Cara Emma (e cari tutti i suoi accoliti): Quo usque tandem abutere patientia nostra?

Riccardo Morelli

13 commenti:

  1. Due considerazioni:
    1)la socializzazione delle perdite è una tipica caratteristica del capitalismo italiano e non,per esempio di quello anglosassone. Questo per eccesso di interventi politici in economia e per difetto di liberismo. L'Italia non ha MAI accettato la sfida del mercato e non ha MAI provato ad applicare il liberismo(se lo avesse fatto Berlusconi non sarebbe quello che è).
    2)L'attuale crisi globale non è crisi del liberismo: x ora sono stati colpiti infatti i settori più protetti e regolamentati della finanza: banche,agenzie di rating,assicuratori di obbligazioni di enti pubblici ecc..
    Attenzione a puntare sempre il dito contro il capitalismo e il liberismo. La superiorità del mercato sul piano dell'efficienza produttiva rispetto alle economie "regolate" è storicamente indiscussa. Quanti chiedono una maggiore libertà economica non lo fanno esclusivamente per ragioni di efficienza, ma nella convinzione che la libertà economica non è altro che il contenuto della libertà senza aggettivi.
    Simone

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  2. Caro Riccardo, se non hai altri impegni perche' Giovedi' non vieni a trovarmi alla Rocca? Non conoscendoti di persona vorrei avere il modo di dirti "de viso" il mio apprezzamento sia per il difficile compito di Amministratore di questo bel Sito e sia per i tuoi interventi, come quest'ultimo, sempre molto chiari ed incisivi. Basta cosi' perche' altrimenti... ti monti la testa (anche se non mi sembri il tipo). SOCIALIZZAZIONE DELLE PERDITE? Sacrosante le tue parole ma cosa possiamo sperare se, in quello stesso Convegno dei giovani industriali, persino D'Alema, anziche' fare una proposta organica alternativa magari, finalmente, di stampo Liberalsocialista, si e' messo a "filosofeggiare" con Tremonti su... Karl Marx?! Credo saprai quanto il mio avo abbia contribuito a... "tagliare la barba" ed a mandare in soffitta lo stesso Marx ma, credemi, ho sofferto per lui. Nel bene (poco) e nel male (molto) Marx e' stato, comunque, un "gigante". Non meritava il ridicolo di quel dibattito da "operetta". Se non cambiamo questa opposizione credo che la nostra... "patientia" dovra' essere molto grande. Tu, almeno, mi dicono, sei giovane... Ti aspetto. Rocca di Radicofani, addi 7 Ottobre 2008 d.C. GdTj

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  3. Non intendo addentrarmi in un dibattito che appassiona e divide gli economisti da Smith in poi, non me lo consente la mia scarsa conoscenza della materia. Mi limito a rilevare, traendo le informazioni da Wikipedia, le principali obiezioni mosse al liberismo:
    - Inefficienza allocativa di reddito e prodotto finito:
    - Massimizzazione del profitto: Creare una carenza artificiale del bene perché la domanda spinga i prezzi al rialzo;
    - Interesse a colludere:
    È dimostrato che le imprese hanno interesse a colludere, che il profitto del monopolista si colloca più in alto del duopolio, seguito dall'oligopolio e dalla concorrenza monopolistica, mentre la concorrenza è associata ai profitti più bassi.
    Ne aggiungo un paio io, che mi sembrano assolutamente rilevanti:
    - deriva finanziaria e dematerializzazione dell'economia reale: le transazioni economiche avvengono su beni sempre meno legati alle attività della produzione di ricchezza reale (beni) e sempre più impalpabili (future, aspettative di andamento futuro del mercato), sfruttando l'inesperienza dei risparmiatori e stimolandone gli atteggiamenti non razionali;
    - deregolamentazione e superamento dell'interesse generale a favore dell'interesse privato: il mercatismo senza regole consente ai grandi gruppi economici di ottenere una più forte rappresentanza politica, che fa pressione sulle istituzioni perché deregolamentino il mercato, privilegiando il profitto a scapito dei beni sovraindividuali (sicurezza sul lavoro, sicurezza alimentare e sanità in genere,ecc.).
    Senza alcuna intenzione polemica, la problematicità delle questioni appena accennate non mi autorizza ad un giudizio benevolo ed ottimistico quanto il tuo sulle virtù del liberismo.

