sabato 13 settembre 2008

*Europee, da martedì braccio di ferro*

Aldo Garzia,12 settembre 2008 - www.aprileonline.info

Politica/ Riforme elettorali


Europee, da marted� braccio di ferro Fronte comune contro la proposta di riforma della legge elettorale per le europee che il governo si appresta a predisporre. Pd, Udc e i Socialisti sono d'accordo su una linea comune di opposizione alla riforma voluta dalla maggioranza di governo e sono pronti alle barricate in Parlamento per impedire l'eliminazione delle preferenze

Ermete Realacci, Pd, ministro ombra dell'Ambiente, è convinto che la riforma della legge elettorale per le europee annunciata dal governo serve solo ''a mettere in difficoltà l'Udc, che nel caso il quorum fosse fissato al 5% e fosse abolito il voto di preferenza, potrebbe avere difficoltà a eleggere propri rappresentati nel Parlamento di Bruxelles che fanno parte del Gruppo del Partito popolare europeo''.
Quella di Realacci è una spiegazione politica plausibile, dal momento che nel Parlamento europeo non si pongono quei problemi di efficienza, riduzione della frammentazione e governabilità che di solito ispirano le riforme elettorali.
L'Udc è del resto sottoposta a una sorta di pressing da quando il premier Silvio Berlusconi, all'inizio dell'estate, ha parlato di eventuali rimpasti di governo aperti al partito di Pier Ferdinando Casini (una eventualità subito rientrata per i malumori nelle fila della Lega e di Alleanza nazionale).

A riproporre con forza la questione della riforma della legge elettorale per le europee ci ha pensato l'esito del vertice di maggioranza che si è svolto a Palazzo Grazioli mercoledì sera. Andrea Ronchi, An, ministro per le Politiche comunitarie, è stato il primo a rivelare che nel summit si era trovato ''un accordo sinergico, di tutti, sulla proposta che è già stata presentata in Parlamento e che prevede lo sbarramento al 5% senza preferenze''. E' arrivata poi la precisazione di Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione legislativa, che ha chiarito che l'iter della riforma elettorale sarà parlamentare (quindi si partirà dalle proposte di legge presentate alle Camere dai partiti di maggioranza). Il governo rinuncia perciò a presentare un proprio disegno di legge.
Dietro le quinte del vertice di Palazzo Grazioli, ci sarebbe stato uno scambio tra Lega e Pdl: la prima ha rinunciato a difendere l'ipotesi di riforma della legge per le europee che prevedeva il quorum al 4% e il mantenimento di una sola preferenza (quella a cui aveva lavorato il ministro Calderoli) in cambio dell'accelerazione dell'iter che porterà al federalismo fiscale.

I primi a reagire all'annuncio di Ronchi e Calderoli sono stati i partiti attualmente esclusi dalla rappresentanza alla Camera e al Senato: Rifondazione, Partito socialista, Pdci, Sinistra democratica. Le quattro forze politiche, facendo fronte comune, sostengono che l'eventuale riforma ha il solo obiettivo di escludere la sinistra anche dal Parlamento di Bruxelles.
''Nel Parlamento europeo non esiste - spiega Claudio Grassi, Rifondazione - né un problema di governabilità poiché, come è noto, a Strasburgo non si eleggono governi, né di proliferazione di gruppi parlamentari poiché in Europa i gruppi sono sette e tali rimarranno a prescindere dalla legge elettorale in vigore nel nostro paese''.

Riccardo Nencini, neosegretario del Partito socialista, annuncia una forte mobilitazione: ''Il nostro appello è rivolto a tutte le forze politiche, associazioni, movimenti di opinione o semplici cittadini. Appare sempre più chiara la volontà del governo di lasciare agli elettori la sola prerogativa di ratificare decisioni già prese dalle segreterie dei partiti''.

Un no alle proposte della maggioranza viene anche da parte dell'opposizione presente in Parlamento. Per Pino Pisicchio, deputato dell'Italia dei valori, ''Dopo aver espropriato l'elettore del diritto di scegliere i propri parlamentari, si vuole rubare anche la scelta della rappresentanza in Europa.
Mi aspetto che tutte le opposizioni e i cittadini sappiano far sentire il loro basta''. Salvatore Vassallo, Pd, costituzionalista, tra gli esperti a cui di solito il partito di Walter Veltroni affida il compito di redigere le proposte di riforma elettorale, sostiene che il governo fa finta di ricercare un accordo in sede parlamentare ''perché già fa capire che potrebbe procedere da solo in caso di dissensi di merito''.

Il Pd punta i piedi soprattutto contro la proposta di abolire il voto di preferenza. ''Sarebbe un segnale assai negativo, in un momento di grave crisi della politica. I partiti non possono decidere da soli anche chi è eletto nel Parlamento europeo'', fa presente Realacci. Riguardo al problema del quorum, il Pd opta per una soglia da fissare al 3%. Ma una mediazione tra governo e opposizione potrebbe alla fine essere questa: se la maggioranza rinuncia all'abolizione della preferenza, il Pd accetterebbe un quorum fissato al 4%.

Si partirà comunque nel confronto parlamentare dall'ipotesi di soglia di sbarramento fissata al 5% e di abolizione delle preferenze. Il primo appuntamento è per martedì 16 settembre in Commissione Affari costituzionali, quando Peppino Calderisi (Pdl) - relatore di maggioranza sull'ipotesi di riforma - illustrerà la proposta di correzione della legge elettorale per le europee.

Cosa pensa l'Udc, il partito contro il quale sarebbe in realtà puntata l'ipotesi di riforma elettorale? Pier Ferdinando Casini si è detto disposto a discutere e a mediare sia sulla soglia di sbarramento sia sull'eventuale riscrittura delle circoscrizioni elettorali ma non sull'abolizione del voto di preferenza. ''Su quest'ultimo punto - conferma l'ex presidente della Camera - non è possibile alcun compromesso''.
L'Udc è disposta anche a praticare l'ostruzionismo parlamentare per evitare che le nomenclature dei partiti scelgano i propri rappresentanti a Bruxelles come già fanno nel Parlamento nazionale, avendo abolito il voto preferenza nell'elezione di Camera e Senato.

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