martedì 8 luglio 2008

LE OPINIONI DI "EMANUELE MACALUSO"

Le correnti per far vivere il Pd

Emanuele Macaluso, 07 luglio 2008, 18:02

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Le correnti per far vivere il Pd Occorrono decisioni limpide anche sulle future alleanze. Dialogo con gli amici del Pd in un momento in cui il loro partito attraversa una crisi che a molti appare irreversibile. Proponiamo l'editoriale redatto da Emanuele Macaluso per il mensile (n.58 luglio/agosto 2008) di cultura e politica riformista "Le nuove ragioni del socialismo"

(...) Dico subito che è sbagliato pensare che lo sfascio del Pd si risolverebbe nella restaurazione di una sinistra socialista, forte e competitiva. A mio avviso oggi a trarne vantaggio sarebbe soprattutto la destra e con essa il dipietrismo demagogico. Tuttavia ogni giorno i fatti ci dicono che il Pd così com'è non regge, non è in grado di condurre con coerenza e continuità l'opposizione sulla base di una politica chiara e convincente, condizione questa necessaria per incidere nel blocco sociale e politico che si è radunato attorno a Berlusconi. E per costruire un più largo schieramento di centrosinistra rispetto a quello sconfitto nelle elezioni del 14 aprile scorso. L'alternativa, tornare al passato, all'Unione prodiana o accettare quel che c'è in nome del bipartitismo e del Pd a "vocazione maggioritaria", è fasulla. sono linee entrambe sconfitte. Occorre superarle.

Del resto l'alternativa in cui il Pd si è incagliato - opposizione morbida o radicale - testimonia un deficit di guida politica e di una linea politica convincente, un deficit che si manifestò già nel momento in cui si diede spaizo a Di Pietro offrendogli gli strumenti per ricattare e condizionare il Pd.
Un deficit che non è riconducibile solo al segretario di quel partito, ma all'assenza di un gruppo dirigente selezionato attraverso un reale confronto e una lotta politica che abbia come discrimine scelte da farsi nei congressi con voti di magioranza e minoranza. Demonizzare le correnti non serve dato che nei fatti esistono e la mimetizzazione spinge a forme di lotta politica sotterranea, allusiva, ipocrita e personalistica e non a scelte nette e leggibili per tutti.

Nel Pci c'era un dibattito interno spesso aspro. Nel 1962, dopo il 22.mo Congresso del Pcus e la nuova ondata di accuse a Stalin da parte di Kruscev, nel partito si sviluppò un dibattito che assunse toni duri, soprattutto per iniziativa di Amendola, che coinvolse anche Togliatti. Il quale in una riunione della direzione disse: "Se qualcuno propone una linea diversa presenti una mozione congressuale, io la farò mio". Al congresso nessuno di differenziò con una mozione; prevalse la sacralità dell'unità del partito. E prevalse anche all'11mo Congresso (Togliatti era morto) nel 1966 quando Ingrao si differenziò dal gruppo dirigente con un discorso ma non con un documento.
Anche nel 1980-81 quando Berlinguer dopo la crisi della "solidarietà nazionale" propose una svolta politica e si manifestò un vasto dissenso (Napolitano, Bufalini, Lama, Chiaromonte, Macaluso ecc.) non si presentarono documenti alternativi.
Quello però era il Pci e quel reigme interno fu la sua forza e la sua debolezza: più la seconda che la prima.
Dobbiamo anche ricordare che la rovina del Psi non furono le correnti, ma il fatto che con Craxi il dissenso c'era, non si manifestò mai con documenti alternativi.

L'idea che il Pd possa assolvere alla funzione di partito a vocazione maggioritaria e senza assumere decisioni a maggioranza, non ha fondamento. C'è un vuoto di democrazia senza decisionismo, c'è la paralisi politica.
Spaventa l'esperienza della Dc? Quell'esperienza invece va tenuta presente. Dopo il 1953 e la sconfitta del centrismo degasperiamo, Fanfani e la sua corrente riformano il partito in rapporto anche ai mutamenti che erano intervenuti nella società: il ruolo del capitalismo di Stato, gli Enti di riforma agraria, la Cassa del Mezzogiorno ecc. Si può discutere "l'autoritarismo" di quella riforma e della direzione fanfaniana, ma non c'è dubbio che assicurò continuità alla Dc come partito a "vocazione marggioritaria". E lo stesse fece Moro quando si separò da Fanfani e con Segni diede vita alla corrente dei dorotei puntando al centrosinistra. La degenerazione è venuta dopo e ha spiegazioni politiche: l'assenza di alternative di governo.
Si mettano degli argini, ma oggi il solo modo per animare un confronto e fare scelte nette e comprensibili sono le correnti, chiamatele come volete.

La situaizone politica è pesantissima e occorrono decisioni limpide. Anche sulle alleanze del Pd che prefigurino il futuro. Il travaglio di Rifondazione, la crisi della sinistra democratica, il congresso socialista ci dicono che c'è un'area di sinistra che cerca nuove strade e può traversarle solo se si colloca dentro le mura del socialismo europeo, se si avviano processi di unificazione in competizione positiva con il Pd. Il quale però è sempre nel limbo: in Europa e in Italia. Ed è essenzialmente sua la responsabilità dell'impotenza di tutto il centrosinistra di fronte all'offensiva di Berlusconi. Cari compagni, decidete.

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