venerdì 11 luglio 2008

Giustizia - si al Lodo Alfano

Il primo sì al Lodo Alfano

E.S., 10 luglio 2008, 19:56

www.aprileonline.info

Il primo s� al Lodo Alfano A Montecitorio passa il disegno di legge presentato dal ministro della Giustizia. Nel testo anche l'emendamento presentato dal deputato Pd Pierluigi Mantini, che limita l'immunità a una sola carica per persona. Ora il provvedimento all'esame del Senato. L'intervento di D'Alema, la protesta Idv

Come era scontato, l'Aula della Camera dice sì al lodo Alfano, con 309 voti a favore, 236 contrari e 30 astenuti, l'intero gruppo dell'Udc. Ora il testo, come prassi vuole, passerà all'esame del Senato.

Questa lunga giornata dedicata al passaggio alla Camera del provvedimento era iniziata con l'esame delle due pregiudiziali di costituzionalità presentate dall'opposizione, alla fine non andate a buon fine. Poi si è passati ai 283 emendamenti presentati al ddl, dei quali l'unico approvati di quelli presentati dal Pd sarà quello proposto da Pierluigi Mantini. Una norma che prevede che la sospensione dei processi non si applichi nel caso di successiva investitura in altra delle cariche o delle funzioni. Ma anche su questo, l'Idv ha votato contro.

Una lunga giornata, si diceva, segnata dalle polemiche che susseguitesi tra i banchi dell'emiciclo, con il partito di Di Pietro in particolare fermento. A tal punto che, nel corso del pomeriggio, è stato un esponente del Pdl, Mario Landolfi, ad annunciare querele nei confronti del deputato Idv Barbato, che lo ho accusato di essere stato eletto "con i voti della camorra".
Tra gli interventi della maggioranza, è stato Gaetano Pecorella a ricordare che "dal ‘92 ad oggi i governi sono cambiati, non sull'impulso di chi li aveva eletti, ma per colpa di alcuni magistrati". Ecco perché, secondo il fedelissimo avvocato berlusconiano, il lodo Alfano "è il primo passo per garantire una stabilità politica".

A fargli prontamente da sponda Italo Bocchino, secondo il quale il lodo Alfano è "un provvedimento ragionato, qualitativamente e giuridicamente valido. La maggioranza lo sosterrà fino in fondo". La Russa invece prova a stuzzicare D'Alema, il cui intervento è particolarmente atteso: "Anche D'Alema deve fare i conti con un anti-berlusconismo duro a morire".

E l'ex ministro degli Esteri, con il suo solito stile serafico e tagliente, interviene partendo proprio dalla manifestazione di Piazza Navona: "Per storia personale sono per la piazza, ma la differenza la fa ciò che si dice in queste manifestazioni; mi preoccupa la virulenza, la volgarità, lo scontro che non ha regole, che di fatto eccita le minoranze ma allontana la grande maggioranza dei cittadini dalla vita pubblica". Berlusconi convitato di pietra o "in contumacia", come sottolinea Di Pietro, da Tokio avrà apprezzato di certo, dopo aver pubblicamente manifestato soddisfazione per la presa di distanze dal raduno girotondino, immediatamente dopo la fine degli strali del duo Grillo-Guzzanti.

Passando al provvedimento discusso, D'Alema definisce il lodo come lo "Schifani bis", vale a dire "una leggina volta a bloccare in modo sbrigativo e rozzo il processo per corruzione in cui è coinvolto il presidente del Consiglio. E forse -continua D'Alema- ad evitare che un'altra indagine per corruzione si concluda con un processo. Berlusconi - conclude D'Alema - ci rinunci e affronti i giudizi che lo riguardano a testa alta, lasciando al Parlamento il compito di affrontare questioni di fondo come quella della Giustizia".

In questo senso è dunque almeno significativo l'emendamento approvato proposto dal Pd, che in pratica evita di usufruire per due volte, o in cariche diverse, la legge confezionata dal ministero della Giustizia. Anche se ciò non significa propriamente la riapertura del dialogo tra maggioranza e opposizione, come certificano le parole di Rosy Bindi: "Non so se questo macigno potrà mai essere tolto dalla strada del dialogo che tutti auspicavamo. Una norma - puntualizza critica l'esponente del Pd - che non ha precedenti e uguali in altri ordinamenti".

In zona Idv , come era facile prevedere, vanno giù pesanti. "l Lodo nel diritto è una cosa buona, è qualcosa che fa giustizia, quindi non chiamiamo questa legge Lodo, ma chiamiamola per quello che è, soltanto una schifezza che viola la Costituzione, che mortifica il Parlamento e serve a dare l'impunità non a quattro, ma soltanto a una carica dello Stato, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi". Ad attaccare a testa bassa Massimo Donadi, capogruppo alla Camera, il cui intervento non facilita certo il placarsi degli animi, nel Pdl come nel Pd, dopo "lo strappo" andato in onda dagli studi di Matrix.

