martedì 17 febbraio 2009

*VELTRONI SI E' DIMESSO*


A.S. - 17 febbraio 2009, 16:09 www.aprileonline.info

Il segretario offre il passo indietro alla riunione del coordinamento, i leader dicono no.

Pausa di riflessione dell'ex sindaco di Roma, poi il no definitivo. Ha inciso, la drammaticità della sconfitta in Sardegna: tra Cappellacci e Soru nove punti percentuali di distacco, addirittura diciotto tra le coalizioni.

Walter Veltroni ha confermato le dimissioni, la "pausa di riflessione" non ha sortito effetti. Ora c'è in ballo la convocazione della direzione, il seguito è aperto a varie possibilità. Di certo ci sarà un redde rationem con l'opposizione, in primo luogo dalemiana. Da verificare se la resa dei conti avverrà direttamente nella sede della direzione, e qui Veltroni potrebbe venire riconfermato indebolendo gli oppositori, o se si andrà al congresso anticipato, forse al posto della conferenza programmatica fissata per metà aprile.

A far esplodere le tensioni, la sconfitta in Sardegna, particolarmente pesante. Il candidato del centrodestra, Ugo Cappellacci, ha distanziato Renato Soru di nove punti percentuali (52 a 43), ancora più evidente è stato il distacco tra le coalizioni, che ha segnato uno netto 57 a 39 a favore del centrodestra. Il voto disgiunto a favore di mister Tiscali, insomma, c'è stato, ma la situazione era talmente squilibrata che si è rivelato inutile. Il Partito democratico non è arrivato nemmeno al 25 per cento, facendo segnare un tracollo di undici punti rispetto al voto di cinque anni fa. E' salita di un punto l'Italia dei valori (dal quattro al cinque per cento) mentre la sinistra, tra Rifondazione comunista, Pdci, lista vendoliani - Sinistra democratica ha messo assieme, più o meno, un 6 e mezzo per cento.

Come anticipato ieri sera, il segretario Walter Veltroni ha riunito il coordinamento del Pd, presentandosi con una proposta choc: ha offerto ai leader del partito le proprie dimissioni: "Se il problema sono io, me ne vado". Chi c'era ha assicurato subito che non si trattava della solita formula di rito, un finto farsi da parte per incassare il sostegno. Stavolta l'ex sindaco di Roma aveva davvero intenzione di fare un passo indietro. I maggiorenti - tra loro Pier Luigi Bersani, Enrico Letta, Rosy Bindi, Piero Fassino e i capigruppo di Camera e Senato Antonello Soro e Anna Finocchiaro - hanno respinto al mittente le dimissioni. Veltroni si è preso l'ora di pranzo per decidere, alle 17 il passo decisivo. I motivi principali che erano stati addotti in chiave anti - dimissioni sono state l'imminenza dell'appuntamento elettorale europeo e la necessità di arrivarci con un leader "in sella".

Il gesto di Veltroni è coerente con le sensazioni maturate negli ultimi giorni, esplose quando, ieri sera, le proporzioni della sconfitta sono emerse in tutta la loro drammaticità. E' sempre più convinto, il segretario, che ci sia almeno mezzo partito che gli ha remato contro. Giusto ieri Massimo D'Alema ha ribadito, esplicito più del solito, la convinzione che il Pd "non sia autosufficiente" e che occorra iniziare a riallacciare i rapporti con la sinistra "disposta a misurarsi con sfida di governo". In pratica, Sd e i vendoliani. Si tratta della sconfessione di due dei capisaldi con cui Veltroni si presentò al voto dell'aprile scorso: predominanza programmatica ed esclusione della sinistra "radicale" dalle alleanze.

Nel corso del coordinamento, aveva preso la parola anche Bersani, accusato nei giorni scorsi di aver sbagliato ad annunciare la candidatura alla segreteria a pochi giorni dal voto sardo. Bersani ha ribadito la sua lealtà al partito e al progetto, dicendosi pronto a proseguire su questa strada ed anche lui ha rifiutato l'idea che le responsabilita' della situazione dipendano dal solo segretario. Allo stesso tempo però, e questo è un altro dei fattori che hanno indotto Veltroni al passo, Bersani e il coordinamento hanno invocato più "collegialità" nella gestione del partito. Un commissariamento che il segretario non ha voluto accettare.

Alla vigilia Francesco Rutelli aveva lanciato l'ennesima reprimenda, stavolta attraverso una nota su Facebook: "Veltroni faccia quello che non è riuscito a fare finora. Ha il pieno rinnovo della mia fiducia per fare un partito nuovo. Guardando indietro non andremmo lontano". Il sindaco di Venezia Massimo Cacciari, pur respingendo l'ipotesi di un passo indietro anticipato del segretario, era stato duro come al solito: "E' il Pd nel suo insieme che non va. Tutta la leadership del partito in questi mesi si sta dimostrando non all'altezza della situazione. Non si affrontano i problemi organizzativi (che ho sottolineato tante volte), non si sviluppa un dibattito politico-strategico all'interno del partito, la dialettica è ancora bloccata sulle vecchie leadership e non si promuovono forze giovani. In questa situazione quanta strada si vuole fare? E' evidente che finisca così".

Di certo, le alternative a Veltroni si guardavano bene dal farsi avanti ora: prendere il timone di una nave così malandata spaventerebbe chiunque. Qualcuno adesso, da solo o in compagnia, deve farlo.



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