giovedì 20 novembre 2008

Il coraggio di avere 'nemici' a sinistra


Di Pieraldo Ciucchi*

Molte volte in questi quindici anni ci è stato domandato per quale motivo avrebbe dovuto continuare ad esistere, a sinistra, un partito dichiaratamente socialista, erede diretto della tradizione ultracentenaria del socialismo italiano. Ci è stato chiesto (e, per la verità, molte volte ce lo siamo chiesto noi stessi) che utilità avrebbe avuto nella politica italiana un partito ridotto al lumicino nei voti e nelle responsabilità istituzionali, marginale nella definizione dell’agenda politica, se non quella di diventare un’accolita di reduci relegati dalla Storia a reggere una bandiera ormai logora. La risposta a questa domanda ci è sempre venuta spontanea: per impedire che la cultura e l’azione politica del riformismo - sempre minoritario nei consensi ma sempre determinante (da Turati a Matteotti, da Saragat a Craxi) per il progresso politico, sociale e civile del nostro Paese - divenisse ostaggio dei vari ismi (radicalismi, giustizialismi, doroteismi e non ultimi i “maanchismi”) con i quali, purtroppo, si è identificata la percezione da parte dell’opinione pubblica delle stesse categorie di “sinistra” e “centrosinistra”. Al punto che molti autentici riformisti non hanno potuto fare altro che chiedere asilo politico laddove mai, anche solo vent’anni fa, avrebbero pensato di trovarlo. Il fondo di Ernesto Galli Della Loggia apparso oggi sul Corriere è illuminante e dovrebbe costituire un compendio per chi, a vario titolo, porta la responsabilità di una mancata affermazione della cultura riformista nella sinistra italiana. Non certo noi socialisti, che di nemici a sinistra ne abbiamo avuti a volontà pur non ritenendo mai di trovarci in una condizione di superiorità antropologica; noi che abbiamo sempre cercato di affermare idee e di non fermarci alla “cultura del no”, dello scontro e della contrapposizione ideologica, mantenendo, anche quando costretti all’opposizione, un profilo di forza di governo; noi che siamo diventati i “socialfascisti” un minuto dopo aver rigettato quel manicheismo di matrice marxista cui fa riferimento Galli Della Loggia. Chi, oggi, ha l’occasione storica di costruire una grande forza riformista che aspiri ad essere un’alternativa di governo seria e credibile dovrebbe a nostro avviso munirsi soprattutto di una dote: il coraggio. Il coraggio di abbandonare definitivamente, oltre che l’ideologia, anche la prassi di un’azione politica che troppo spesso rincorre il totem del “partito di lotta e di governo”, e di affermare invece un’identità compiutamente riformista. Il coraggio di avere per “nemici” (ma noi preferiamo chiamarli avversari) coloro che, anche a sinistra, con quell’identità sono inconciliabili.

Segretario regionale Partito Socialista Toscana*

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