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  4. Sono orgoglioso di leggere su uno spazio Web delle LEZIONI di VERO SOCIALISMO, ricordo con grande affetto e ammirazine colui che mi INSEGNO' oltre 30 anni fa'le ragioni per militare nel PARTITO SOCIALISTA "RICCARDO LOMBARDI" un compagno di GIUSTIZIA E LIBERTA' che oggi leggendo le affermazioni di "RIK MORELLI" mi fanno venire in mente quei momenti,
    quando sembrava che la sinistra era rappresentata solo dai COMUNISTI (LA GENTE CI CREDEVA) e questo nostro GRANDE COMPAGNO, ECONOMISTA DI ECCELLENZA ci apri'la strada del vero SOCIALISMO LIBERALE!!!!!

    PEPPE

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  5. Su insistente richiesta di GdTj, pubblico il messaggio di risposta che ho rivolto a lui tramite il segretario Costamagna:

    Grazie per le parole di apprezzamento. Su Marx ho la stessa opinione che aveva Rosselli: gli strumenti che ci ha fornito per leggere la realtà (la distinzione fra struttura economica e sovrastruttura ideologica, la centralità dei rapporti di produzione, la dinamica tendenziale della divisione delle classi accentuata dalla rivoluzione industriale) sono validi, acquisiti al patrimonio comune ed irrinunciabili; non così le sue intuizioni economiche sul saggio del profitto capitalistico, le previsioni sul fantomatico collasso del capitalismo dovuto alla sua intrinseca contraddittorietà, e soprattutto le interpretazioni leniniste sulla transizione rivoluzionaria alla fase socialista. La vera risposta è il Socialismo Liberale. Così scriveva Rosselli all'ultima pagina dell'omonimo capolavoro:

    "Intanto, chi sono. Sono un socialista. Un socialista che, malgrado sia stato dichiarato morto da un pezzo, sente ancora il sangue circolare nelle arterie e affluire al cervello. Un socialista che non si liquida né con la critica dei vecchi programmi, né col ricordo della sconfitta, né col richiamo alle responsabilità del passato, né con le polemiche sulla guerra combattuta. Un socialista giovane, di una marca nuova e pericolosa, che ha studiato, sofferto, meditato e qualcosa capito della storia italiana lontana e vicina. E precisamente ha capito:
    i.Che il socialismo è in primo luogo rivoluzione morale, e in secondo luogo trasformazione materiale.
    ii. Che, come tale, si attua sin da oggi nelle coscienze dei migliori, senza bisogno di aspettare il sole dell'avvenire.
    iii.Che tra socialismo e marxismo non vi è parentela necessaria.
    iv.Che anzi, ai giorni nostri, la filosofia marxista minaccia di compromettere la marcia socialista.
    v.Che socialismo senza democrazia è come volere la botte piena (uomini, non servi; coscienze, non numeri; produttori, non prodotti) e la moglie ubriaca (dittatura).
    vi.Che il socialismo, in quanto alfiere dinamico della classe più numerosa, misera, oppressa, è l'erede del liberalismo.
    vii. Che la libertà, presupposto della vita morale così del singolo come delle collettività, è il più efficace mezzo e l'ultimo fine del socialismo.
    viii. Che la socializzazione è un mezzo, sia pure importantissimo.
    ix. Che lo spauracchio della rivoluzione sociale violenta spaventa ormai solo i passerotti e gli esercenti, e mena acqua al mulino reazionario.
    x.Che il socialismo non si decreta dall'alto, ma si costruisce tutti i giorni dal basso, nelle coscienze, nei sindacati, nella cultura.
    xi.Che ha bisogno di idee poche e chiare, di gente nuova, di amore ai problemi concreti.
    xii. Che il nuovo movimento socialista italiano non dovrà esser frutto di appiccicature di partiti e partitelli ormai sepolti, ma organismo nuovo dai piedi al capo, sintesi federativa di tutte le forze che si battono per la causa della libertà e del lavoro.
    xiii.Che è assurdo imporre a così gigantesco moto di masse una unica filosofia, un unico schema, una sola divisa intellettuale.
    Il primo liberalismo ha da attuarsi all'interno.
    Le tesi sono tredici. Il tredici porta fortuna.
    Chi vivrà vedrà."

    Noi abbiamo visto. Aveva ragione.

