sabato 5 luglio 2008

1° CONGRESSO NAZIONALE, SI E' CONCLUSO IL DIBATTITO, NENCINI SEGRETARIO

1° Congresso del Partito Socialista "Riccardo Nencini"
eletto Segretario Nazionale
Sky Tg 24 intervista a Riccardo Nencini
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Riccardo Nencini è nato nel 1959 a Barberino di Mugello (FI).
Ha compiuto studi storici alla facoltà di Scienze Politiche ‘Cesare Alfieri’ di Firenze. L’Università di Leicester (UK),nel febbraio 2004 gli ha conferito la Laurea ad honorem in Lettere. Eletto alla Camera dei Deputati, poco più che trentenne, nel 1991.
Dal 1994 al 1999 è stato deputato europeo nelle file del gruppo PSE. Nel 2000 è stato eletto Presidente del Consiglio Regionale della Toscana, carica nella quale è stato riconfermato dopo le consultazioni regionali del 2005. Tra i fondatori del SI e dello SDI, il 5 luglio 2008 il Primo Congresso nazionale del Partito Socialista lo ha eletto all'unanimità alla carica di Segretario nazionale.
Riccardo Nencini si è distinto anche come scrittore. E’ autore dei saggi storici ‘Corrotti e corruttori nel tempo antico’ e ‘Il trionfo del trasformismo’, del romanzo storico “La battaglia Guelfi e Ghibellini a Campaldino nel sabato di San Barnaba" e di “Morirò in piedi – Oriana Fallaci”. Tra le sue opere il romanzo "Il giallo e il rosa" (vincitore del premio Bancarella Sport 1999) in cui racconta le gesta del celebre zio Gastone Nencini, uno dei più grandi ciclisti italiani di ogni epoca, l'erede di Coppi e Bartali, vincitore di un Giro d'Italia nel 1957 e di un Tour de France nel 1960.

Pia Locatelli ritira la sua candidatura.

Nencini eletto segretario

05/07/2008 - Pia Locatelli ha ritirato la propria candidatura alla segreteria del Partito Socialista. L'assemblea congressuale riunita in seduta serale ha dunque votato all'unanimità Riccardo Nencini Segretario Nazionale del Partito Socialista. Domani le elezioni degli organi e l'approvazione dello statuto del Partito.

Votato a larghissima maggioranza
Documento politico finale
domenica 6 luglio 2008

Documento Politico

Il Primo Congresso Nazionale del Partito Socialista riafferma le ragioni storiche e politiche dell’azione dei socialisti italiani. Il Partito Socialista nasce dalla convergenza di differenti tendenze culturali e politiche, ispirate al pensiero socialdemocratico, laico e liberalsocialista, sempre riconducibili alla tradizione democratica della sinistra riformista ed europea. Il socialismo italiano, nella continuità dei propri valori e princìpi fondanti, difende e promuove le libertà, la giustizia sociale, le pari opportunità, la pace e la sicurezza internazionale, lo sviluppo sostenibile, l’Europa come nuova dimensione dell’azione politica. Aggiorneremo i nostri programmi per tenere conto del mutamento sociale e tecnologico spinto dalla globalizzazione e delle sfide della modernità. I meriti e i bisogni, i diritti e i doveri devono trovare la loro espressione in una società aperta e plurale, libera e solidale.

Il nostro Partito, per svolgere la sua funzione, consapevole delle presenti difficoltà, riafferma con fermezza:
- la collocazione nella famiglia del socialismo europeo e internazionale;
- la rappresentanza degli interessi sociali deboli in una politica di sviluppo e modernizzazione della società;
- la sua autonomia politica e organizzativa, condizione necessaria per sviluppare il proprio progetto e la propria iniziativa;
- le garanzie di pluralismo e democrazia nella sua vita interna, essenziali anche per attuare con trasparenza ed efficacia il valore dell’unità del Partito.

La conoscenza della realtà, la comprensione del presente, l’individuazione di proposte e campagne da condurre nella società italiana rappresentano l’essenza di una nuova iniziativa socialista. Per superare la crisi di fiducia dei cittadini verso la politica, occorre che i partiti tornino a rappresentare interessi e ideali, e noi ci impegnamo a farlo, in particolare guardando al mondo del lavoro, dell’istruzione e della ricerca, della cultura, della nuova società multiculturale.

Vogliamo costruire un partito aperto e partecipato, con rappresentanza equilibrata tra i generi, capace di esprimere un’efficace politica nazionale e al tempo stesso di dotarsi di una forma federale che meglio rappresenti le istanze delle città e delle regioni, ed una struttura federativa che consenta l’espressione delle diversità e dei movimenti. Vogliamo contribuire a governare il cambiamento e ad offrire risposte e una proposta nuova per l’Italia. Convinti che ancora oggi la nostra società e la nostra democrazia abbia bisogno dei socialisti, e che anche in Italia come in Europa una sinistra credibile per la gente e alternativa alla destra non possa che essere socialista.

Il Partito non può rinchiudersi in sè stesso, deve aprirsi al mondo, parlare con tutti, confrontandosi in primo luogo con le forze della sinistra riformista, costruire alleanze per sconfiggere la crisi e cambiare il Paese. La crisi che noi denunciamo è istituzionale, economica e morale, essa dipende in primo luogo dalla debolezza della politica, che ha deluso e delude aspettative e necessità. Essa è responsabilità dei governi di centrodestra, ma anche di una sinistra che non ha saputo dimostrarsi affidabile e all’altezza delle sue promesse. Non si è creato un efficace bipolarismo, e il bipartitismo forzato di oggi aggrava la situazione. Per questo occorre costruire una sinistra di governo che oggi non c’è, e che non è riducibile alla politica del Partito Democratico, per le sue ambiguità e la sua incerta collocazione internazionale. Così come abbiamo affermato la nostra autonomia nelle ultime elezioni, la riaffermiamo oggi come condizione dell’essere del nuovo partito.
Questo è il nostro ruolo da sempre: il Partito Socialista vive solo se ha grandi obiettivi, muore se costretto alla mediocrità della gestione senza progetto.

Ordine del giorno
Il Congresso raccomanda il delegato Consiglio Nazionale ad approvare norme statutarie tese ad evitare situazioni di incompatibilità del tipo “controllore/controllato” tra organi politici e funzioni istituzionali, anche al fine di favorire il più ampio coinvolgimento degli iscritti nei ruoli di direzione politica.

Approvato Odg di solidarietà con popolo Sahrawi
L'assemblea congressuale del Partito Socialista riunita a Montecatini terme ha approvato con un lungo applauso all'unanimità un ordine del giorno di solidarietà con la causa del Popolo Sahrawi, presentato dall'eurodeputato Alessandro Battilocchio. Nel documento, il Congresso del Ps, chiede al governo italiano di agire, sia in seno all'Unione Europea che nel consiglio di sicurezza, per assicurare la protezione delle popolazioni vittime della repressione e delle torture nel Sahara Occidentale e perché venga effettuato nel tempo più breve possibile il referendum di autodeterminazione. Il Fronte polisario, partito di rappresentanza del popolo sahrawi, è entrato a far parte dell'Internazionale Socialista come osservatore nell'ultimo congresso di Atene.

Congresso Ps:
l'8 luglio i socialisti sfileranno per Napolitano
domenica 6 luglio 2008

"In silenzio, responsabilmente, con decisione e consapevolezza". Anche i Socialisti manifesteranno l'8 luglio, un'ora prima di Di Pietro, Flores D'Arcais, Pancho Pardi e girotondini. Lo faranno davanti al Quirinale, per testimoniare a Napolitano il loro rispetto e l'apprezzamento per la linea e i comportamenti, non solo perfetti dal punto di vista istituzionale, ma anche culturale e politico, che il Capo dello Stato ha tenuto di fronte alle ultime vicende. "Nel 60.mo anniversario della Costituzione vogliamo - ha detto Riccardo Nencini, segretario del Ps eletto ieri all'unanimita' nel corso del primo congresso Socialista a Montecatini Terme - contrapporre a Di Pietro che con il suo comportamento forza la mano alla magistratura e ai suoi sodali, alcuni dei quali sono arrivati a definire vergognoso il richiamo al ruolo costituzionale del Csm, la nostra solidarieta' a Napolitano, in difesa e a garanzia della Costituzione. Di Pietro gioca una partita di un giustizialismo becero nell'evidente convinzione di lucrare voti. Egli non gioca per vincere ma per crescere elettoralmente come forza politica a dispetto di ogni ipotesi concreta di alleanza alternativa e di governo".












