venerdì 14 novembre 2008

*Le ragioni in una lettera inviata a Veltroni*

Abruzzo. Fulvia Lucantonio, Assessore comunale
lascia il PD ed aderisce al Partito Socialista


Al Segretario Nazionale del PD
On. Walter Veltroni
Al Segretario regionale PD Abruzzo
Dott. Luciano D’Alfonso

Sono nata in un Paese che sembrava essere normale. Crescendo, gli eventi mi hanno dimostrato che non lo era affatto ed hanno cambiato, o meglio, influenzato le mie scelte. Ero una ragazzina quando la mafia sferrò i suoi più vili colpi contro i servitori dello Stato che la combattevano. In quella primavera estate del 1992 decisi che il diritto sarebbe stato il mio futuro, la mia vita.
Ero un’adolescente quando vidi Occhetto piangere alla Bolognina e seppi che in Italia il partito comunista non aveva più ragion d’essere e che stava nascendo il primo di una serie di nuovi soggetti politici.
Ero una liceale quando compresi che la riforma della scuola non era la migliore possibile e partecipai alle occupazioni, al movimento. Fisiologicamente, con naturalezza, mi avvicinai alla politica e decisi di impegnarmi. Ho aderito alla prima Sinistra Giovanile, ho scoperto il mondo entusiasmante delle federazioni, l’ebbrezza dei primi discorsi in pubblico, la condivisione di un’esperienza che ci portava a vivere insieme anche le fasi non politiche delle nostre vite. Ho sofferto e ho gioito, ho lavorato, ho motivato altri compagni, ho contestato, ho discusso, ho proposto, ho aiutato a costruire, ho riso e ho pianto. Di amarezza e di gioia. Ci ho creduto. Ho speso giorni e giorni della mia vita a fare qualcosa di entusiasmante, di grande e di bello: la politica, la costruzione del nostro futuro e, soprattutto, di quello dei nostri figli.
In quindici anni di militanza mi sono impegnata dando il massimo per SG prima, per il PDS poi, infine per i DS. Ho imparato tanto, se non tutto, vivendo la realtà quotidiana di un grande partito che ha avuto la forza di cambiare nome e pelle, di adeguarsi all’evoluzione sociale e culturale del Paese. Ho avuto fiducia e mi sono impegnata con rinnovata passione dopo l’esperienza dirompente del congresso nazionale del Lingotto nel 1998. Eppoi.
Eppoi mi sono ritrovata a chiedermi stupita in che cosa credessimo, quale fosse il nostro tessuto condiviso di valori.
Mi sono svegliata una fresca mattina d’estate in una Regione governata dal centrosinistra e ho scoperto che, in realtà, quel giorno il Partito Democratico e io abbiamo smesso di condividere il cammino. Dalla sera alla mattina la giunta regionale d’Abruzzo è stata annullata da un’inchiesta della magistratura. E nulla è accaduto. Il Partito Democratico, regionale e nazionale, ha assistito con un silenzio assordante agli eventi.
Non una voce si è levata a manifestare l’opportunità di considerare che un avviso di garanzia è un atto dovuto a tutela dell’indagato; nessuno ha ricordato che le misure cautelari restrittive non sono un’anticipazione della sentenza di colpevolezza. Ho sofferto e ho dubitato, infine ho accettato che il Partito Democratico non ritiene di confidare nei propri iscritti eletti; ho imparato che il Partito Democratico non crede al principio costituzionale della presunzione d’innocenza; ho scoperto che qualcuno nel partito democratico ritiene di essere antropologicamente diverso dagli altri.
Ho sofferto umanamente, moralmente e psicologicamente. Politicamente ho provato un’immensa sensazione di vuoto. Ho visto annullati in pochi giorni i miei anni di impegno.
Il partito democratico non ha avuto la capacità, la forza, il bisogno di difendere i propri eletti rinnegando completamente i tre precedenti anni di amministrazione e tutti gli sforzi fatti in una lunga e dura campagna elettorale. Nella situazione abruzzese, la politica è stata completamente assente. Non scelte politiche ma mero calcolo alla base di tre mesi di vergognoso silenzio.
In Abruzzo la politica ha fatto un balzo indietro, ha abbandonato la scena permettendo che una faida fra poteri occulti interni al mondo della sanità privata decidesse le sorti della Regione.
Il partito democratico ha palesemente dimostrato di non avere un’identità riformista e liberale, si è piegato ai diktat di chi cavalca l’onda di un’opinione pubblica ammaestrata dai mezzi di comunicazione. Il partito democratico non ha nemmeno saputo (voluto?) difendere le scelte dei tanti elettori e simpatizzanti che hanno espresso la propria volontà nelle primarie ed ha permesso che le candidature fossero decise da altri, in altri luoghi. Estranei al partito stesso.
Evidentemente quello che in tanti avevamo creduto e sperato possibile, ovvero la nascita di un grande partito riformista, laico, socialista, liberale in Italia non è possibile. O forse non è possibile con questa nomenklatura. In ogni caso, so di non avere nulla più che mi lega a un gruppo di giustizialisti, ipocritamente libertari, falsamente democratici.
Me ne vado. Considerando finito un amore.
Scelgo di entrare nella famiglia dei Socialisti Italiani portando negli occhi il sorriso e la speranza di una donna pronta a innamorarsi di nuovo.
Senza rimpianti, seppur con un po’ di amarezza.

Roma, lì 11 Novembre 2008
Fulvia Lucantonio

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