lunedì 1 settembre 2008

*Don Sciortino........ Craxi e Berlinguer*


1978: Don Sciortino Sarebbe Stato Con Craxi o Con Berlinguer
------------------- Occorre rendere merito al Giornale che ha ricordato una particolare ricorrenza politica di trenta anni fa. Il 27 agosto del 1978, usciva sull'Espresso, diretto in quel tempo da Livio Zanetti, un articolo firmato dall'allora giovane segretario del Psi, Bettino Craxi, con questo titolo: "Il vangelo socialista". Quel testo fu il frutto di un lungo lavoro all'interno dell'ala autonomista del Psi e fu scritto da un bravissimo sociologo, Luciano Pellicani. In quel periodo storico italiano, quell'articolo fu una "bomba" che esplose a sinistra, nei rapporti tra Pci e Psi, tra Enrico Berlinguer e Bettino Craxi. Vale la pena di riassumerla brevemente e di ricordare qualche retroscena. In quel "pezzo", Craxi prendeva definitivamente e decisamente le distanze, non solo dal Pci, ma dalla storia e dall'ideologia comunista. L'articolo faceva un esplicito riferimento al socialismo, definito utopistico dai marxisti, di Pierre Joseph Proudhon e attaccava l'ideologia di ispirazione marxiana di Lenin, mettendo pure in discussione il ruolo della Rivoluzione d' Ottobre.

Il 1978 era stato un anno poco fortunato per il Pci. In agosto si era ancora reduci dalla tragedia di Aldo Moro e il Pci stava abbandonando anche i sogni di compromesso storico e di eurocomunismo, con un ritorno alle sue consuete posizioni di opposizione di classe. Berlinguer rispose in modo furibondo all'articolo di Bettino Craxi, ribadendo l'attualità del leninismo e il ruolo insostituibile della Rivoluzione d'Ottobre. Ma non fu il solo, il segretario del Pci, a schierarsi con l'ortodossia leninista. Critiche a Craxi vennero anche dai cosiddetti "padri nobili" della sinistra italiana. Si pensi a Vittorio Foa, oppure al socialista, di estrazione azionista, Francesco De Martino. Craxi non solo fu demonizzato, ma pure irriso da tutta la pubblicistica, anche borghese, dell'epoca, compreso ovviamente qualche cattolico di complemento.
Forse pochi ricordano che quel 1978 veniva dopo un periglioso 1977 per il Pci, quando si era messo apertamente a boicottare la "Biennale del dissenso" organizzata con tenacia da Carlo Ripa di Meana. Ma più in generale, a cavallo tra il 1977 e il 1978, c'era stata una grande iniziativa politica del Psi di Craxi, che voleva "ritornare alla radici" del socialismo italiano, alla "via maestra" di Filippo Turati, distinguendosi in modo definitivo dal movimento comunista italiano e internazionale.

Chi scrive si ricorda la primavera del 1978, con l'angoscia del "caso Moro" ancora davanti agli occhi, e un Craxi che confidava, nei suoi lunedì milanesi al ristorante "Al Mattarell": "Ma perché nelle sezioni del Psi ci sono quadri di Lenin, di Marx, di Che Guevara? Che cosa c'entrano questi con la nostra tradizione? Perché non ci sono le immagini di Turati, Matteotti, Golda Meir e Willy Brandt?". Sembrava scatenato e determinato in quel tempo Bettino e incalzava tutti gli amici: "Il simbolo del partito, con la falce e martello, non c'entra nulla con la tradizione socialista. I socialisti usavano il garofano all'occhiello". E poi Craxi rievocava Giuseppe Garibaldi, quando nell'Internazionale condannava il "comunismo nero". Ricordava il socialismo utopistico di Proudhon e di Louis Blanc: "I martiti della Comune di Pargi erano tutti prudhoniani e blanquisti. Di marxisti non ce ne era neppure uno in giro e nessuno di loro fu massacrato".
È in quel periodo che Craxi pensa alla grande svolta storica del socialismo italiano, pensa alla corrente dei "riformisti", che fece andare fuori dai gangheri anche la sinistra interna, che voleva la definizione di "riformatori", considerando un insulto il termine riformista. Ed è appunto in quel periodo che matura la svolta del 27 agosto con l'articolo sull'Espresso. Detto questo ci si permettano alcune considerazioni. Berlinguer, che difese il leninismo e la Rivoluzione d'Ottobre morì pochi anni dopo, lanciando la "questione morale" e la "diversità comunista ", forse partorendo anche il "figliastro" giustizialismo degli anni Novanta. Ma Berlinguer è ancora oggi "idealizzato" come leader "puro" e quasi "santificato". Craxi, che prese le distanze dal comunismo, è morto nel 2000 ad Hammameth. Secondo il sottoscritto come "esule politico", secondo Antonio Di Pietro e la sua variopinta tribù come "latitante", secondo la versione ufficiale dell'allora governo di centrosinistra, come "latitante che però aveva diritto a un funerale di Stato". Insomma un po' di confusione.


Nel frattempo, da quel 27 agosto del 1978, è caduto il Pcus, il leninismo, il marxismo, l'Urss, il comunismo, il Pci, la "cosa", il Pds e i Ds. Chissà se c'è qualcuno che sta ripensando a tutta la vicenda? Chissà per quale ragione, alla fine, a chi scrive viene in mente: ma con chi sarebbe stato, a quell'epoca, nella polemica tra Craxi e Berlinguer, il direttore di Famiglia cristiana, l'integerrimo don Sciortino così attento al ritorno di un fascismo mascherato? Don Sciortino sarebbe stato con Berlinguer-Lenin, oppure con Craxi-Proudhon?



Gianluigi Da Rold - 27 ago 2008

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