lunedì 10 novembre 2008

Obama all'Italiana

http://www.pensalibero.it - 10/11/2008

Un batter di ciglia. Tanto sono durati i buoni propositi dei nostri giornali, osservatori ed esponenti politici dopo la vittoria di Obama nelle presidenziali USA. Bellissime parole sul sogno americano che ancora una volta si avvera, sulla possibilità di un outsider di aspirare a qualsiasi traguardo, sulla vitalità di una democrazia che dimostra sempre, soprattutto nei momenti di crisi, di avere la forza di autorigenerarsi. Poi, in un attimo, il ritorno della inclinazione provinciale a leggere tutto secondo i dettami del nostro “particulare” , ed il consueto rifugiarsi nel “teatrino” della nostra politica. Berlusconi vanta i diritti di autore della definizione; ma a furia di imitare i suoi imitatori, in questo teatrino finirà per ricavarsi il ruolo di capocomico. Ancora una volta non ha resistito alla tentazione di rendersi simpatico ed ha tirato fuori la battutaccia del giovane bello ed abbronzato. Sullo stesso versante Gasparri ha sentito, lui solo, il bisogno di informarci che l’elezione di Obama suscita sentimenti di gratitudine in Al Quaeda. Sul versante opposto non ci si è fatti mancare niente quanto a prevedibile e prevista banalità. In cima a tutti Walter Veltroni con il suo tentativo di farsi rimorchiare da Barack per risollevare le sorti del PD nostrano. La micidiale battuta di Arturo Parisi, “non possiamo vincere in Abruzzo ma abbiamo conquistato l’Idaho” sottolinea ciò che Veltroni finge di ignorare: la campana di Obama suona proprio per il PD di casa nostra. I democratici, in USA, si sono ricreati un’immagine vincente grazie ad un leader spuntato quasi dal nulla e cresciuto negli ultimi due anni; mentre i democratici in Italia non potranno avere mai il loro Obama fino a quando non salterà il tappo del gruppo che lo dirige dopo aver diretto DS e Margherita e, prima ancora, PCI e correnti democristiane. Intanto il nuovo Presidente ha dato prova di autoironia nella prima conferenza stampa dopo la vittoria informandoci che intende scegliere in un canile il cagnolino da regalare alle due figliolette: “un bastardino come me”. Ma la nostra inesorabile stampa rende noto che centinaia di italiani, di quelli che “guardate quanto siamo diversi noi “, “ non ci sono solo degli straccioni nella penisola” “ci vergogniamo di essere italiani” e via prostituendosi, hanno scritto al New York Times per chiedere scusa delle frasi di Berlusconi. Scendere, secondo il proponimento del grande Woody Allen, non si può. Ma tutti noi che non ci ritroviamo in un bipartitismo di partiti fra loro uguali; che non abbiamo rappresentanza parlamentare ma annoveriamo esponenti ancor giovani che già si sono tolti più di una soddisfazione; ecco, proprio noi, perché non pensiamo, tutti assieme ad una lunga marcia, accompagnata da un necessario periodo di digiuno, per conquistare, se non il governo del Paese, almeno la possibilità di esercitare una qualche influenza?

Nicola Cariglia

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