lunedì 13 ottobre 2008

*Cosa resta in busta paga?*

di Paola Pilati - da www.espresso.repubblica.it
13 Ottobre 2008


Chi ci rimetterà con il nuovo modello contrattuale? Come saranno calcolati gli aumenti anti-inflazione? Lo Stato risarcirà i dipendenti? Tutti gli scenari della riforma che cambierà gli stipendi.
Emma vacci piano, ammoniscono dalla Fiat. Guglielmo dove ci stiamo cacciando?, chiedono allo stato maggiore del Pd. Preoccupata dalla minaccia di un accordo separato sul nuovo contratto lanciato dalla volitiva presidente della Confindustria Emma Marcegaglia, l'ala nobile degli imprenditori ha raccomandato prudenza. E altrettanto hanno fatto i vertici del centrosinistra all'indirizzo della Cgil, sul cui segretario Epifani continuano a piombare le ansiose telefonate di Veltroni, Franceschini, Enrico Letta. Anche Cisl e Uil, nel frattempo, hanno abbassato i toni, e aderendo allo sciopero unitario sulla scuola hanno lanciato un segnale inequivoco: firmare da soli per sancire le nuove regole dei contratti sarebbe un suicidio. Soprattutto a queste condizioni. Quel che infatti il sindacato non ha chiarito, e che gli industriali non hanno interesse a fare, è chi vince e chi perde in questa partita. Come si tradurranno le nuove regole per le varie categorie di lavoratori. E come cambierà il rapporto di potere in fabbrica nel triangolo padrone-sindacato-operaio. Vediamo di capirlo.

Addio rituali La Banca d'Italia ha detto di no: interpellata da viale dell'Astronomia per confezionare le previsioni di andamento dell'inflazione su cui far muovere i contratti, non se l'è sentita. Sarà un altro istituto a farle (l'Isae?) e avrà una bella responsabilità. Sarà questa, infatti, l'unica benzina sicura che farà muovere gli stipendi per i tre anni del contratto nazionale. Niente più fumose riunioni su complicate piattaforme rivendicative, che magari andavano avanti per mesi: i rinnovi saranno quasi degli incontri notarili. Presa d'atto degli aumenti previsti, e via. La discussione potrà riguardare la cosiddetta parte normativa: orari, progressioni di carriera e simili, verosimilmente anch'essi sempre più esigui. I pugnaci sindacalisti di rango nazionale, abituati a incontrarsi-scontrarsi con i vertici dell'imprenditoria, vanno incontro a una perdita di ruolo da lettino dell'analista.
Quale inflazione? "Garantiamo un recupero sostanziale della perdita di potere d'acquisto", assicura il direttore generale Confindustria Maurizio Beretta, "ed è una copertura dall'inflazione maggiore di quella attuale". Nell'avverbio 'sostanziale' c'è la dinamite che sta facendo deflagrare i rapporti nella trattativa. In quell'inflazione sarà registrato l'effetto delle materie prime alimentari importate (esempio: il grano), ma tolto l'effetto dei prezzi dell'energia. In sostanza, si sceglie una via di mezzo tra l'inflazione programmata per restare nei limiti imposti dalla Bce (l'1,7 per quest'anno), quella effettiva che sarà più alta, e quella senza energia: il 2,6. "In questo modo il cittadino paga i rincari del petrolio in bolletta e anche nello stipendio", protesta Agostino Megale, segretario della Cgil che guida l'Ires, l'ufficio studi di Corso d'Italia, e ricorda che in base ai suoi conti le buste paga non hanno mai recuperato i 1.900 euro di potere d'acquisto persi tra il 2002 e il 2003 per via di una inflazione più alta del previsto.

Chi vince, chi perde In simili diatribe, non è facile ai comuni mortali vederci chiaro. Con la proposta confindustriale, tra il 2008 e il 2011 ci sarà una perdita per gli stipendi di 1.914 euro, accusano dalla Cgil. Niente affatto, ci sarà un aumento di 2.503 euro, ribadiscono gli industriali. E via con stime brandite come spade: l'inflazione del 2009 sarà del 3,2 per il sindacato, del 2,5 per la Confindustria. La realtà è che il meccanismo funziona come una scommessa."Diamo i soldi dell'inflazione futura in anticipo", fa notare Luca Paolazzi, direttore dell'Ufficio studi dell'organizzazione imprenditoriale, "e questo di fatto è quasi un meccanismo di scala mobile", afferma. E se le previsioni si rivelano sbagliate? "Ci sarà chi vince e chi perde", spiega Paolazzi, "ma non ha senso chiedere un recupero a posteriori".

Attacco al punto
Ma è da un altro meccanismo, più esoterico di quello della contingenza, che arrivano guai peggiori. A metà 2009, quando andranno a rinnovare il contratto con le nuove regole (sempre cha passino), se ne accorgeranno per primi gli alimentaristi: il valore punto sarà stato decapitato dai 17 euro attuali a 14,5. A ruota seguiranno i metalmeccanici con 2,20 euro in meno, da 17,55 a 15,35 (vedi grafico a pagina 151). E che cosa è il valore punto? È la base su cui calcola la crescita dell'inflazione. E poiché ogni categoria ha il suo, questo vuol dire che l'inflazione ha un peso diverso nelle buste paga di un chimico e, poniamo, di un lavoratore del commercio. Il valore punto differenziato stabilisce una gerarchia operaia? Nessuno lo ammetterà mai. Di fatto la Confindustria non punta a uniformarli, ma a decurtarli sì, e propone tagli che vanno dal 10 al 30 per cento. Chi ci rimetterà di più? "I lavoratori del settore pubblico e quelli dei trasporti", afferma Susanna Camusso, segretario della Cgil che segue la trattativa. E questo perché, mentre nell'industria il valore punto si è costruito inglobando mille voci della retribuzione che hanno rimpinguato la paga-base, per il pubblico questo non è mai avvenuto: il 30 per cento della paga di statali e addetti ai trasporti è fatto di voci accessorie che il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta non vede l'ora di rasoiare. Il risultato, per tutti, sarà una riduzione del salario. Ciò che si conquista con un meccanismo di inflazione più ricco di adesso, si perde per quest'altro verso.

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