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  6. Cercherò di spiegarmi meglio.
    Quando parlo di liberismo parlo di REGOLE.
    Uno Stato liberista non è uno Stato debole.Tutt'altro. E' uno Stato forte nel far rispettare le regole del mercato: divieto a posizioni dominanti,per impedire che si creino rendite monopolistiche a danno dei consumatori; trasparenza nei mercati finanziari,per evitare che pochi si arricchiscano a scapito dei "non addetti". In uno Stato liberista le autorità preposte alla regolamentazione dei mercati(Antitrust,Consob,ecc..)sono forti e indipendenti dalla politica.
    Queste dovrebbero essere le basi del liberismo. Questo in Italia non esiste. Per questo vorrei una sinistra nuova in campo, contro i rigurgiti neo-statalisti di Tremonti e Bossi, stranamente a braccetto con le posizioni dei no-global!
    Un'altro appunto: la visione marxista del lavoro si concentra sulla produzione,sul conflitto di classe all'interno del sistema produttivo. Sarebbe ora di aggiornarla: l'individuo si caratterizza anche come consumatore e contribuente,non solo come ingranaggio di un sistema.
    Simone

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  7. Dopo questi chiarimenti, credo che la divergenza tra le nostre posizioni si assottigli decisamente. Entrambi, mi pare di capire, non ci accontentiamo della retorica del "laissez-faire" e pretendiamo l'elaborazione - da parte del legislatore - di regole rigorose, la cui applicazione competa però ad autorità indipendenti e non soggette al ricatto della politica. Questo liberismo "riveduto e corretto" - regolato, contraddistinto da un intelligente bilanciamento dei poteri e distante dalle teorie economiche attualmente in voga - è, come tu dici, sconosciuto alla realtà italiana. Se è questo che intendi per "accettare la sfida del mercato", trovi in me un sostenitore.
    Sulla visione marxista, pur riconoscendo che l'armamentario linguistico ed ideologico sia inadeguato alla realtà socio-economica attuale, credo che l'aggiornamento che chiedi - la posizione di consumatore e contribuente - non rovesci ma si sommi al sistema di divisione del lavoro, a scapito proprio delle classi meno abbienti: ma su questo sono pronto ad uno scambio di opinioni che, se sei d'accordo, potremo avviare in un altro post.

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  8. Rileggendo il mio ultimo post mi sono accorto di un imperdonabile errore grammaticale: ho scritto UN'ALTRO, e se mi leggesse il mio vecchio prof. di italiano mi riporterebbe in aula di forza!..ovviamente non era un errore voluto!
    Cmq sono contento di aver potuto discutere liberamente di questi temi con Riccardo e ok se vorrai approfondire il tema sul marxismo o le ideologie.
    Grazie.
    Simone

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  9. Per SIMONE e RICCARDO: COMPLIMENTI RAGAZZI! E'stato un piacere intellettuale seguire il vostro dibattito, politico-economico-filosofico. Spero che lo continuiate. Mi rivolgo a chi PARLA SPESSO DI... "RINNOVAMENTO" (il "rimbombo" e' arrivato sin qui, in cima alla Rocca). Questi sono i giovani (ce ne sono altri MA NON MOLTI) che danno speranza al futuro degli ideali Socialisti e Liberali, non solo perche' giovani ma, soprattutto, perche' validi e capaci. L'invito a venirmi a trovare alla Rocca e' esteso, naturalmente, ad entrambi. Mi auguro che la mia generazione sia, almeno, capace di mantenere vivo un movimento liberalsocialista nel nostro Paese e, quindi, di consentire che le vostre idee "contino", in futuro, sempre di piu'. Serve non tanto a voi ma all'Italia! Un'ultima cosa la voglio dire a Simone. Non devi preccuparti per un apostrofo di troppo. Sapessi quanti... politici d'oggi SOFFRONO CON... L'APOSTROFO!! Rocca di Radicofani, addi 8/10/2008 d.C. GdTj

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  10. GdTj ha perfettamente ragione. Ultimamente mi capita di dargliela un po' troppo spesso. Stavolta di una cosa si e', pero', dimenticato: chiedere a Simone di fare la... DOPPIA TESSERA anche perche', altrimenti, che... RADICALE e'?? Ivo