Il giorno dei fischi a Veltroni, ma anche della riapertura del dialogo tra le forze riformiste.

Primo congresso nazionale. Si è concluso il dibattito

05/07/2008

Si è concluso il dibattito della seconda giornata del congresso nazionale del Partito Socialista. Oggi è stata il giorno dei fischi a Veltroni, ma anche quello in cui si è riaperto il dialogo tra il leader del Pd e i dirigenti del nascente Partito Socialista. Del resto anche Riccardo Nencini nella relazione di presentazione della sua mozione congressuale si era espresso per l'inizio di una nuova stagione di unità tra le forze riformiste. Al congresso di Montecatini durante la giornata sono intervenuti il capogruppo del Pse al Parlamento Europeo, Martin Schulz e molte delegazioni di partiti politici, tra le quali quella di Sd, con Pasqualina Napoletano e quella del Nuovo Psi, con Stefano Caldoro.

Il leader del PD contestato dalla platea congressuale
Veltroni: abbiamo radici comuni, ricostruiamo il nostro rapporto
sabato 5 luglio 2008

"A differenza di altri, che hanno mandato dei delegati, io sono qui di persona perche' ho rispetto per il vostro congresso'. Lo ha affermato il segretario del Pd, Walter Veltroni, intervenendo dal palco del congresso socialista. Veltroni ha dovuto aspettare qualche minuto prima di parlare, perche', come al suo arrivo, la platea ha iniziato a fischiarlo. Il segretario del Pd ha dunque sottolineato 'che nella storia del centrosinistra italiano ci sono stati molti momenti nei quali ci sono state divisioni e momenti in cui si e' espresso dissenso: proveniamo da una storia complicata e articolata ma che ha radici comuni'. 'La nostra storia e' fatta di lotte sindacali e di esperienze rappresentate dal comandante Ricci, che riguardano la lotta partigiana'. Infine, un omaggio direttamente alla storia socialista: 'La vostra tradizione – ha aggiunto Veltroni - ha per prima capito le ragioni che legano la giustizia alla domanda di liberta''. E citando il 1956: 'In quell'occasione hanno avuto ragione i socialisti'. Alcuni contestatori hanno interrotto il segretario del Pd quando ha affrontato il tema dei rapporti del Partito democratico con l'Italia dei valori di Di Pietro. E Veltroni e' costretto a uscire dagli argini del suo intervento per alzare lievemente il tono della voce e spiegare: 'non puo' essere che Di Pietro diventi nemico assoluto quando ci si e' governato insieme. Perche' gli italiani non capirebbero'. 'Comunque – ha concluso Veltroni - il mio discorso e' fatto per costruire un rapporto tra noi. Stiamo facendo uno sforzo importante per mettere in campo una stagione riformista'.

Salutiamo positivamente il fatto che l'on. Walter Veltroni sia venuto al Congresso del Partito socialista. Tuttavia il segretario del Pd si è ben guardato nel suo intervento di chiarire alla platea, perché questo si aspettavano i socialisti, perché solo pochi mesi fa ha ostinatamente rifiutato il collegamento per le elezioni con il Ps, collegandosi invece subito, senza esitazioni, con l'onorevole Di Pietro e l'Idv. Così facendo si è ben meritato i fischi e le disapprovazioni dalla platea del congresso".
E' quanto ha dichiarato l'onorevole Rapisardo Antinucci, parlamentare europeo del PS, a margine dei lavori del congresso nazionale del Ps in corso di svolgimento a Montecatini.

Sulle contestazioni a Veltroni è intervenuto il candidato alla segreteria Nencini: 'Si puo' dissentire fischiando una volta ed e' un modo civile di esprimere una opinione diversa. Se i fischi, invece, diventano un ragionamento e diventano un modo per evitare ad un altro di esprimersi, allora divergono dalla nostra storia e dall'educazione'.

'Posso capire ma sono sbagliati'. Cosi' l'ex vice presidente del Senato Gavino Angius, risponde a margine del congresso socialista, a chi gli chiede un commento sui fischi a Veltroni.
L'esponente socialista mette in evidenza 'il cambio di linea esplicito rispetto al passato' messo in campo dal leader del Pd.'Questo non significa che non ci siano delle differenze ma l'importante e' un confronto schietto e sincero'.
Per quanto riguarda la politica occorre un''intesa riformista' con il Partito Democratico cosi' come con l'Udc di Casini. E' questa la proposta lanciata da Gavino Angius, nel corso del suo intervento al congresso nazionale.
'Io auspico - prosegue - che si apra una fase di confronto per costruire un nucleo di forze riformiste autonome. Faccio riferimento al Pd cosi' come alle forze della sinistra che sono interessate'. Il progetto di un'intesa riformista deve essere nelle intenzioni di Angius 'candidato alla guida del Paese'. 'Riguarda- conclude - forze autenticamente riformiste che possono portare il loro contributo in piena autonomia'. Il progetto però non puo' includere l'Idv perche', spiega Angius 'Di Pietro ha un'altra cultura'.
Il dialogo con le altre forze riformiste puo' partire, osserva l'esponente socialista, dal confronto sulla modifica della legge elettorale.

'E' già capitato nella storia dei congressi socialisti che un ospite fosse fischiato', nota l'eurodeputato Alessandro Battilocchio. Quella socialista è una platea passionale, ma non credo che Veltroni ci sia rimasto male. Ho comunque apprezzato il fatto che sia: i motivi per i fischi c'erano, tuttavia alla base del nuovo riconoscimento di autonomia e identità che Veltroni ha voluto sottolineare nel suo intervento, l'auspicio è che si riprenda il dialogo. Da oggi parte una nuova fase, che auspico sia costruttiva soprattutto per le alleanze in vista delle prossime elezioni europee'.

Intervenendo subito dopo Walter Veltroni, Mauro Del Bue ha detto: 'E' facile riconoscere che i socialisti avevano ragione cinquanta anni fa, durante i fatti d'Ungheria, più difficile riconoscre che avevano ragione due mesi fa e che lui. Veltroni, ha commesso un errore grave, non solo verso i socialisti, ma anche verso il suo stesso partito. Lo avrebbe dovuto ammettere lealmente. Non lo ha fatto. Il dialogo col Pd, anche da parte di una forza modesta come la nostra, può essere riaperto solo ripartendo dal riconoscimento dell'errore. Scelga il Pd di creare un polo riformista e di superare questo assurdo bipartitismo e il Partito socialista batterà un colpo'.

Relazione congressuale
Battilocchio: sulla collocazione internazionale il Pd
è ondivago
sabato 5 luglio 2008
Care compagne e cari compagni, dall'entusiasmo di queste ore emerge un messaggio chiaro: i socialisti italiani hanno rialzato la testa!
Il socialismo del nostro Paese, come spesso e' accaduto nel passato ha vissuto un momento difficile ma siamo qui, con ostinazione per dimostrare che questa pianta antica e'ancora in grado di germogliare e di proiettarsi nel futuro. Ci siamo lasciati alle spalle il risultato elettorale di aprile conseguito nel mezzo di una fase di gestazione oggettivamente troppo lunga e con una proposta politica che non e' riuscita a trasmettere messaggi convincenti all'elettorato. Parliamoci chiaramente: tutti noi, all'indomani del pessimo risultato elettorale, ci siamo chiesti se fosse necessario ed opportuno mantenere in mare il nostro vascello. Se oggi siamo qui, così numerosi ed agguerriti, è solo per un motivo: perche', guardandoci attorno in patria e fuori, ci rendiamo conto che questo Paese ha uno straordinario bisogno di una forza che sia, semplicemente, Partito socialista. In tanti, anche dopo il voto, ci hanno chiesto di sciogliere le righe e di percorrere strade più agevoli e semplici:ma, con la solita dignità e senza pensarci, abbiamo rispedito al mittente le offerte di chi ci invitava ad ammainare bandiera. Paolo Coelho ci dice che "il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni": da Montecatini Terme si rimette in campo il sogno dei socialisti italiani che affonda le sue radici nel cuore genuino dell'Ottocento e si proietta prepotentemente verso il futuro.

