giovedì 19 febbraio 2009

*Rendo onore al Compagno Veltroni*


di Vittorio Sgarbi*

19/02/2009 - Leggo, con sorpresa, in apertura dell’articolo di Filippo Ceccarelli, «Il sogno infranto di Walter il buonista», in prima pagina di Repubblica: «Povero Veltroni: cosa ricorderà di questi ultimi dieci mesi crudeli?...ce n’è per tutti i gusti e di parecchi generi. Quasi romantico Sgarbi: “Il perduto Veltroni”». Non so quando e non so dove ho espresso questa formula romantica. Ma, certo, è da tempo che la penso. Su questo giornale ho addirittura esibito paradossalmente la mia candidatura alla segreteria di un partito che aveva perduto la guida ben prima dell’inevitabile abbandono di Walter.

L’insopportabile silenzio sulla vicenda di Del Turco, che ha condotto alla perdita dell’Abruzzo; l’ancor più incomprensibile inerzia rispetto all’arresto insensato del sindaco di Pescara D’Alfonso; l’abbandono della classe dirigente napoletana a partire da Gambale; l’abulia per il destino dell’amministrazione di Firenze sono soltanto alcuni casi che segnalano l’imbarazzo e l’inadeguatezza di Veltroni rispetto ai quadri dirigenti del Partito democratico in una ipnotica soggezione al giustizialismo di Di Pietro al quale Walter ha abbonato anche la «sacra famiglia». Da tempo, dunque, lo vedevo «perduto», sull’orlo del precipizio da cui oggi è caduto.

Era inevitabile, ma lo sarebbe stato forse per chiunque. E non per il contropiede di Di Pietro, e per la paura di contrastare la sua cattiva politica con la difesa di buoni amministratori del Partito democratico, ma per una questione più sostanziale. Essere, cioè, impossibile a chiunque la fusione fredda delle due anime del Pd. Nessuno più di lui sembrava adatto alla mediazione. Ma già subito, scimmiottando Berlusconi con Casini, chiedere la testa dei socialisti, infine escluderli per allearsi con Di Pietro, fu il peccato originale di un partito che, comunque vada, al Parlamento europeo non saprà se far confluire i suoi nello stesso gruppo Popolare del Popolo della libertà o nel gruppo Socialista al quale fa riferimento la tradizione dei Ds. O forse, per sottolineare l’anomalia, a un altro gruppo intermedio, da inventare.

Contrariamente a D’Alema, Veltroni non aveva mai fatto frutto del suggerimento di Cossiga: centro-sinistra, con il trattino. D’accordo, Walter era partito prima e senza predellino. Ma se la fusione di Forza Italia e An, pur tra le tante difficoltà, si avvia a compimento, non era necessario che, per non perdere il brevetto, Margherita e Ds dovessero trasformarsi in un insipido Partito democratico. Così, l’operazione è fallita e Walter è stato travolto.

Ora se ne va, non perché responsabile, ma perché a nessuno sarebbe riuscita l’impresa. Se ne va, e con molta eleganza si scusa. Ma sa che, oltre a Di Pietro (che è tanto), non deve rimproverarsi nulla. Chiunque avrebbe fallito: «Lascio, con assoluta serenità, ma senza sbattere la porta... Ho fallito, e la responsabilità è tutta mia». Belle parole di un uomo perduto alla guida di un partito inesistente, creato in laboratorio senza capacità di rappresentare una visione, una posizione, ovvero (come deve essere un partito) una parte. Lo ha detto bene il lucido Sergio Chiamparino: «Si dica ciò che il Pd pensa e qual è la linea sulle diverse questioni. Per semplificare: il Pd sta con Beppino Englaro o con quello che suggerisce la gerarchia ecclesiastica? Si sta con i cortei della Cgil oppure si va ai tavoli della Cisl? In Europa si va con il gruppo socialista o con chi?». Ecco: in queste parole c’è la incoerenza e la tragedia politica e personale che ha condotto Veltroni a dimettersi. Non è vero, come pensa Giuliano Ferrara che si tratti di un «omicidio politico», essendo l’omicida Massimo D’Alema. Né omicidio, né suicidio. Semplicemente Veltroni è vittima del crollo di un edificio di cui gli stessi occupanti non si sono ancora accorti. Sono sotto le rovine e pensano di potere trovare ancora un padrone di casa.