Intanto, secondo un sondaggio reso noto dall'emittente satellitare Sky nel suo Tg24, il Lodo Alfano sembra non incontrare il favore della maggioranza dei partecipanti. Dalla rilevazione del canale il 65% dei votanti è infatti contrario al disegno di legge che dovrebbe sospendere i processi in corso per le quattro più alte cariche dello stato. Al contrario, il 35% approva l'iniziativa della maggioranza di governo.

Numeri che, come ben sperimentato dalla pelle dell'attuale minoranza degli italiani, lasciano il tempo che trovano.

L'Europa che ama i diritti

Gianni Pittella*, 10 luglio 2008, 15:20

L'Europa che ama i diritti L'Europarlamento adotta la risoluzione che boccia le misure, reputate discriminatorie, del governo italiano per la raccolta delle impronte digitali dei minori nei campi nomadi. Ora l'esecutivo di Berlusconi si deve fermare e dare seguito alla volontà di cooperazione con l'Ue espressa da numerosi suoi ministri prima del voto di oggi.

Il ministro degli Interni Roberto Maroni aveva definito, con una inqualificabile caduta di stile, "grottesco" il dibattito del Parlamento europeo in merito al censimento dei bimbi rom in Italia. E' stato proprio quel dibattito a provocare una riflessione e un voto che, con una significativa maggioranza, ha approvato oggi una risoluzione in cui si chiede agli stati membri di rivedere e abrogare le leggi e le politiche che discriminano i rom sulla base della razza e dell'origine etnica.

Un chiaro monito al governo italiano affinché sospenda le procedure in corso che prevedono la schedatura dei bimbi rom, proprio in base all'origine etnica.

La risoluzione ricorda che la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, la Carta dei diritti fondamentali, la Convenzione dei Diritti del bambino, i Trattati della Unione Europea sanciscono la inviolabilità dei principi di eguaglianza e di non discriminazione, di dignità e di rispetto della vita privata, dei diritti del bambino e delle persone appartenenti a minoranze.

E riafferma che la via maestra per affrontare la questione dei rom e dei migranti è la integrazione, la cittadinanza, l'inclusione.

Concetto, quest'ultimo, rilanciato proprio questa mattina nello stesso Parlamento europeo dal presidente del Consiglio Nicholas Sarkozy, in primis con la proposta di un patto europeo per il governo dei flussi migratori.

La risoluzione approvata prevede che l'identificazione dei minori, se utile alla tutela dei minori non accompagnati a rischio di sfruttamento, accattonaggio, mendicità, possa essere realizzata caso per caso attraverso procedure ordinarie e non discriminatorie, nel pieno rispetto di ogni garanzia e tutela giuridica.
Tutto l'opposto della schedatura su base etnica e con procedure invasive come quella delle impronte digitali.

Ora il governo italiano si fermi. E dia seguito alla volontà di cooperazione espressa da numerosi suoi ministri prima del voto di Strasburgo. E lo faccia con gli atti e con i fatti. Che siano inconfutabilmente rispettosi dei principi e delle norme europee.

A chiederlo è una risoluzione di una istituzione europea che ha una fortissima legittimità democratica e che non è il ritrovo di centinaia di parlamentari, di varia nazionalità, accecati dall'ostilità politica contro l'esecutivo italiano.

A chiederlo è, con una lettera ufficiale, la Commissione europea, ove siedono rappresentanti della destra europea, come il Commissario responsabile del portafoglio delle libertà civili Jacques Barrot, che, come noi della sinistra riformista, amano l' Europa dei diritti.

Oggi nell'aula di Strasburgo è andata in scena, con Barrot e Sarkozy, quella destra tanto distante dalla nostra politica sociale ed economica, otre che dal nostro programma politico, ma tanto degna di essere co-protagonista dell'azione di costruzione di un' Europa portatrice di civiltà nel mondo.
Se solo ricordassimo lo show del presidente Berlusconi, quando assunse la guida del semestre italiano del Consiglio, noteremo l'abisso.

*Presidente della Delegazione Italiana del PSE ed eurodeputato del PD

Il bunker di Tonino

Andrea Scarchilli , 10 luglio 2008, 18:37

Il bunker di Tonino Politica Prosegue la freddezza tra Veltroni e Di Pietro. La linea dettata dall'ex pm ai suoi è quella di tirare dritto senza rompere: non rinnegare la manifestazione e prometterne delle altre, lasciando al Pd, eventualmente, la decisione di assumersi le responsabilità del divorzio. E di cambiare la geografia delle alleanze

Il day after lo scontro verbale tra il Partito democratico e l'Italia dei valori è di attesa. Al momento in cui questo articolo viene scritto Walter Veltroni e Antonio Di Pietro non erano incontrati, nemmeno a margine della discussione, alla Camera, del lodo Alfano. Ieri (mercoledì) il segretario del Pd aveva lanciato un secco ultimatum all'ex pm: "Di Pietro scelga con chi stare", ricevendo una replica piccata, ribadita da Di Pietro, stamattina, in un'intervista: "Se mi chiedono con chi stare, io scelgo la piazza". In Aula, nel corso della discussione sul lodo Alfano, ha fatto cenno esplicitamente alla necessità di ridiscutere l'alleanza con i democratici.