Su tre punti ritengo che potremo impostare il nostro rilancio: proposta socialista, 'peculiarità Pse' e salto di qualità organizzativo. In primis sui temi, quindi, dobbiamo tornare a confrontarci dopo tanti anni in cui abbiamo ragionato solo per slogan, e spesso monotematici. Il nostro è un tempo di straordinario sviluppo che si accompagna ad esasperanti stagnazioni, di potenzialità che aprono un futuro migliore e di germi che recano minacce. Sono in agguato nuove tensioni, squilibri, rischi. La metà dei lavoratori globali - oltre 1 miliardo e mezzo di persone - vivono con meno di due dollari al giorno in condizioni di sottosviluppo e miseria in due terzi del mondo, milioni di uomini soffrono l'umiliazione della povertà, dell'emarginazione, della disoccupazione nelle stesse società ricche. Nella nostra Europa, uno dei posti più avanzati del pianeta, un sesto - 80 milioni di cittadini - vive sotto la soglia di povertà. Ma, senza social transfers, tale numero crescerebbe a 185 milioni, 40 per cento della popolazione. La globalizzazione ha rapidamente trasformato il mercato del lavoro europeo, causando una polarizzazione tra lavoratori non qualificati e lavoratori specializzati, tra vincitori e sconfitti, tra ricchi e poveri. Le disparità tra le retribuzioni sono aumentate considerevolmente e, nello stesso tempo, l'1 per cento più benestante ha più che raddoppiato la propria quota di ricchezza complessiva dall'8 per cento sul totale del 1990 al 17 per cento odierno.

Rispetto a questo quadro desolante i socialisti possono fare tutto, tranne rassegnarsi ed adattarsi. Noi siamo convinti che gli strumenti da utilizzare, i programmi da realizzare siano quelli scaturiti dal riformismo socialista nutrito oggi dai principi di convivenza del socialismo liberale. Da essi può discendere un progetto di attuale e ragionevole utopia: un modello aperto di società in cui l'impostazione tipicamente occidentale e moderna dell'autorealizzazione individuale diviene premessa di solidarietà e quindi di giustizia sociale e di protezione dei deboli e degli svantaggiati; l'utopia di una società fair, giusta, costruita da donne e uomini liberi. In questo contesto la solidarietà non è solo pretesa ad essere aiutati dagli altri quando si ha effettivo bisogno di aiuto, ma è anche in primo luogo rinuncia a tale pretesa, rinuncia ai fondi ed alle prestazioni degli altri, tutte le volte che si è in condizione di fare da soli.

Chi non può camminare da solo, deve essere messo in condizione di farlo; chi é in grado di usare le proprie gambe, non deve godere di agevolazioni pubbliche. Una svolta basata su concetti-cardine come merito, bisogno, talento, inclusione, competitività. Un nuovo e rinnovato programma riformista, che punti al cambiamento perché, si badi bene, essere socialisti e riformisti non significa essere contenti del mondo cosi come è. La natura del socialismo è proprio questa: partire dall'ideale ma comprendere il reale, inventare il futuro e lavorare nel presente, considerando le tensioni e le contraddizioni che si pongono di fronte all'uomo. Metteremo in campo nelle prossime settimane quattro panel di discussione e proposta inerenti innanzitutto il lavoro: i socialisti, diciamolo a voce alta, sono innanzitutto il Partito del lavoro. Sono senza dubbio cambiate le condizioni e lo sfruttamento non avviene più magari nei campi e nelle officine ma nei call centers delle grandi città. Sono tuttavia evidenti le carenze di un sistema incrostato e statico che perde competitività ogni giorno. Troppi morti sul lavoro: una carneficina indegna che, ministro Bossi, riguarda troppo spesso lavoratori extra-comunitari pagati pochi spiccioli per lavori massacranti. Proponiamo nuove norme sulla sicurezza dei posti di lavoro, salario minimo, stop Ue agli stipendi sotto-dimensionati, lotta al lavoro minorile, alle interpretazioni estensive del precariato ed alle pratiche abusive di lavoro, fine delle discriminazioni di genere. Per tutto questo sarà indispensabile che, come accade in tutta Europa, al fianco di un grande Partito socialista ci sia un grande sindacato che, nel rispetto dei ruoli, condivida valori e battaglie: per questo ribadisco che é fondamentale che i compagni della Uil siano protagonisti a partire da subito della nostra grande scommessa. Porteremo avanti una complessiva iniziativa sulla scuola che deve, senza dubbio, essere pubblica, ma deve essere soprattutto di qualità. Spetta al sistema scolastico nel suo insieme garantire e realizzare l'eguaglianza delle opportunità, e quindi neutralizzare il peso delle differenti condizioni economiche e sociali ai fini dei punti di possibile arrivo; adeguare il bagaglio culturale e formativo alle innovazioni che si susseguono, ma trasmettere e valorizzare allo stesso tempo la nostra eredità culturale, tutelando il delicato equilibrio fra identità nazionale e rispetto delle diversità di una società che si avvia ad essere multietnica e multirazziale; stimolare la propensione alla creatività, alla originalità, alla inventività nella formazione di tutti gli studenti e non soltanto nella preparazione dei ricercatori. La nostra Università, spesso ridotta a mero esamificio accentua in molti casi gli squilibri. Lo fa in primo luogo a causa dello scambio perverso tra tasse ridotte e servizi scadenti, che avvantaggia gli studenti dei ceti medi superiori, dotati di risorse e stimoli culturali addizionali e comprime a percentuali basse gli studenti, e ancor più i laureati, provenienti dai ceti più sfavoriti. Ispirandoci a Tony Blair, avanziamo cinque proposte concrete: aumento della retribuzione degli insegnanti a livelli medi europei, un computer in ogni classe, introduzione di borse di studio statali per merito, collegamenti internazionali delle scuole superiori e degli Atenei, promozione capillare di stages formativi nelle imprese. Una piccola rivoluzione socialista attuabile con risorse limitate.

Sosterremo poi panel di discussione e confronto sui temi del recupero del potere d'acquisto delle famiglie e sulla necessità di dare nuovo impulso al ricambio generazionale in tutti i settori delle vita nazionale.

Io mi impegno ad aggiungere una iniziativa di riflessione sull'Europa che sta vivendo un momento topico della propria esistenza: il voto, per molti aspetti paradossale, dell'Irlanda pone interrogativi per il futuro dell'Unione. Noi socialisti siamo stati i primi a credere nella importanza dell'integrazione europea: nel 1979 lo slogan del tesseramento del Psi fu 'Europei perché socialisti'. Dobbiamo rilanciare il cammino dell'Europa, purtroppo chiamata in ballo sempre e solo in occasione di qualche scandalo, delle quote latte e del caro-Euro e non per spiegare, specialmente alle nuove leve, le tante opportunità legate all'appartenenza all'UE. Un'Europa che, senza dubbio, deve essere meno burocratica e tecnica e parlare più spesso un linguaggio legato alle esigenze quotidiane della gente: dopo aver costruito l'Europa dell'euro e della finanza, il nuovo challenge è costruire finalmente l'Europa degli Europei. Attenzione per, viviamo in un ambito a 27 in cui sono cadute le barriere e ci troviamo con mezzo miliardo di persone che con noi condividono un contesto politico ed economico: aumenta la possibilità di interazione e di collaborazione ma aumenta anche la competition interna (ed io ho visto come gli universitari di Varsavia, di Bucarest, di Bratislava, di Budapest, di Valletta stanno entrando con celerità e preparazione nei meccanismi comunitari) e noi, che troppo spesso consideriamo l'Europa come un quid astruso e distante, dobbiamo farci trovare preparati ed essere all'altezza della nuova situazione.

