domenica 21 settembre 2008

*Legge Merlin - Nel '58 l'Italia dice addio alle case chiuse*

Il 20 settembre 1958, dopo un iter legislativo durato un decennio, entrava in vigore la Legge Merlin. Tra proteste e polemiche, l’Italia diceva addio alle case di tolleranza.
di Cecilia Dalla Negra - sabato 20 settembre 2008 - http://www.fondazioneitaliani.it

linamerlin.jpgUNA LEGGE, TANTE POLEMICHE - È la Gazzetta Ufficiale numero 55 del 4 marzo 1958 a mettere nero su bianco la lotta tenace e individuale di una senatrice che, con una controversa proposta di legge, ha affrontato ostacoli e contrasti lunghi un decennio, scardinando gli usi e i costumi della società italiana. Lina Merlin, prima donna italiana ad entrare in Senato, membro dell’Assemblea Costituente ed eletta nelle fila del Partito Socialista, è stata madre di numerose e sagge iniziative. Ma il suo nome resta inscindibilmente legato alla famigerata Legge n.75 - proposta in Senato nel 1948 ma approvata solo 10 anni dopo - con cui l’Italia dice addio alla prostituzione regolamentata dallo Stato, e chiude a doppia mandata le porte delle case di tolleranza. Un rapporto fruttuoso e consolidato nel tempo, quello fra lo Stato e il “meretricio”, regolato e ammesso in Italia sin dall’antichità.

Nel 1400 inoltrato il Regno delle Due Sicilie concedeva una “reale patente” per l’esercizio del “lupanare pubblico”, e lo stesso valeva per la caotica Venezia, o per l’austero Regno di Sardegna. Con l’unità d’Italia del 1860 la pratica da parte statale di concedere licenze e stabilire le tariffe per l’esercizio della “professione più antica del mondo” diviene pratica diffusa su tutto il territorio. È con il governo di Francesco Crispi che vengono inaugurate e poste sotto il controllo statale le case di tolleranza. Luoghi di piacere per uomini annoiati dalla quiete familiare, bordelli in quel gergo che si crede volgare, e che invece trae le sue origini dal francese “au bord de l’eau” (a bordo dell’acqua), per la posizione lungo la Senna dove si trovano nell’ottocento i più prestigiosi casini parigini. Luoghi che oggi ricorrono nell’immaginario collettivo, nei racconti di generazioni invecchiate in un paese dove la prostituzione non si poteva nominare, ma si poteva esercitare al sicuro da sguardi indiscreti, nel discreto essere “chiuse” delle case di tolleranza. Una pratica antica e imperitura, quella che vede la donna vendere il proprio corpo per scelta o necessità, assai spesso costretta da chi di quel corpo si approfitta; che attraverso culture ed epoche è stata croce e delizia di mogli e mariti, dea, oggetto sacro, morbo della civiltà; contenitore e sponda del disagio sociale, orrore da rimuovere, offesa al pubblico pudore, pubblico piacere offerto a poco prezzo. La “bocca di rosa” cantata da Fabrizio De André che “l’amore lo fa per passione”, che porta scompiglio fra le comari di paese ma gioia a uomini ingrigiti, la cui versione contemporanea – insieme a molte altre cose – ha perso quel romanticismo immaginifico per finire dritta dentro pantaloncini attillati lungo i guardrail della Salaria.

COSTANTE SOCIALE - Una costante dunque, che si è portata dietro da sempre un rapporto con l’istituzione che è talvolta dialogo, talaltra rifiuto, a seconda del comune sentire, degli usi e costumi delle società che ha attraversato. L’ultima puntata di questo alterco fra Stato e esercizio del “mestiere” vede in prima linea il ministro per le pari opportunità Mara Carfagna, che con il suo giro di vite rende reato la prostituzione e il clientelaggio, passibili entrambi di condanne non trascurabili. Quando è Lina Merlin, ex partigiana classe 1887, ad affrontare per la prima volta l’argomento, contro la sua proposta di legge si scatenano le ire maschili popolari ma non solo. Una serie di ostacoli sottoposti dagli scranni parlamentari, che permetteranno la chiusura dei bordelli a 10 anni dall’ideazione della legge. Oltre 560 su tutto il territorio nazionale. tariffariocasetolleranza.jpg
A dare il commiato ai luoghi di piacere per eccellenza sono le righe sconsolate e nostalgiche di Dino Buzzati, o le pietre scagliate da Indro Montanelli nel suo libello “Addio Wanda!”. Scrive il primo che “la legge Merlin ha troncato un filone di civiltà erotica che veniva trasmesso, con la parola e con l’esempio, di generazione in generazione, alimentando un’arte spesso raffinata che temo si sia ormai persa per sempre, un immenso capitale di cultura mai più recuperato”. Montanelli, dal canto suo, mal cela l’arrabbiatura per la decisione della socialista attribuendole nientemeno che la caduta irrecuperabile dei valori nazionali. “La famiglia all’italiana – scriverà – funziona solo finché le figlie sono vergini, cioè finché hanno dinnanzi agli occhi lo spauracchio del lupanare, in caso di deviazione (…). L’Italia è destinata a diventare un paese dove la condizione di “vergine” non esiste, così come non esiste quella di “puttana”, tutte le donne essendo accomunate in un limbo intermedio”.

MERLIN, MOLTO ALTRO - Una legge turbolenta dunque, per la vita stessa della parlamentare che sarà fatta oggetto di minacce, privata del tentativo di comprendere quale genere di convinzione fosse alla base delle sue iniziative. Se è vero infatti che Lina Merlin è ricordata prevalentemente per aver reso la prostituzione un reato, è vero anche che si devono a lei alcuni importanti passi di civiltà compiuti dall’Italia in quegli anni. È sua l’iniziativa che abolisce l’infamante e fastidiosa dicitura “figlio di N.N.”, che veniva posta in calce agli atti anagrafici dei bambini abbandonati, così come l’equiparazione dal punto di vista fiscale dei figli naturali e di quelli legittimi. E ancora, la legge sulle adozioni che finalmente annulla le differenze fra figli propri e adottati, oltre all’abolizione della “clausola di nubilato” nei contratti di lavoro, che imponeva il licenziamento alle lavoratrici qualora volessero sposarsi.
Militante intransigente e appassionata, vedeva come intollerabile per la società del suo tempo quella “tolleranza” borghese e ipocrita, che non concedeva di parlare della prostituzione, ma accettava che il corpo delle donne fosse messo in vendita nel chiuso dei bordelli, con tariffe regolate dallo Stato. Una mancanza di rispetto per la donna ed il suo corpo che alla Socialista “pasionaria” doveva sembrare insopportabile, se per dieci lunghi anni ha riproposto ad ogni legislatura il suo disegno di legge, sino all’approvazione.

linamerlin2.jpgStracciò la tessera del Partito Socialista quando le fecero presente che non avrebbero sostenuto oltre la sua candidatura, alla luce delle troppe polemiche che aveva sollevato. “Fascisti rilegittimati, analfabeti politici e servitori dello stalinismo”, chiosò contro chi non l’aveva capita, ma non potendo far altro che assecondarla nell’emanazione di una legge cui difficilmente negli anni a venire i governi di turno avrebbero messo mano.
Succede oggi, con un inasprimento della lettura del fenomeno che suona come l’ennesimo allarme sociale lanciato, e che dà la misura dei tempi che cambiano, insieme al giudizio nei confronti di chi rispetto alla maggioranza della società era e resta Altro, in un tempo lontano amato e onorato, oggi capro espiatorio per nefandezza e declino.

Cecilia Dalla Negra

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