mercoledì 6 agosto 2008

Primo piano - Partito Socialista



















Europee. Nencini: il 28 agosto iniziativa comune dei partiti contro la riforma elettorale

05/08/2008 -

«Il 28 agosto tutti i partiti che non condividono il ddl Calderoli di riforma del sistema elettorale per le Europee si ritrovino davanti a Palazzo Chigi per difendere la Repubblica fondata sulla partecipazione e dire no all'eliminazione della preferenza e all'introduzione dello sbarramento».
Lo scrive, in una lettera aperta inviata stamani a numerosi leaders di partiti di opposizione e di maggioranza (tra cui Walter Veltroni, Pierferdinando Casini, Paolo Ferrero, Oliviero Diliberto, Grazia Francescato, Claudio Fava, Stefano De Luca, Stefano Caldoro e Francesco Nucara), Riccardo Nencini, segretario nazionale del Partito Socialista.
L'invito di Nencini è quello di assumere «un'iniziativa comune a tutte le forze che hanno a cuore i principi della partecipazione e della rappresentanza fissati nella Carta costituzionale» e di promuovere, nello stesso giorno in cui dovrebbe riunirsi il Consiglio dei ministri per l'esame del ddl Calderoli, una sorta di "Comitato promotore per le riforme costituzionali" «che si opponga a qualsiasi tentativo di impedire a milioni di elettori di partecipare alla vita politica di questo Paese». «In Europa – conclude Nencini - non c'è da eleggere un governo ed assicurare la governabilità, ma solo da garantire la rappresentanza.
Non è vero infatti che la preferenza sia stata eliminata ovunque, perché questa esiste in più della metà degli Stati europei; così come non è vero che ovunque esiste uno sbarramento, presente solo in dieci Paesi su ventisette. Senza considerare poi che queste saranno le ultime elezioni con leggi nazionali, visto che nel 2014 sarà predisposto un sistema elettorale valido per tutti i Paesi chiamati al voto».

News

Morti sul lavoro. Di Lello: sanzioni penali per imprenditori che non rispettano norme di sicurezza

05/08/2008 -

Fa più morti in Italia il lavoro nero che non la guerra in Iraq: è questa la riflessione - amara - di Marco Di Lello, coordinatore nazionale del Partito Socialista sui dati resi noti oggi dal Censis sulle cosiddette morti bianche.
In un paese che si definisce civile e progredito non ci si può che vergognare dinanzi a numeri che ci pongono ben al di sopra di Germania Francia e Spagna e che denunciano una sottovalutazione da parte del legislatore. A questo punto il governo non può continuare a fare la parte dello struzzo ed è chiamato a decidere: o continuare a sostenere univocamente gli interessi della grande impresa, contraria
ad ogni sanzione penale per gli imprenditori che sfruttano manovalanza senza alcuna garanzia, o scegliere, finalmente, di tutelare anche i lavoratori prevedendo pesanti sanzioni per i datori di lavoro che non rispettano le norme di sicurezza, o non ne impongono l'osservanza. Anche per questo, nell'ambito della campagna autunnale per un nuovo Statuto dei lavori e dei Lavoratori i socialisti proporranno l'approvazione di nuove norme volte a sanzionare, anche penalmente oltre che pecuniariamente, il comportamento di imprenditori senza scrupoli.

Solgenitsyn. Nencini, vie dedicate allo scrittore anziche' a Lenin e Stalin

05/08/2008 -

«Vie e piazze intitolate a Solgenitsyn al posto delle tante che in Italia ancora resistono dedicate a Lenin, Stalin e ai loro epigoni del comunismo internazionale».
A proporlo è Riccardo Nencini, segretario del Partito Socialista, all'indomani della scomparsa del grande scrittore russo. «Onoriamo la memoria – dice Nencini – di colui che con le sue opere scosse le coscienze di milioni di persone, ma la cui testimonianza fu anche aspramente criticata da autorevolissimi esponenti di una parte della sinistra nel nostro Paese. Scrivere il nome di Solgenitsyn sulle targhe di tante vie e piazze italiane significherebbe cancellare le ombre del passato ed intonare un inno alla libertà rivolto alle generazioni presenti e future».