Proprio con Bruxelles, come socialisti, dovremo consolidare un asse portante del nuovo Partito. Lo diciamo a voce alta, senza se e senza ma:noi siamo stati, siamo e vogliamo rimanere per sempre nel Partito Socialista Europeo. Il Pse è una grande famiglia di valori, che comprende anime con storie, tradizioni, culture ed esperienze differenti: ci ritroviamo in pieno nelle conclusioni del Congresso di Oporto che delineano la prospettiva di una nuova Europa sociale, che premi e valorizzi le eccellenze e difenda gli sconfitti, i disagiati, gli ultimi. Registriamo su questo aspetto una impostazione ondivaga degli amici del Pd: voglio essere chiaro su questo punto. Vista la situazione del nostro Paese, tutto il Parlamento europeo sorride all'idea, piuttosto presuntuosa, di dover esportare in Europa la confusione italiana: pretendere una casa su misura per il Pd, per non scontentare i democristiani della Margherita mi sembra davvero assurdo. La casa e la casacca dei riformisti europei è una e si chiama Pse. Il nostro auspicio è che anche il Pd sciolga il nodo riguardo a questo aspetto. Fioroni dice che loro sono già una volta passati dal Ppe ai banchi dei liberali e da lì non vogliono muoversi, altri a sinistra dicono che sono già passati una volta dal gruppo comunista ai banchi del gruppo socialista e da lì non vogliono muoversi: finirà che per mettersi seduti i democratici le sedie dovranno portarsele da casa!

In questa indecisione il Pd rischia di finire come l'asino di Buridano, che, incerto fino alla fine se mangiare la balla di fieno a destra o a sinistra, alla fine morì di fame.

Il terzo punto di forza della nostra nuova fase dovrà essere una organizzazione snella, agile, decentrata: organismi locali che debbono rappresentare una novità nei metodi, nelle idee, nelle persone. Io,lo dico a voce alta, credo che il nostro partito abbia bisogno di tante donne e tanti giovani. Il nuovo segretario dovrà dare spazio a nuove energie presenti nel Partito: una nuova generazione di socialisti è pronta a rimboccarsi le maniche ed a mettersi al lavoro per dimostrare che il seme del socialismo in Italia non è morto, che la storia non può essere cancellata e che quell'idea che ha ispirato in oltre un secolo di storia la passioni di milioni di militanti è ancora in grado di ispirare impegno e passione genuina.

Se lo metta bene in testa Veltroni, se lo metta bene in testa Berlusconi: noi siamo determinati a tornare a vincere. Noi non molliamo! Dice Nelson Mandela che 'un vincente é un sognatore che non si arrende mai' ma, come dicevo all'inizio, sognare, per un socialista, non è utopia ma una proiezione d'avvenire, un vedere le cose non come sono ma come si vorrebbe che fossero e lavorare per raggiungere il traguardo. Poniamoci un obiettivo ambizioso, compagni: far sì che l'idea più antica e nobile della politica italiana, torni a dare un'emozione nuova e vibrante agli italiani. Sarà dura, sarà durissima, come spesso è accaduto nella nostra storia avremo tanti nemici di fronte ma possiamo e dobbiamo dare un futuro al socialismo di questo Paese: subito al lavoro, dunque, e come dice una nota canzone 'se sapremo far tutto, o forse niente, da domani si vedrà'. Dipende solo da noi ed a ciascuno di noi spetta vincere la sfida. Dopo questo congresso,dopo aver parlato con centinaia di voi, ho una certezza: alla faccia di tanti detrattori, anche stavolta ce la faremo.

A Riccardo, nostro capitano, chiediamo di mettercela tutta per ridare sprint a questo equipaggio che ha una gran voglia di tornare a salpare. E' ora di levare le ancore, e scrutare l'orizzonte. Il nostro sarà un vascello corsaro ed audace. Nel famoso libro di Luis Sepulveda il gatto dice alla Gabbianella: 'Vola solo chi osa volare'. Con questo spirito i socialisti sono pronti a rompere gli ormeggi e percorrere, a vele spiegate, le rotte del Futuro. Socialisti di tutta Italia,Sempre Avanti!

Relazione congressuale
Craxi: anche in Italia il socialismo, come in Europa
sabato 5 luglio 2008
Care compagne, cari compagni,
siamo tutti consapevoli della difficilissima sfida che abbiamo di fronte. Essa riguarda la crisi del socialismo italiano, quella della sinistra italiana e, più in generale, quella italiana. Mentre alle prime due compete soltanto a noi riuscire a dare delle risposte soddisfacenti, unendo un sano realismo ad una robusta dose di autocritica, la crisi italiana è quella che oggi preoccupa di più, poiché alimenta il nostro bisogno di essere forza politica attiva e classe dirigente in grado di dare il proprio contributo decisivo alla soluzione dei problemi del nostro tempo. Per questo motivo, vale fino ad un certo punto interrogarsi sulla grave situazione in cui ci siamo trovati, sconfitti per la seconda volta nel giro di pochi decenni e, questa volta, addirittura non portando responsabilità politiche evidenti, ma semplicemente per aver scelto non la solitudine politica, ma le ragioni della storia, dell'identità e della dignità. Per questo, la nostra assenza parlamentare oggi dev'essere vissuta non come un arretramento delle nostre idee, ma come una linea coerente di difesa della nostra storia, della nostra identità, che è quella del più antico partito della democrazia italiana, la più importante esperienza politica della sinistra in Europa e nel mondo. In ben altre circostanze avremmo voluto celebrare il nostro Congresso. Esso, d'altronde, cade in un momento assai delicato per la vita del Paese e rappesenta la giusta e doverosa riflessione che deve guidare con intelligenza questa nostra testimonianza e volontà di non venir meno agli impegni assunti un anno orsono: un impegno di unità politica dei socialisti italiani, un impegno di costruire una forza politica antica che sappia impegnarsi ed affrontare in modo nuovo e convincente i nuovi problemi della nostra società.

Noi sappiamo di vivere lo splendido paradosso di chi riconosce al riformismo socialista il merito di aver saputo cogliere, nei migliori momenti della sua storia, l'essenza dei problemi della società italiana e di aver cercato di offrire risposte adeguate per il governo di una società moderna: è il paradosso di chi sa che, oggi, la pratica, il metodo e l'attitudine riformista, almeno nelle affermazioni di principio, appartengono alla cultura di riferimento delle forze che si alternano alla guida del Governo. E che la forma organizzata del riformismo moderno, che dovrebbe avere nel socialismo italiano il suo fulcro, soccombe, anzi sparisce, dinanzi alla nuova società politica che avanza. Potremmo accontentarci di far sopravvivere le nostre idee in qualche contenitore politico o elettorale, rinunciando al nostro essere comunità cancellando anche gli onesti sforzi che sono stati compiuti in questi quindici anni per mantenere in vita un soggetto politico tradizionale, figlio di una stagione e di una cultura politica che non c'è più e che non sembra essere più adatta ai tempi che cambiano. Io penso, in tutta onestà, che seguire questa tentazione possa apparire la strada più suggestiva ed anche la più comoda. Ma penso anche che questo abbandono del proprio compito, politico e storico, equivarrebbe non solo ad un tradimento della propria storia, personale e collettiva, ma ad un errore tragico di prospettiva dell'avvenire della democrazia e della sinistra italiana, che presto o tardi si troverà nuovamente a fare i conti con quell'inevasa questione socialista che noi continuiamo a sollecitare come la questione politica decisiva e fondamentale della democrazia italiana. Essa non rivive come una risposta 'politicista' alla crisi di identità del più grande partito della sinistra italiana, che pure non potrà sopravvivere a lungo senza un confronto serio e definitivo con la più grande famiglia politica della sinistra europea, che è e resterà quella socialista ed alla quale non può essere richiesta alcuna trasformazione ideologica o semantica, perché il socialismo democratico nel mondo ha vinto le sue sfide e le sue battaglie ed ha resistito e sconfitto, nella sinistra del mondo, la tentazione totalitarisa rappresentata dalla grande famiglia del comunismo internazionale.

