venerdì 11 luglio 2008

Napolitano firmerà il lodo Alfano: alcune considerazioni critiche

Come preannunciato dal Corriere della Sera, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano firmerà il cd. Lodo Alfano, che sospende per tutto il mandato i processi per qualsiasi reato commesso (anche in epoca precedente l'assunzione del ruolo) dalle 4 più alte cariche dello Stato.
Resta deluso chi, come me, confidava nella serenità di giudizio del Capo dello Stato, chiamato a promulgare una legge che rappresenta la riedizione del lodo Schifani del 2003, riveduta e corretta alla luce della bocciatura sancita dalla Corte Costituzionale con la sentenza 24/2004.
Di fronte all' "impalcatura giuridica studiata dai tecnici del Colle" - osserva il giornalista del Corriere - "il Presidente si trova con le mani legate". Tre sarebbero i motivi di questa scelta obbligata:
  1. l'autorizzazione che il suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi concesse al lodo Schifani;
  2. la conformità ai rilievi mossi dalla Corte Costituzionale nella sentenza 24/2004: era colà formulato il giudizio di «un interesse apprezzabile » dalla suprema Corte, ossia il riconoscimento della «tutela del bene costituito dall'assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche», interesse che «può essere tutelato in armonia con i princìpi fondamentali dello Stato di diritto»;
  3. la sentenza della Corte non sancì che la norma di sospensione di quei processi dovesse essere adottata con legge costituzionale.
Queste motivazioni non mi convincono affatto, e vorrei darvi conto dei miei dubbi.

In primo luogo, come era ed è la Costituzione a stabilire le cd. guarentigie dei rappresentanti della sovranità popolare (art. 68), così deve essere una legge costituzionale a stabilire condizioni particolari di privilegio a garanzia dei massimi vertici dello Stato. Si arrecherebbe, in caso contrario, un vulnus al principio della rigidità della Costituzione, la quale è sovraordinata alla legge ordinaria e non si lascia modificare da quella. Si altererebbe, per via di legge ordinaria, l'equilibrio fra i poteri costituzionali.

La sonora bocciatura inflitta dalla Corte al lodo Schifani rappresentava un'aperta sconfessione del vaglio positivo dato dal Presidente Ciampi: a parere di molti, lo strappo si ricompose al prezzo di non infierire, in sentenza, sulla superficialità con la quale era stato condotto quel giudizio di conformità a Costituzione. Ecco spiegato perché la sentenza non sancì l'obbligo di adottare una simile previsione con legge costituzionale: fu probabilmente il galateo istituzionale a suggerire di non sottolineare i profili di criticità della legge, sorvolando sulle responsabilità del Presidente della Repubblica di allora.

La chiave di volta dell'intera sentenza 24/2004, infine, mi pare quell'esplicito riferimento ai "principi fondamentali dello Stato di diritto", fra i quali vanno annoverati la separazione dei poteri, l'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, il diritto di ciascun cittadino ad agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e, non ultimo, il diritto alla ragionevole durata del processo, principi che sarebbero violati allorché, con norma ordinaria, si introducesse una causa di sospensione che, di fatto, impedisse alla persona offesa dal reato, commesso da una delle 4 cariche beneficiarie dei privilegi di legge (si badi bene, anche al di fuori dell'esercizio delle proprie funzioni), di ottenere giustizia in tempi ragionevoli.

Tutto questo al di là di ogni rilievo politico sulla inopportunità di un provvedimento promosso da chi intende beneficiarne per evitare la celebrazione dei processi a suo carico; discusso ed approvato con una tempistica accelerata che segnala come oggi le istituzioni siano piegate ai voleri del Capo del Governo; usato come merce di scambio in una trattativa per il ritiro di un altro provvedimento - il cd. blocca-processi - i cui profili di incostituzionalità sono evidenti.

Si osserva da più parti che il Quirinale ha cercato una via d'uscita praticabile rispetto al conflitto sulla giustizia. In tutta onestà, credo che meglio avrebbe fatto il Presidente ad esigere il rispetto della Costituzione e dei suoi principi, piuttosto che far leva sulle sue ridotte prerogative politiche, infilandosi alla fine in un cul-de-sac dal quale escono sconfitti egli, le istituzioni repubblicane e lo Stato di diritto che pare ancora viga in Italia.

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