Etica e politica: dopo la votazione in Parlamento i laici, gli integralisti e i fuggitivi.

di Mauro Del Bue


Oggi, e le votazioni in Parlamento sul caso Englaro lo dimostrano, i partiti stanno diventando, quasi tutti per la verità, esclusivamente contenitori elettorali. Partono dal presupposto che ciò che conta è aggregare consensi, non importa come, e competere per la guida del Paese. Questo è certo facilitato da una legge elettorale che unisce sbarramento e premio di maggioranza, cosa che rappresenta un‘anomalia italiana, l’ennesima. Ma non c’è dubbio che l’idea che i partiti non debbano più rappresentare visioni di società è passata come un approdo di modernità e di rinnovamento. In fondo, si dice, sono morte le ideologie, e allora perché dividerci ancora con parametri del passato? E qui si commette un grande errore, un errore di confusione che purtroppo ci viene continuamente propinato. Sono morte le ideologie, ma non le idee, e neppure le identità. Oggi è giusto che non esistano più partiti ideologici (a parte il fatto che il Pdci che vuole la Costituente comunista e usa il centralismo democratico e si vanta di ispirarsi al marxismo-leninismo, nonchè l’ultima versione di Rifondazione con il nuovo segretario Ferrero che non vuole, contrariamente a Vendola e a Bertinotti, superare il comunismo, lo sono ancora, eccome). Ma il dramma è che sono stati formati, e questo solo in Italia, nell’epoca post-ideologica, partiti senza identità. Solo in Italia la fine delle grandi contrapposizioni ideologiche ha segnato anche la fine delle identità politiche. Il Popolo delle libertà, sul conflitto di attribuzioni con la Cassazione, che aveva accolto il ricorso avanzato dal padre di Eluana, ha votato in larga parte a favore, non smentendo così la sua vocazione prevalentemente integralista e antiliberale (compreso, dispiace dirlo, ma è così, il suo capogruppo Fabrizio Cicchitto), mentre il Partito democratico è uscito dall’aula per non dividersi tra l’area laica e quella integralista. Parlo di laici e di integralisti e non di laici e di cattolici. Si può infatti essere cattolici e anche laici (come la maggior parte di coloro che ha votato a favore delle leggi sul divorzio nel 1974 e dell’aborto nel 1981) e si può anche essere non cattolici e integralisti. E non parlo solo di esponenti di altre religioni, è ovvio, ma anche di non credenti che si ispirano ad ideologie totalitarie e illiberali. C’è una forma di integralismo insopportabile nelle decisioni del governo cinese di imporre l’aborto per calmierare le nascite. La laicità è libertà e rispetto di tutte le idee e le convinzioni religiose ed etiche su valori non comunemente accettati. Voglio dire che si può non essere “relativisti etici” se di deve scegliere tra “l’ammazzare e il non ammazzare”, dunque, diciamo, tra l’etica di Osama Bin Laden e quella di Gandhi. Ma si deve essere a favore del rispetto etico sulle questioni non comunemente accettate, e che si riferiscono a valori imposti dalla fede o dalle fedi: la natura umana o meno dell’embrione, se la vita appartenga a noi o a un‘entità superiore, il valore, per la coppia, del contratto matrimoniale, la pratica o meno dell’omosessualità, per non parlare della scelta tra feto e madre o della indissolubilità del matrimonio. Ebbene, su questa questione che è centrale anche oggi, e le vicende della libertà della ricerca scientifica, assieme alle nuove scoperte, porteranno sempre più a discutere di tutto questo, in Italia vi sono o partiti lacerati che non possono esprimersi o partiti divisi al loro interno.
Ma la politica cos’è? Sono diventato socialista perché mi consideravo di sinistra, ma non accettavo la mancanza di libertà del comunismo. E anche sui diritti civili ho sposato appieno le posizioni di Loris Fortuna che ho conosciuto e stimato. Fortuna era un autonomista come Bettino Craxi e tra le libertà che ci separavano dai comunisti c’era anche questa: quella di poter divorziare, quella di permettere di abortire per salvare la vita di una donna esposta al rito degli aborti clandestini, quella di potere decidere anche della propria morte, senza che un tribunale di impietosi giudici decidesse della nostra vita, uccidendo anche la volontà di ognuno di noi. I comunisti tentennavano, noi e i radicali eravamo in prima fila. La grande battaglia contro le superstizioni, che conducemmo assieme a Marco Pannella in particolare, fanno parte del nostro miglior patrimonio. Erano le battaglie di un Psi, che era anche un partito di cattolici, ma non rinunciava alla sua laicità. E i cattolici che vi aderivano lo facevano proprio per questo: perché si consideravano cattolici liberali. La stessa cosa non si può dire del Pd. Anche il Pd è un partito composto da cattolici e da non cattolici. Ma sulle decisioni importanti non trova una posizione, se non la mediazione. E la mediazione dei principi è impossibile.
Se non fuggendo, appunto, e lavandosene le mani come Ponzio Pilato.

I SOCIALISTI PER L'ASSEMBLEA COSTITUENTE.
Una grande battaglia per cambiare il paese e migliorare la politica.