La questione socialista si può riproporre per la nostra capacità di indicare l'agenda politica dei principali problemi che riguardano le nostre società e che la vittoria delle destre non ha affatto risolto o saputo governare, lasciando sul terreno non solo lo spazio ma l'obbligo, per i socialisti democratici, di svolgere un ruolo attivo propositivo decisivo. In Italia vi è un deficit di natura democratica: è un deficit vistoso, enorme, e sta sotto ai nostri occhi: il fallimento del bipolarismo, insieme a quello di dare una struttura forzatamente bipartitica alla nostra democrazia ci richiama all'evidenza di adeguare sul piano istituzionale e costituzionale la nostra democrazia. Essa non può reggere a lungo a continui cambiamenti in corso d'opera che vengono effettuati per dare successive coperture alle diverse fasi politiche che abbiamo vissuto nella lunga transizione italiana. E con le elezioni dello scorso aprile non si è affatto conclusa questa transizione, semmai si sono riproposti con maggiore evidenza i più concreti rischi di un'ulteriore instabilità politica ed istituzionale dopo le fratture che non furono sanate in seguito alla rottura democratica del '92 e '94. C'è un problema di instabilità e di squilibrio fra i poteri dello Stato. Essi non riguardano soltanto l'uso distorto del potere giudiziario e la sua influenza sul potere politico, ma anche i tentativi del potere politico di mettersi al riparo da essi lasciando intatte tutte le prerogative di autonomia dei giudici, che verrebbero sempre di più esaltate da uno scontro politico senza precedenti e dagli esiti tutt'altro che scontati. Questo modo di essere della società italiana e della società politica italiana, che si è adeguata all'idea che esista un potere irresponsabile che decide le sorti della della democrazia parlamentare, del Governo, dei singoli esponenti politici e che tiene sulla graticola per oltre un decennio l'uomo forte della politica italiana, non piace, non può piacere, non convince.

Non piace neanche l'idea che la legittimità politica e democratica possa piegare a convenienza personale la legge, trascinando verso un conflitto mortale la democrazia ed obbligando i cittadini ad assistere attoniti allo stesso spettacolo dopo quindici anni e, come in uno spettacolo televisivo, prenderne parte schierandosi, ritenendo che essa sia la lotta del bene contro il male, nella convinzione di ciascuno di rappresentare il bene assoluto. Noi avvertimmo per primi che l'Italia si stava avviando verso la barbarie, che lo scontro politico che vide trionfare la magistratura unita al potere mediatico avrebbe aperto le porte ad 'nuovismo' fragile ed inconsistente, che avrebbe indebolito in maniera pressoché irreversibile le fondamenta non solo dello Stato di diritto, ma anche della stessa democrazia. Dentro questa scomparsa socialista non ci sono soltanto gli errori nostri e ciò che abbiamo saputo salvare e recuperare nel naufragio. Ma c'è - ed è evidente - la volontà di cancellare i testimoni scomodi di un'epoca, le prime vittime sacrificali di una rottura politica che ha aperto le strade ad una situazione confusa, squilibrata, rischiosa per le anomalie che essa stessa ha continuato a perpetuare, per la debolezza politica che produce e che è uno dei grandi fattori negativi che incombe su una stagione economica tutt'altro che positiva. Per questo, penso che da questo Congresso socialista noi dobbiamo mandare un segnale politico forte, chiaro, alto. Per noi, che abbiamo pagato per primi un uso spropositato della giustizia - un conto molto più salato di altri - e per la nostra vicenda, che tante volte è stata usata in questi anni per difendere questioni di altra natura, noi invochiamo che si dica la parola fine su questa infinita querelle che oppone politica e magistratura e che si apra un terreno di dialogo per delle riforme vere, un capitolo nuovo, e che intorno a questo non vi siano ripensamenti sulla strada del confronto e della convergenza politica fra maggioranza ed opposizione. Veltroni non faccia il passo del gambero: isoli nella sinistra chi si oppone a questa necessità ed apra una nuova stagione politica anche nella sinistra italiana. Egli può star certo che i socialisti, rinnovati e rafforzati, sapranno cogliere questa occasione.

C'è un problema di pluralismo politico, di difesa delle prerogative, anche qui costituzionali, dei cittadini, che si sono trovati nuovamente dinanzi ad un parlamento non democraticamente eletto ma politicamente nominato da una ridotta 'casta', in questo caso una ridottissima elìte che ha deciso, sostanzialmente, la composizione dei nuovi legislatori in barba a qualsiasi regola democratica ed eludendo principì sacrosanti in democrazia: quello della libertà di scegliere i propri eletti e quello della rappresentatività democratica, di un diritto all'accesso politico che non può essere cancellato come è stato fatto nell'ultima campagna elettorale, la quale ha assunto toni da vero e proprio regime totalitario attraverso il bombardamento ossessivo operato dai media di Stato e da quelli controllati dal maggior leader dell'opposizione. Un bombardamento che obbligava tutti al cosiddetto 'voto utile'. C'è dunque un problema di democrazia delle regole e di nuove regole della democrazia politica e della democrazia economica. Queste ultime diverranno sempre più fondamentali innanzi ai periodi di crisi che dovremo affrontare, in cui le tentazioni di approfittare della fragilità degli organi di controllo dello Stato si moltiplicheranno come si sono moltiplicati, in questi anni, i vistosi casi di speculazione finanziaria ai danni dei cittadini, eludendo clamorosamente ogni regola del mercato e della libera concorrenza.

Lo sforzo di semplificare un sistema normativo che, troppo spesso, ha frenato ogni capacità di intraprendere, ostacolando lo sviluppo, non può e non deve coincidere con l'esaltazione e la pretesa di sciogliere il vincolo che lega indissolubilmente il mondo del lavoro a quello dell'impresa lasciando al solo mercato il compito di definire regole e obiettivi.

C'è inoltre una questione legata al nostro essere parte di una Unione più grande, l'Europa, e alle enormi difficoltà che, oggi, quest'Unione sta attraversando nella necessità di comprendere che essa è ancora la frontiera di un possibile cambiamento e che un suo ulteriore indebolimento inevitabilmente finirà per travolgerci.

L'Europa è stata una grande conquista socialista. Non è un caso che uno dei padri di Maastricht militi assieme a noi.

L'Unione non è soltanto lo strumento per promuovere e diffondere la pace, la democrazia e l'apertura dei mercati, ma resta l'unica utopia politica ancora capace di promuovere ed influenzare i cambiamenti globali nel nuovo secolo, di diffondere non solo quei principi e valori fondamentali di eguaglianza, tolleranza e progresso, ma può ancora contribuire a ricostituire, anche in democrazie in crisi come la nostra, il veicolo fiduciario fra cittadini e governanti.

La nostra capacità politica, parlo delle forze socialiste, riformiste e democratiche, deve essere dunque quella di esercitare un'influenza decisiva per una fiducia rinnovata in un Europa in grando di fondare una nuova 'missione' dell'Europa, che non resusciti il Trattato di Lisbona ma che riscriva un nuovo patto, una nuova missione 'tarata' sul mondo nuovo che è di fronte a noi. Rafforzare i vincoli e le opportunità che derivano dalla nuova Europa può mettere in crisi coloro che si attendono, come fa Tremonti parafrasando il vecchio Marx, che presto o tardi anche l'Europa, come il capitalismo, cadrà in contraddizione. Cavalcare le ansie e le paure rafforzerà sicuramente i partiti dell'euroscetticismo, incoraggerà politiche protezionistiche e difensive di fronte all'avanzare impetuoso della globalizzazione.

