lunedì 18 agosto 2008

Gli italiani fatti "a fette" - http://www.aprileonline.info

Gli italiani fatti "a fette"

Mauro Valiani, 18 agosto 2008, 16:06

Gli italiani fatti I servizi socio sanitari della destra: un mix tra i nostri anni '50 e l'America di Bush. Questo governo, con proposte, leggi o battute, aggiunge ogni giorno nuovi tasselli alla definizione di una diversa costituzione materiale del nostro paese

L'ultima uscita del ministro Sacconi in materia di servizi sanitari e sociali è titolata: "Spazio a mutue e polizze sanitarie" (Il Sole 24Ore, 4.8.08). Molti passaggi di questa intervista sono ambigui, ma la sostanza è chiara: vogliamo "fondi sanitari, mutue e assicurazioni private". Non c'è male nell'anno del trentesimo anniversario della legge 833 (chi ricorda la riforma sanitaria?). Può ben accennare, il ministro, a queste nuove iniziative come integrative e non sostitutive del servizio sanitario nazionale, ma ciò che ci presenta è un modello di welfare che "non sia tutto a carico del servizio pubblico"; un nuovo (cioè vecchio, come un ritorno agli anni '50) modello legato a contratti collettivi di lavoro dei diversi settori.

Questo governo concepisce un popolo italiano "a fette", dove i diritti fondamentali della persona dipendono dalla "categoria" che per fortuna o sfortuna ognuno di noi si trova ad occupare. Con buona pace dell'art. 3 della Costituzione. Naturalmente, da bravi gestori delle ingiustizie e dei privilegi correnti, non li sfiora neanche il sospetto che il pesante problema storico dell'Italia (ancora di più che gli altri paesi occidentali...) è il drammatico incremento delle disuguaglianze. Disuguaglianze ingiuste, in termini di salute o di accesso ai servizi delle diverse categorie sociali. E il ministro dice, fra l'irridente e il minaccioso, che vuole "un welfare delle opportunità e non degli interventi paternalistici".

Il quadro è ancora più fosco se consideriamo che il governo (anche in seguito ad un pronunciamento della Corte dei Conti), si prepara, dopo il blocco della proposta di LEA (una lista di servizi e interventi che dovrebbero costituire i cosiddetti livelli essenziali di assistenza sanitaria) costruita dal precedente governo, ad una riscrittura dei "livelli di riferimento delle prestazioni sanitarie", naturalmente al ribasso. Tra queste "eccessivamente generose" prestazioni, vi sono cose molto concrete e assolutamente fondamentali, quali, ad esempio, l'assistenza protesica per le categorie sociali particolarmente svantaggiate.
Pensiamo, ancora, ai tagli della finanziaria di Tremonti recentemente approvati anche per la sanità e ad altre uscite dello stesso ministro Sacconi in cui si manifestava il gradimento per trasformazioni della gestione ospedaliera con Società per Azioni, ma, attenzione, il documento fondamentale di riferimento, il libretto ideologico più importante, è il cosiddetto "Libro Verde sul futuro del modello sociale". Qui, in una forma ancora una volta ambigua e melliflua, si concepisce uno scenario che in passate epoche si sarebbe definito "da incubo" per il nostro paese. Si mira ad un salto storico dove farla finita di "dare troppo a tutti".

Si inizia con la proposta di prestazioni collegate al possesso e alla ricerca attiva di un lavoro (il cosiddetto workfare, chiodo fisso di ogni moderato), insieme a qualche elargizione compassionevole agli indigenti (per la "povertà assoluta"). E poi, avanti verso un grande trasferimento ai privati (1), in modo molto più organico rispetto al Berlusconi II (2).

In una recente intervista Sacconi dice esplicitamente, insieme ad una insistenza da "stato etico" circa la necessità di adottare stili di vita sani, che la "funzione risarcitoria tradizionale del welfare non viene meno, deve però essere ridimensionata".
Come ha scritto recentemente Roberto Romano sul Manifesto, questa politica di sussidiarietà verticale spinta consiste in "un'equiparazione tra pubblico e privato nel campo dell'erogazione dei cosiddetti servizi universali. Ma tra privato e pubblico c'è una differenza sostanziale. Il secondo è soggetto a vincoli comunitari e interni attraverso il Patto di stabilità, mentre i privati possono erogare servizi senza vincoli di carattere giuridico, con tutti i problemi economici che i beni di merito manifestano, ovvero che è l'offerta a creare la domanda. (vedi le vicende delle cliniche private in Lombardia). Sostanzialmente il «modello Sacconi» si prefigura come un progetto politico a tutto tondo in cui il privato, diversamente rappresentato, assume lo stesso spessore giuridico della pubblica amministrazione. Se il progetto «culturale» e «organizzativo» dovesse compiersi, sarebbe difficile recuperare terreno".

I sindacati non possono limitarsi a criticare il pur impressionante accenno all'innalzamento dell'età pensionabile. Giustamente la Funzione Pubblica CGIL denuncia che "ciò che prefigura il Ministro Sacconi non é la razionalizzazione ed il miglior impiego delle risorse attualmente previste per il sistema sanitario integrato pubblico/convenzione/privato, ma la definitiva scomparsa del Servizio Sanitario Nazionale quale istituzione democratica ed universalista a garanzia del diritto costituzionale alla salute per tutti i cittadini". Letta e Treu (Europa, 26.7 e 7.8) lasciano intendere timide aperture, qualche "accomodamento". La sinistra dovrebbe invece sviluppare con decisione la critica di questo testo. Ancora una volta è necessaria una rinnovata campagna di massa di denuncia, resistenza e di ricostruzione di una proposta universalista ed efficiente di welfare, a partire da un grande sostegno agli attuali servizi pubblici e agli operatori che, con grandi difficoltà, assicurano questi "livelli di civiltà"; che, purtroppo, rischiano di essere compresi appieno nel loro valore quando - e se - il "progetto Sacconi & C." sarà compiuto.


sanitari integrativi del servizio pubblico al fine di orientare e convogliare la spesa privata verso una modalità di raccolta dei finanziamenti..." (p. 21)".
(1) = "Lo sviluppo del pilastro privato complementare è un passaggio essenziale per la riqualificazione della spesa e la modernizzazione del nostro Welfare. L'eccessiva intermediazione dello Stato nella predisposizione dei redditi per la quiescenza impedisce lo sviluppo di istituti redistributivo-assistenziali per i quali quella intermediazione è essenziale. Questi istituti non possono prescindere dalla fiscalità generale, sia che questa vada a finanziamento di produzione diretta di beni e servizi sia che essa finanzi deduzioni/detrazioni o voucher a sostegno di scelte dei cittadini, individuali o associate. Lo sviluppo dei fondi su base contrattuale, delle forme di mutualità, delle assicurazioni individuali o collettive può essere la risposta alle limitate risorse pubbliche e alla domanda di accesso a maggiori servizi" (p. 20). Pertanto "occorre dare, dunque, maggiore impulso allo sviluppo della previdenza complementare nonché ai fondi sanitari integrativi del servizio pubblico al fine di orientare e convogliare la spesa privata verso una modalità di raccolta dei finanziamenti..." (p. 21)".

(2) = Nelle ultime pagine si afferma tranquillamente: "Il finanziamento dei servizi di protezione sociale è già oggi caratterizzato da un significativo concorso dei soggetti privati. Essi tuttavia vi concorrono spesso in modo disordinato e alla lunga insostenibile... Il principio ispiratore deve essere lo stesso che ha già trovato ampi consensi e qualche positiva realizzazione nel caso del sistema previdenziale".

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