Di Roberto Biscardini


Dai primi anni ’90 la democrazia italiana ha subito un processo di continuo indebolimento e deterioramento. Oggi se non è in pericolo, è almeno in sonno. Ne sono una riprova evidente la crisi dello Stato nazionale e locale, la debolezza delle sue istituzioni, i conflitti ormai permanenti, su tutto e su ciascuna cosa, tra diversi organi e settori dello Stato, il conflitto tra sistema politico e magistratura, la crisi del sistema dell’informazione, la distanza ormai insostenibile tra costituzione formale e costituzione materiale. Il solco tra cittadini e istituzione si è allargato, una credibilità dello Stato è sempre minore. Viviamo al confine di un vero e proprio collasso e il sistema politico discute dei pannicelli caldi e inutili delle riforme elettorali. Sul versante della politica, i partiti della Costituzione del ‘48 non esistono più, sono implosi, e i nuovi per ragioni diverse nella Costituzione in vigore fanno fatica a riconoscersi. Non sono né suoi padri né suoi figli. Non a caso proprio i partiti che hanno le maggiori responsabilità della vita politica degli ultimi quindici anni, quelli che hanno introdotto extra legem le modifiche più sostanziali alla Costituzione formale, non hanno avuto nè il coraggio, né le capacita di affrontare la questione di una grande riforma organica della Costituzione, pur ritenuta necessaria.
Sicchè, siamo in un sistema parlamentare, ma di fatto i cittadini votano direttamente il Capo del Governo, che sentendosi a sua volta eletto direttamente dal popolo è portato a rispondergli direttamente anche scavalcando il confronto parlamentare. Siamo in un sistema ibrido, mezzo parlamentare e mezzo presidenziale sia a livello nazionale che a livello locale. I parlamentari, dentro una cornice costituzionale pensata per un sistema proporzionale e con voto di preferenza, sono viceversa nominati direttamente dalle segreterie dei partiti, sottratti alla sovranità popolare, rispondono e obbediscono al capo piuttosto che rappresentare la Nazione senza vincolo di mandato. Il sistema maggioritario, con annesso bipolarismo, pensato per garantire la governabilità e la stabilità di governo, non solo non l’ha garantita, ma ha indebolito le prerogative del Parlamento, senza più controbilanciamenti tra potere legislativo e potere esecutivo.
In sintesi, se da un lato questo sistema politico ha sempre riconosciuto la necessita di una grande riforma costituzionale, dall’altro non è mai stato in grado di farla. Tutti i tentati per via parlamentare sono falliti. Fallite le bicamerali, Fallite le riforme fatte in Parlamento. Con ciò dimostrando che il bipolarismo all’italiana, introdotto con le leggi elettorali dal 1994 in poi, venduto agli elettori come lo strumento politico più efficace per fare le riforme, non solo non le ha fatte, ma non ha consentito a nessuna legislatura di essere costituenti. Di fronte all’impotenza politica, buona per fare accordi ai danni degli altri, ma che condanna il paese all’immobilismo e ad un sistema politico ormai bloccato, bisogna reagire appellandosi alla sovranità popolare. Ciò che non è riuscito a fare il Parlamento, il sistema debole e incerto dei partiti, possono farlo i cittadini. In tanti modi, ma per prima cosa eleggendo direttamente e con sistema proporzionale un’Assemblea Costituente che, tempo un anno, sottraendo la Costituzione ad un Parlamento eletto con sistema maggioritario, alle logiche interne agli equilibri di governo e al conflitto fra gli schieramenti, approvi il testo di una nuova Costituzione, definisca la forma di Stato e di governo, la cornice di riferimento per la modernizzazione e il cambiamento del paese. Per questa ragione i socialisti promuoveranno la nascita di un Comitato per l’Assemblea Costituente che avrà il compito di presentare al Parlamento una proposta di legge di iniziativa popolare per l’elezione di un’Assemblea Costituente della Repubblica italiana, così come avvenne nel ’46, ridando al popolo il potere di proposta legislativa che già la nostra Costituzione consente. Dopo sessant’anni, ciò rappresenta la più straordinaria risposta della sovranità popolare alla debolezza del sistema politico. Sistema politico, che ha costruito le condizioni della propria durevole sopravvivenza, ma non quelle di riempire il vuoto istituzionale in cui ci siamo infilati.
Un’Assemblea Costituente separata dal Parlamento e dall’attività legislativa di governo, con eletti che non potranno cumulare questo incarico con altri, ne tanto meno essere parlamentari. Eletta direttamente con sistema proporzionale, in rappresentanza di tutte le istanze ideali e politiche della comunità nazionale, espressione della politica e della cultura istituzionale. Il Parlamento continuerà il suo lavoro, continuerà a fare leggi, l’Assemblea Costituente farà la grande riforma definendo le regole fondamentali su cui si dovrà identificare lo Stato nuovo. E’ una proposta che può crescere e che può avere oggi un consenso che non ebbe negli anni passati.

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