Ma questo genere di risposte politiche hanno il respiro corto.

Rilanciare una centralità democratica e non burocratica dell'Europa e la sua capacità di governo dei processi di globalizzazione attraverso la restituzione di una responsabilità effettiva al potere politico, sottraendolo dalla morsa del burocratismo e delle sole fredde regole del mercato: questa è la sfida! Una sfida in cui i socialisti si oppongono ai conservatori ed in cui i primi devono avere il "coraggio di fare la differenza", come recitava lo slogan del Congresso della nostra Internazionale, ovvero il coraggio di far coincidere gli interessi generali dei più deboli con un maggior grado di efficienza e di efficacia delle prestazioni e dei servizi pubblici, della qualità dell'istruzione, della capacità di investimento sulla ricerca tecnologica, sulla qualità e sulla sicurezza del lavoro, sulla capacità di continuare ad esprimere un alto tasso di solidarietà verso gli esclusi e i non integrati, verso quel miliardo di ultimi della terra, un miliardo di persone che vivono in condizioni disperate quando il mondo gode di una ricchezza che non ha precedenti nella storia dell'umanità. Ed è proprio questa abbondanza che ha provocato costi sempre maggiori, come tocchiamo quotidianamente con mano attraverso l'aumento del carburante, del cibo e delle materie prime. Mentre noi ricchi temiamo il rischio della stagflazione, cioé di un'inflazione senza crescita, i più poveri non possono permettersi neanche di mangiare.

Alla penuria alimentare mondiale si può corrispondere non solo in termini di solidarietà e di aiuto, ma anche nella capacità di incrementare i programmi di sviluppo agricolo nel Continente africano, perché solamente così si potrà frena il sottosviluppo arrestando, altresì, quel flusso immigratorio che non fa 'dormire la notte' la destra italiana ed europea. Esso, ci dicono tutti gli esperti, è destinato ad attenuarsi negli anni. Potremmo anche pensare che la nostra tranquillità dipenderà dal numero di soldati che manderemo per le strade e dal numero di impronte che riusciremo a prendere ai bambini per difenderli dallo sfruttamento. Ma senza una visione di insieme dei problemi globali, di una seria e responsabile presa d'atto dei problemi che ci riguardano e che sono legati in un rapporto di interdipendenza planetaria, non faremo una politica né seria, né efficace. Cambiamenti climatici e nuove responsabilità verso l'ambiente: non si eluda il carattere d'urgenza che va assumendo questa questione: lotta allo sterminio per fame e crescita dei diritti civili e dellle democrazie per scongiurare la trappola dei conflitti a bassa o ad alta intensità. Penso che i socialisti italiani possano impegnarsi tanto su una agenda locale, quanto su una di carattere globale di temi e di problemi sollecitando, con una politica di campagne coraggiose, un confronto con l'opinione pubblica italiana superando così lo 'schock', per alcuni, l'imbarazzo, per altri, di non essere una forza parlamentare sapendo tuttavia essere una forza politica che ha moltissimo da dire, da fare, da proporre e da riflettere.

Per questo non mi appassionano le discussioni sulle politiche delle alleanze, se stare alla destra o alla sinistra del Partito democratico, se essere più laici o più riformisti: sono convinto che la nostra presenza sul terreno della politica si misurerà con la nostra capacità di affrontare con coraggio le sfide che abbiamo di fronte, tornando ad avere la forza politica e culturale di chi sa che ha saputo fare la differenza e che continuerà a farla. Al Partito Democratico e ai suoi leader, quando si toglieranno quello 'scolapasta' dalla testa che li fa tanto assomigliare al Napoleone di Waterloo, va sollecitato un confronto serio anche sugli errori più recenti, sull'incapacità di assumere una posizione politica compatibile con le aspirazioni di una sinistra moderna e in grado di affrontare le sfide del cambiamento, una riflessione capace di andare ben oltre la necessità di farsi dare la 'linea della domenica' che li condurrà ad un ennesima sconfitta. Che dica definitivamente una parola onesta e chiara sul tumore che hanno voluto allevare, nella sinistra italiana, rappresentato dal Partito dei valori e dal suo leader, Antonio Di Pietro: un 'cancro populista' che non è né di destra, né di sinistra, ma una malattia dalla quale si deve guarire e si può guarire cominciando a dichiarare che non si è più disponibili a contrarre alleanze, locali o generali, con l'Idv. Deve dunque finire l'ambiguità politica di chi ritiene di poter stare coi piedi in tante 'staffe', di essere talmente presuntuoso da non capire che all'arretramento in Sicilia e nel nord Italia non potrà che seguire un'altra clamorosa sconfitta, che il 'pelo lisciato' prima a Berlusconi e poi al giustizialismo li ha fatti entrare in una situazione convulsiva lacerante, propedeutica ad altre divisioni e ad altre sconfitte. Sta a loro l'onere della prova e della scelta: la fuoriuscita dalla solitudine non può tradursi in una riproposizione sic et simpliciter della larga coalizione dell'Unione. Tuttavia, la 'centralità strategica' del Partito Democratico si ridurrà poco a poco se esso non sarà capace di dotarsi di un vero e serio baricentro politico fondato su scelte autenticamente riformiste, senza rincorrere o 'scopiazzare' la destra sul suo terreno, perché altrimenti il Pd è destinato, in quanto progetto politico, a fallire miseramente, poiché ha rinchiuso nella vuota formula della "vocazione maggioritaria" una caotica sommatoria di sigle prive di un indirizzo comune, senza un progetto politico credibile per il Paese, aggrappato all'illusione schematica che vorrebbe il Partito democratico illuminare la scena della sinistra europea e mondiale egemonizzando tutta l'area laica e socialista e non viceversa.

Tornando a noi, io considero comunque un risultato importante essere arrivati a questo appuntamento: erano ben altre le basi e i presupposti della Costituente socialista. Questo cambio di fase politica ci sospinge verso un diverso atteggiamento ed una riflessione che deve tenere conto dei mutamenti in atto. Non ci sono tesi politiche diametralmente contrapposte fra noi. E penso che il Congresso e i compagni meritino che dalla nostra discussione si faccia una sintesi. Chi ha orecchie più sensibili potrebbe non aver resistito alle sirene che risuonano sempre più forti all'indirizzo dei socialisti, a sinistra come a destra. Mi colpì molto, ad esempio, una frase che Berlusconi pronunciò qualche anno fa affermando orgogliosamente: "I riformisti veri stanno con noi". Egli completò il suo ragionamento dicendo che "quand'ero fuori dalla politica chiesi a Craxi cosa fosse il riformismo ed egli mi rispose che era la capacità di migliorare la vita di tutti con gradualità, senza andare contro le proprie radici e contraddire le proprie origini".

Ecco: io mi permetto di osservare, con buona pace di chi pensa il contrario, che chi ha abbandonato il terreno della ricostruzione socialista abbia contraddetto le proprie origini ed abbia scelto di recidere il legame con le proprie radici, rinunciando alla ricostruzione socialista ed accettando, in buona sostanza, la sconfitta. Penso che tanti compagni vadano sollecitati al confronto, perché non pensino che sia sufficiente scaricarsi la coscienza una volta ogni tanto presentandosi alle assemblee sindacali col garofano all'occhiello dopo una giornata passata assieme al proprio compagno di partiti come La Russa o al Ministro Calderoli. Ai socialisti riformisti va lanciato un invito al dialogo ed una sfida, al tempo stesso, affinché ricostruiscano, attraverso un patto politico, un terreno di incontro e di riflessione che parta dai medesimi presupposti senza pretese di superiorità, perché dalla riflessione riformista può scaturire una discussione più feconda per l'avvenire, che si prepara pieno di incognite politiche.