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  11. Non entro nel merito della discussione, riservandomi di farlo quando sarà aperto il post previsto da Riccardo. Anticipo soltanto che sento un certo odore di naftalina come capita a volte avvicinando anziane signore in pelliccia... :-)
    Intervengo solo per dire che la giusta richiesta del Segretario vale, naturalmente, nei due sensi: socialisti, Riccardo in primis, fate la doppia tessera altrimenti che socialisti siete?
    Adelio

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  12. Scusa Adelio ma perche' devi assumere, sempre e per forza, il ruolo del... dissacrante "bastian contrario"? Come puoi sentire "odore di naftalina" in un dibattito, ben argomentato, tra liberismo e liberalsocialismo?? Altro che "vecchia Signora con la pelliccia", qui si corre il rischio di tornare al... "montone" del neo statalismo americano! Comunque ne riparleremo. Sottoscrivo, invece, la richesta "incrociata" di doppia tessera. GdTj mi ha chiesto di dirti che lui ha gia' provveduto ma anche che sarebbe ora di concretizzare uno slogan di un Congresso Radicale: "DALL'ANTAGONISTA RADICALE AL PROTAGONISTA SOCIALISTA". Un saluto a tutti, Laico, Liberale, Socialista e Radicale. Ivo

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  13. Hai perfettamente ragione Ivo, ma che ci vuoi fare è più forte di me, non ce la faccio!
    Tutti i giorni davanti allo specchio faccio delle prove di comportamento politicaly correct: inizio a parlare dicendo “mi consenta”, cerco di parlare a bassa voce e di stamparmi in faccia un sorriso ebete (tipo Prodi per intendersi), mi rivolgo al mio interlocutore con termini del tipo “il mio illustre collega” o “il mio giovane amico” e, soprattutto, cerco di parlare a lungo senza dire niente, ecc…
    Studio, mi applico, mi sforzo, ma poi, al dunque, non ci riesco, è più forte di me!
    Prende il sopravvento l’abitudine (il vizio?) di dire sempre quello che penso, cercando costantemente un punto di crisi, l’esplicitazione di un conflitto nascosto o intrinseco nella comunicazione, utilizzando tecniche di falsificazione capaci di produrre la maggior quantità possibile di informazione. Popper e Pannella sono stati i miei maestri e cambiare questa specie di imprinting primordiale mi riesce davvero difficile.

    Mi ricordo di quella volta, molti anni fa, partecipavo per la prima volta ad una riunione nazionale dei radicali. Una di quelle riunioni che si svolgono, generalmente, dal venerdì alla domenica, con una frequenza di, almeno, 5 o 6 volte l’anno. Pannella è costantemente presente per tutto il tempo e non l’ho mai visto prendere un appunto.
    In quella circostanza, dunque, il venerdì sera, feci un intervento critico nei confronti di non ricordo quale iniziativa si intendesse prendere, la domenica mattina Pannella mi massacrò riprendendo quello che avevo detto. Per inciso l’unica cosa che non ricordava bene era il mio nome: mi chiamava Adelchi.
    In una pausa per il caffè (all’epoca non c’era bisogno di uscire per fumare…) gli andai incontro e gli dissi che avrebbe potuto essere più tenero nei confronti di un giovane (ebbene sì, lo sono stato anch’io!) che si affacciava per la prima volta alla vita del partito. Pannella mi rispose che avrei dovuto essere orgoglioso che mi aveva risposto perché questo significava che rispettava la mia argomentazione, reputandola appunto degna di una risposta.

    Da lì ho capito che solo nel conflitto apertamente vissuto si può raggiungere la possibilità di un confronto serio. Il rispetto per gli interlocutori passa, non già da un formalistico atteggiamento “buonista”, ma dal riconoscimento di una fondatezza delle loro opinioni che, pertanto, meritano di essere discusse e confrontate, senza infingimenti, con le mie. Mi sento molto meno rispettato da chi mi ignora, piuttosto che da chi mi risponde, anche in modo franco e brutale.
    Il limite che ho sempre molto chiaramente presente è quello per cui è necessario distinguere sempre l’errore dall’errante, cioè giudicare e criticare le idee, i comportamenti delle persone e mai la loro identità. Posso, anche aspramente, dire “tu pensi cose sbagliate” o “tu fai cose sbagliate”, ma non posso mai dire “tu sei sbagliato”.

    Questa è la mia etica. So che questo non farà mai di me un politico “politicante” e, pertanto, sto cercando di correggermi. Studio, mi applico, ma proprio non ci riesco, è più forte di me!

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