Ai dipietristi è arrivata anche la notizia della presa di posizione dell'avversario principale di Veltroni all'interno del suo partito, Massimo D'Alema. L'ex ministro degli Esteri, nel corso di una conversazione con il "Foglio", ha messo in frigo l'alleanza con Di Pietro: "Lo scorso aprile si è fatta, legittimamente, la scelta di allearsi con Di Pietro. Alle prossime elezioni, altrettanto legittimamente, se ne possono anche fare delle altre".

Piazza Navona ha fatto implodere la diffidenza di tutto il Pd per Di Pietro e i suoi. L'Idv comunque attende e non si assume la responsabilità di strappi: sia Veltroni, in caso, a rimanere con il cerino in mano. Così, se da un lato il capogruppo della Camera Massimo Donadi dice che "per noi nulla cambia: se divorzio deve essere, lo dica a chiare lettere il Pd", dall'altro il presidente dei senatori Felice Belisario ribadisce ad "Aprileonline" le coordinate dipietriste: "Siamo fedeli ai nostri valori, non vogliamo nessuna forma di consociativismo con Berlusconi". Poi: "Vogliamo un'opposizione forte, unita e ampia che faccia perno sul Pd". Tuttavia, dice Belisario riferendosi alla manifestazione dell'otto luglio e in prospettiva ad altre che verranno, "noi a quella piazza non rinunciamo", promettendo, a nome del partito, di continuare a essere motore e appiglio di sit - in di protesta. Quanto ai modi, alla domanda se inviterebbe di nuovo Sabina Guzzanti e farebbe parlare ancora Beppe Grillo, Belisario fornisce un'altra versione del dipietresco "guardate il dito senza accorgervi della luna", ovvero: "Non ci impicchiamo su queste cose, non è politica, ed è figlia di una prospettiva schiava di un'informazione settariaI n Parlamento continuano ad esserci dei condannati, persino per reati di mafia e contro la pubblica amministrazione. In quella piazza, ho visto tante persone. Soprattutto di tutte le età".

Per quanto riguarda lo scacchiere delle alleanze, Belisario assicura che l'Idv continuerà a lavorare per costruire "un soggetto più forte e credibile, altrimenti il gap non lo colmiamo". Vanno bene anche l'Udc, "se butta fuori Cuffaro", e la Sinistra arcobaleno, "purché emergano delle novità che non ci riportino indietro. Come a quando non siamo riusciti ad approvare il decreto sicurezza". I dipietristi, dunque, non rinnegano l'alleanza con il Pd, la considerano una naturale articolazione della loro unica collocazione possibile, nel campo del centrosinistra. Nello stesso tempo, non rinunciano alle battaglie, quelle di piazza. Esattamente quello che non vuole il Pd, ma lasciando il Pd stesso la responsabilità di dire basta.

Un interlocutore di riguardo, in questo senso, è Giuseppe Giulietti. Ex parlamentare dei Ds, è stato rieletto nelle file dell'Idv in deroga alla richiesta di Veltroni a Di Pietro, di non "riciclare" propri rappresentanti. Giulietti accettò, mettendo in chiaro che la sua fosse considerata una candidatura "indipendente", incentrata su un diritto di tribuna teso alla costruzione di un nuovo centrosinistra, più largo, che comprenda anche le associazioni e le forze sindacali. Un sì, quello di Giulietti, che si fondava anche sul rispetto del patto di costituire gruppi parlamentari unici. Tutte le precondizioni si stanno o si sono già sfarinate. Giulietti non demorde, dice ad "Aprileonline" che la "politica si fa costruendo con fatica" e promette di continuare a portare avanti la sua battaglia, e di ritenersi "una specie di sartoria" per tentare di ricucire, "si deve approfondire un percorso che porti a costruire una casa più ampia, con tanti soggetti, non solo politici". Sottolineando di non condividere certi toni di piazza Navona ma neanche il fatto che il Pd abbia lasciato uno spazio vuoto - "se succede è normale che qualcuno se ne appropri" - Giulietti dice che qualora si accorgesse che il lavorio per questa "strategia di lungo termine" si rivelasse inutile, dovrebbe trarne le conseguenze e "rimettere la sua scelta ad un'ampia consultazione". Giulietti si batte per il tutti insieme, "l'et - et". Ma, come qualcuno ha avuto modo di dire, tira più aria di aut - aut. Un primo segnale, in questo senso, arriva dal Trentino. Alle provinciali di Trento del prossimo ottobre l'Idv correrà da sola. Un consigliere dell'Udc, Marcello Carli, ha fatto sapere di volersi schierare con il centrosinistra.

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