Io penso che le radici comuni e antiche e i frutti che potrebbero dare ancora oggi, se veramente vogliamo guardare al futuro traendo dalla storia recente un bilancio rigoroso, sono infinitamente più fecondi e più importanti di qualunque separata tradizione, di qualunque permanente settarismo, di qualunque organizzazione o personalità politica che si richiami ad una comune storia. Non si tratta di estinguere dei partiti, tantomeno le loro storie e le loro gloriose tradizioni, poché penso che il passato possa continuare a vivere senza necessariamente ostruire il presente, impedire il nuovo o negare il cambiamento e i mutamenti. Penso che, per noi, valga un di più di attaccamento alla nostra storia, alle nostre radici, ai nostri simboli, perché troppe volte e per troppi anni ci hanno dati per morti, soppressi, inutili.

Eppure, altrettante volte abbiamo saputo risalire la china e cambiare rotta a un destino che sembrava segnato. Nella scelta del cambiamento esiste la necessità di non smarrire la propria identità, di non perdere l'album di famiglia, i suoi protagonisti, le loro storie, le nostre storie e i loro simboli che sono poi i nostri simboli, i quali, ancora oggi, sono riconosciuti da milioni di italiani. Ho apprezzato il contributo politico, interno ed internazionale, di Pia e lo slancio entusiasta di Angelo: penso che tutti quanti noi ne faremo tesoro. Dobbiamo, tutti quanti noi, essere riconoscenti anche a chi ha guidato in occasione di elezioni anticipate il partito, a chi si è assunto la responsabilità di una sconfitta che sta in capo a tutti noi. Sapevamo che andavamo dinnanzi ad un esito già definito. Ma questo non mi ha fatto recedere di un millimetro dalle mie convinzioni politiche radicate, dal mio attaccamento politico alle radici ed alla storia socialista.

Spetta a Riccardo il compito e la futura responsabilità: si sprecheranno, immagino, le metafore ciclistiche, poiché la strada è indubbiamente in salita. Ma ciascuno di noi, proprio come nel ciclismo, metterà gambe e testa per affrontare con spirito di solidarietà le prove più faticose. A lui, in conclusione, voglio dedicare le frasi che pronunciò qualche anno fa un nostro compagno che egli incontrò qualche mese prima della sua scomparsa, quando invocava un rinnovamento vero e convincente del partito ed un ricambio effettivo nonché "l'assunzione di responsabilità da parte di nuove generazioni di dirigenti". "Il problema dei socialisti", diceva, "non è quello di evitare una sconfitta che c'è gia stata, ma quello di non scomparire dalla scena politica. E si scompare rinunciando ad una lotta, si scompare anche scegliendo la via della viltà ed un avvenire da subalterni. Penso che il partito debba preservare la sua identità socialista e riformista e ricercare le alleanze possibili su ogni terreno accettabile che non può essere quello di destra, per vincere una sfida di sopravvivenza e riprendere il cammino per il futuro. Tante cose che, purtroppo, ci circondano, sento fanno parte, invece, di quella sorta di "cupio dissolvi" che è un male dei deboli e dei confusi, ma che, mi auguro, i più giovani terranno lontano da loro e dal quale, chi ha dedicato la loro vita a questa comune esperienza socialista, mi auguro siano immuni". Ecco: io penso che il Congresso socialista di Montecatini abbia già allontanato questa tentazione: siamo pronti ancora a batterci per il nostro avvenire e quello dell'Italia.

Relazione congressuale
Spini: costruiamo qualcosa di nuovo
sabato 5 luglio 2008
Care compagne e cari compagni, chi voleva un risultato chiaro e di stabilità, in nome del comune interesse ad assestare il paese in forma bipartitica è stato accontentato. Abbiamo una maggioranza stabile ed un tendenziale bipartitismo. I vecchi partiti sono stati o ridotti al minimo, come noi, o costretti a cambiare identità, come i Ds. Ma questo non ha aperto le porte all'affermazione del centro-sinistra, bensì al ritorno e alla riaffermazione di Berlusconi. C'è chi è contento di questo anche a sinistra e naturalmente vale il vecchio detto: chi si contenta gode. Ma voglio vedere oggi chi riesce a sinistra ad essere veramente contento nel suo animo. Attenzione, infatti: Berlusconi ha seguito solo apparentemente una strategia bipartitica. In realtà ha saputo interpretare meglio di altri la nuova realtà della crisi del partito nazionale, prodotto unico ed omogeneo da presentare come tale dalle Alpi al Lilibeo. Infatti, al nord Berlusconi ha vinto grazie al successo della Lega Nord; a Roma, la capitale, ha vinto senza l'apporto di partiti autonomistici, ma di un partito dalla forte identità nazionale come, appunto, Alleanza Nazionale; al Sud, in particolare in Sicilia, ha vinto con il partito autonomista siciliano di Raffaele Lombardo, apparentemente in antitesi con la piattaforma della Lega Nord. Altro che correre da solo: Berlusconi ha saputo ricomporre in un quadro unico presenze diverse e apparentemente contrastanti. E' sulla capacità di aderire alle mille pieghe del territorio italiano che si gioca la capacità di un partito di radicarsi elettoralmente e più si è verticisti nel modo di fare e di organizzarsi politicamente più si perde il contatto col territorio, come le varie candidature inventate hanno abbondantemente provato in queste elezioni. Anche noi socialisti, nel nostro piccolo, siamo vittime di questa crisi: il partito nazionale tradizionale non attira voti di opinione; né abbiamo più posizioni di rilievo a livello nazionale che possano attrarre; rimangono invece, a seconda delle tradizioni e delle specificità territoriali e della capacità di aderirvi delle significative presenze socialiste in occasione di elezioni amministrative. Ma possiamo contentarci di questo? O meglio, possiamo chiudere gli occhi di fronte a tutto ciò? No certamente. Ma questo significa allora non parlare soltanto a noi stessi, ma produrre delle idee che possano alimentare un dibattito più vasto. Oggi dobbiamo avere una strategia ricostruttiva. Per noi stessi? Certamente, ma solo se sapremo dire cose che interessano una strategia più generale di tutto il centro-sinistra. Svolgendo questo congresso noi adempiamo ad un impegno morale e politico verso chi si è iscritto al nostro partito e ha votato per le nostre liste sfidando il ricatto morale del cosiddetto"voto utile", un congresso che sfida la deliberata volontà di distruggerci di cui siamo stati oggetto. un congresso giusto e doveroso per il quale e dopo il quale vogliamo impegnarci appieno.

Ma in parallelo con noi si sono svolti o si svolgono le assise di Sinistra Democratica, del Partito dei Comunisti Italiani, di Rifondazione Comunista , mentre in settembre avremo la conferenza del Partito Democratico, preceduta questa nell'ultimo periodo da riunioni di correnti o da seminari di Fondazioni che cercano una risposta alle domande sull'identità più profonda di quel partito. Ma quante cittadine e quanti cittadini italiani vorrebbero invece partecipare ad un dibattito ampio ed aperto, non rinserrato nei confini di partito sui motivi della sconfitta e sul modo in cui preparare una possibile rivincita delle forze riformiste di centro-sinistra? Credo che siano tanti, veramente tanti. E allora noi, se abbiamo reali ambizioni politiche, dobbiamo chiedere che dopo la stagione dei congressi si apra un ampio dibattito, troviamone le forme ed i modi, veramente aperto a quanti, iscritti e non iscritti a partiti, hanno a cuore una strategia di ripresa della sinistra e del centro-sinistra nel nostro paese. Ma diciamo la verità: quante cittadine e cittadini dell'area di centro sinistra vorrebbero confrontarsi liberamente, abbattendo questi steccati, volando più alto del batti e ribatti di responsabilità che inevitabilmente caratterizzano queste assise dopo il risultato delle ultime elezioni politiche. Costruendo qualcosa di nuovo. Troviamone insieme agli altri le forme, i modi, soprattutto i contenuti di questa riflessione, ma abbiamo il coraggio noi, piccolo partito di proporla!