Chiunque fosse stato segretario del Pd sarebbe stato travolto, e lo sarà ancora chi verrà dopo Veltroni. Ma rispetto ad altre cadute e ad altri avvicendamenti, Veltroni è uscito di scena con dignità, fingendo di credere che sia possibile ad altri un progetto oggettivamente impossibile. Berlusconi avrà un partito unico oltre la sopravvivenza delle ideologie; Veltroni e chi lo seguirà hanno sulle spalle il carico di una insopprimibile ideologia, anzi di due visioni. Fino a quando cercheranno di convivere saranno destinate a scontrarsi, a lacerarsi. Quando torneranno a separarsi potranno utilmente assommarsi senza inseguire l’illusione di un bipolarismo forzato. Veltroni se ne va, nessuno, da solo, potrà sostituirlo. Onore al compagno (?) Veltroni

http://www.ilgiornale.it*



3 commenti:

  1. L'articolo di Sgarbi mi piace molto e lo condivido.
    Mi pare presto prevedere che cosa comporti il dopo-Veltroni, ma l'area laica e socialista deve inizare a porsi qualche domanda.
    È chiaro che la formula di Macaluso, al capolinea, si è rivelata corretta. Più che un viaggio da iniziare l'esperenza del Pd si sta rivelando l'ultimo atto di una vicenda politica iniziata almeno negli anni '80 (la crisi di Dc e Pci che Craxi aveva meglio di tutti colto).
    Veltroni era forse il meno compromesso della vecchia nomenclatura comunista, quello più innovativo, sia pure con i limiti di un nuovismo un po' improbabile culturalemente ma sicuramente efficace. Per queste sue caratteristiche era forse l'unico ad incarnare il futuro Pd in una persona sola. Ha sbagliato a rifiutare l'identità socialista e libertaria come unico approdo della sinsitra italiana, ma ha percorso la sua strada con coerenza. Ha sbagliato anche a proporre la vocazione maggioritaria senza potere contare su un partito veramente unito e forte: se già al tuo interno vivi in sorte di federazione di idee e progetti, come puoi rifiutare l'apporto di forze esterne che hanno una certa affinità?
    Detto questo, e molto altro ci sarebbe da aggiungere, adesso si deve inziare a pensare al dopo.
    L'ho già scritto ma nessuno ha colto la provocazione qui sul blog.
    Dovremo morire d'alemiani adesso? Solo perché la tattica di D'Alema ha previsto in questi mesi una maggiore attenzione al di fuori del Pd (area Vendola) significa che il nuovo centro sinistra si potrà ricostruire intorno alla figura di uno come Bersani? Io ho dei dubbi che questi siano gli interlocutori migliori di una area socialista e radicale, Rosa nel Pugno allargata in breve. Lo dico a naso e di getto... voi che cosa pensate? Certo che prima di tutto bisogna dimostrare di essereci, e le elezioni europee sono davvero l'ultimo bus su cui salire. Se il sondaggio fosse il responso delle urne ci metterei la firma.

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  2. A qualcuno potrà sembrare strano, ma condivido quanto espresso da Sgarbi e dal commento di Carlo.
    Luigi Tomassucci

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  3. Io, invece, credo di non meravigliare, ormai, piu' nessuno se dico di essere totalmente d'accordo e di sottoscrivere le parole di VITTORIO, CARLO E LUIGI. Per questo, pero', non serviva un "Commento". Voglio, infatti, sviluppare due brevi considerazioni aggiuntive e di risposta: 1)chi pensava e/o affermava, anche al nostro interno, che Sgarbi non fosse un politico e'... "servito". Questo mi auguro serva ad aumentare, in ognuno di noi, la volonta' e l'impegno ad invitare ed a convincere SGARBI a candidarsi con il PS, a cui e' iscritto, IN UNO O PIU' COLLEGI ELETTORALI PER LE PROVINCIALI DI MACERATA; 2)le questioni poste da Carlo rappresentano il nodo centrale dell'attuale situazione politica e dalla loro risoluzione dipendera', per tanta parte, il futuro nostro e dell'intero Centro-Sinistra in Italia. Quando le ho lette ho... respirato profondamente senza, pero', riuscire ad articolare una risposta immediata che fosse convincente (...anche per me stesso). Poi i fatti (Assemblea Nazionale PD) si sono incaricati di darmi una mano ed e' per questo che, in un'ideale... continuita' dialettica, rimando Carlo a quanto ho scritto, sia sul "dopo Veltroni" e sia sul "non morire Dalemiani", nel mio Post di ieri su..... "RE FRANCESCHINIELLO". Fammi sapere che ne pensi/ate. Un caro saluto a voi tutti. Ivo

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