Sono convinto che le stesse compagne e gli stessi compagni del Partito Democratico, sono a loro volta convinti di non potere ripresentare alle future elezioni politiche lo stesso Partito Democratico che hanno presentato in queste, e che ciò è tanto più vero, nelle prossime, ormai vicine scadenze delle elezioni amministrative ed europee, per le diverse caratteristiche delle leggi elettorali che le governano. E' vero, care compagne e cari compagni del partito democratico: il riferimento al socialismo europeo non porta di per sé voti: ma queste elezioni hanno altresì dimostrato il fatto simmetrico e cioè che lasciare il campo del socialismo europeo non ha portato di per se voti, non ha fatto scatenare quel grido liberatore che, secondo taluni corifei di questo abbandono avrebbe dovuto risuonare in Italia, E oggi noi salutiamo con gli auguri più fraterni di buon lavoro Pia Locatelli, Presidente mondiale delle donne socialiste, ma anche l'elezione di Massimo D'Alema alla vicepresidenza dell'Internazionale Socialista e ci auguriamo che questo avvenimento sia il prodromo di un ripensamento più vasto ed organico circa la collocazione internazionale ed europea di questo partito. Che senso ha un gruppo italiano autonomo del PD? Avrebbe molta più influenza se presente organicamente nel PSE.

E allora, care compagne e cari compagni, Una prima conclusione. Se ci dobbiamo rivolgere all'esterno, è bene che questo congresso abbia una conclusione unitaria, così come a suo temo ho auspicato con il compagno Giacomo Mancini. Penso ai congressi del partito socialista francese, in cui ogni mozione consegue nelle assemblee i voti che può conseguire, ma alla fine trova una sintesi in un documento politico e organizzativo valido per tutto il partito. Una seconda conclusione: penso che dobbiamo ribadire il modello di un partito aperto e collegiale, di ampia condivisione e collegialità nella conduzione e nella corresponsabilità. Una terza conclusione è che dobbiamo certamente seguire e attuare il programma di lavoro del partito che ci ha prospettato la mozione n.3 con Riccardo Nencini, integrata con le indicazioni delle altre mozioni. Una quarta conclusione è quella che dobbiamo riprendere il rapporto con tutti ed in particolare col Partito Democratico, naturalmente l'intervento di Walter Veltroni, al di là delle espressioni, ha avuto un'indubbia funzione di legittimazione di questo congresso; noi dobbiamo parlare anche a quella parte della sinistra ex arcobaleno, che non accetta un'ipotesi neocomunista.

Pertanto prima di fidarci e di accettare questa o quella proposta dobbiamo essere ben convinti che essa sia frutto di un reale ripensamento e non della necessità di mostrare in qualche modo una faccia meno rude al socialismo italiano. Poniamo il nostro Congresso al centro di una riflessione veramente profonda sulle cause della sconfitta e sulle ragioni di una possibile ripresa del riformismo di sinistra italiano e avremo fatto allora di questa assise una occasione non effimera ma feconda di riaffermazione della nostra coerente fedeltà ai principi e ai valori più genuini del socialismo italiano.

Sintesi della relazione congressuale
Angius: unità tra forze riformiste per affrontare i problemi del Paese
sabato 5 luglio 2008
"La forza del Partito socialista è indissolubilmente legata alle prospettive della sinistra e del progressismo. Schulz ci ha delineato questa mattina una dimensione europea della politica che troppo spesso manca qui da noi in Italia. Veltroni ha parlato invece di 'autonomia' e 'nuovo dialogo' cambiando linea politica rispetto alle elezioni e rispetto alle prime settimane di opposizione al Governo Berlusconi. Ma se il segretario del Pd ha cambiato linea, lo ha fatto per merito nostro, ossia per merito della scelta di essere andati da soli alle elezioni politiche. Vorrei quindi ringraziare Boselli per aver mantenuto dritta la barra della nave. Presentare il simbolo e le liste del Partito socialista alle ultime elezioni è stata una scelta giusta. Con questo congresso nasce un partito nuovo che deve però rifuggire da un atteggiamento di autoreferenzialità che lo condannerebbe ad altre sconfitte. Il pensiero socialista è stato sempre un pensiero innovativo capace di farsi movimento di popolo. Noi perderemo la nostra scommessa se non saremo in grado di creare un partito che è sempre in costante movimento e capace di produrre iniziativa politica nella società italiana. Emanuele Macaluso qualche settimana fa ha adoperato verso le forze della sinistra tradizionale una espressione tremenda; egli ha detto che una forza che si definisce socialista o comunista non può avere l'1 o il 2% dei consensi, perché essere partito ed essere parte di quei due grandi filoni politici e culturali significa prima di tutto avere il consenso di larghe fasce popolari. Penso che abbia ragione. Vorrei però che anche dalle forze della sinistra venissero delle parole di autocritica, perché non è vero che il loro deludente risultato elettorale sia attribuibile unicamente alle decisioni assunte da Walter Veltroni, o alle iniziative della Binetti e di Mastella. E' stata anche l'ambiguità di chi ha voluto scegliere la Piazza anziché la qualità e la serietà della proposta governativa che ha condannato alla assenza dal Parlamento le forze della sinistra radicale. Veltroni dice che bisogna riprendere il dialogo ma trovo assai bizzarro che all'Internazionale socialista Fassino e D'Alema abbiano partecipato in veste di rappresentanti di un partito, i Ds, che non c'è più. Dico questo perché bisogna avere ben presente che noi, il Partito socialista, siamo noi, e stiamo nel Partito del Socialismo europeo e nell'Internazionale socialista mentre il Partito Democratico non è presente in nessuna di queste due organizzazioni. La politica, vedete, soffre in Italia di un deficit di riformismo e il paese rischia una regressione politica, culturale e civile senza precedenti. Le forze riformiste, sia quelle di ispirazione socialista sia quelle di ispirazione cattolico democratica e liberale più avanzate devono costruire una opposizione comune credibile. Di questo c'è bisogno e non di governi ombra. Né giustizialismo, né girotondismo, né massimalismo, né populismo. Di tutti questi "ismi" non c'è bisogno. Serve invece un patto d'intesa tra le diverse forze riformiste distinte. Solo così si riuscirà ad elevare il dibattito politico ed affrontare i nodi della crisi della società italiana proponendosi ai cittadini come una parte politica affidabile e con le idee chiare. Buon lavoro a tutti.

De Michelis: navigare tra Pd e Pdl insieme all'Udc
sabato 5 luglio 2008

"'Il Partito Socialista deve navigare fra Pd e Pdl, dove si colloca adesso l'Udc'. E' quanto ha affermato Gianni De Michelis al congresso. "Noi - ha aggiunto - dobbiamo escludere qualsiasi convergenza con la sinistra massimalista e qualsiasi rapporto con il Pd che sia di tipo caudatario, e seguire semplicemente la sua marcia in qualsiasi direzione. Dobbiamo dire con chiarezza che il tratto di mare nel quale cercheremo di navigare sarà quello tra Pd e Pdl, esattamente dove si colloca Casini. Serve una scelta esplicita per una legge elettorale alla tedesca, che vada oltre lo schema bipolare".

Intini: Gestione Unitaria , no a divisioni
05/07/2008

'Ora serve una gestione unitaria, non c'e' piu' il potere su cui dividersi'. Lo ha affermato Ugo Intini, intervenendo al congresso del Partito socialista. Per Intini, ci sono due piani paralleli da seguire: 'La prima cosa – ha detto alla platea - e' il primum vivere, e cioe' uscire dall'isolamento che e' stato un errore e aprire un dialogo con le forze a sinistra, come Rifondazione e Sinistra democratica, ma anche con il Pd e con l'Udc di Pier Ferdinando Casini. L'altra cosa – ha aggiunto ancora - riguarda la nostra storia: tutti hanno fatto delle fondazioni ed e' una cosa incredibile che invece noi no, quando invece abbiamo una storia da difendere. Serve unita' e consiglio di restare leali nel centrosinistra'. Intini pero' non ha risparmiato una frecciata al Partito democratico e rivolgendosi a Walter Veltroni: 'l'errore del Pd e' stato cavalcare l'antipolitica, dimenticando che nel nostro Paese e' la destra a vincere in questo modo'.

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