martedì 17 febbraio 2009

*Concordato il Si di Nenni*


Pietro Nenni (1891-1980) storico leader del Partito Socialista Italiano fu vice di Moro nel primo governo di Centrosinistra.
Gennaio 1976, la Santa Sede comunica a Moro le condizioni della revisione. Il leader Psi approva.

di Giacomo Galeazzi*

«Sì, possiamo rifare il Concordato». Il via libera alla revisione dei Patti Lateranensi emerge da un documento segreto del gennaio 1976 sottoposto da Aldo Moro a Pietro Nenni e approvato, a sorpresa, dal leader del Psi fino a quel momento contrario. Il protocollo riservato che La Stampa pubblica per la prima volta, costituirà poi la base del nuovo Concordato siglato da Bettino Craxi a Villa Madama il 18 febbraio 1984. Il Vaticano, persa la battaglia sul divorzio, si impegna a «non insistere in una richiesta pregiudiziale del ristabilimento della situazione quo ante». Inoltre, la Santa Sede chiede «il mantenimento dell’istruzione religiosa nella scuola, anche se fuori da un contesto della concezione della religione cattolica come religione di Stato», reclama «l’abolizione di ogni forma di approvazione e quindi di controllo statale sulle nomine degli ecclesiastici (vescovi, parroci, enti religiosi)» e si dichiara «disponibile a discutere il problema degli effetti civili del matrimonio canonico».

Una bozza sulla quale Moro incassa il «placet» di Nenni che apre la strada alla storica revisione. «Nenni comprese che, all’indomani della pesante sconfitta della Chiesa e dei cattolici nel referendum contro il divorzio, la Santa Sede sarebbe stata obbligata a rivedere ogni tipo di oltranzismo in materia di riforma dei Patti del 1929 e che il centrosinistra non doveva indugiare ad intavolare negoziati con il Vaticano», rivela Francesco Margiotta Broglio, studioso di relazioni tra Stato e Chiesa e presidente della commissione governativa per l’attuazione dell’accordo. «A nessun altro leader del centrosinistra venne fatto conoscere il documento riservato che Moro consegnò a Nenni. Moro agiva attraverso il suo consigliere di fiducia, ambasciatore Pompei e con la consulenza di Leopoldo Elia, mentre Paolo VI aveva affidato la questione al segretario Cei, Bartoletti, che godeva della piena fiducia del Pontefice.

Nenni capì, anche per la spinta del Pci di Berlinguer e la presenza laica dei repubblicani nel governo Moro, che si doveva superare la spaccatura provocata dal referendum del ‘74 sul divorzio e che andava presa sul serio la disponibilità di un pontefice scosso dal risultato inaspettato della consultazione popolare». Nenni, poi, conservava per Moro gratitudine politica - ricorda Margiotta Broglio - dai tempi del primo centrosinistra (1962) quando il leader dc appoggiò l’apertura al Psi. E al tempo stesso voleva regolare i conti all’interno del Psi, allora guidato da Francesco De Martino, contrario al Concordato, che considerava un retaggio fascista. Pochi mesi dopo, sconfitto alle elezioni, De Martino sarebbe stato defenestrato al Midas dal delfino di Nenni, Bettino Craxi l’uomo che, non a caso, da presidente del Consiglio avrebbe poi siglato il nuovo Concordato modellato sullo schema del documento approvato segretamente da Nenni.

Da parte sua Moro, che aveva vissuto la Costituente, sapeva che i socialisti erano il partito che pretendeva una revisione in profondità degli accordi del ‘29. Racconta il cardinale Giovanni Lajolo che partecipò alla trattativa: «Dopo il passaggio monarchia-repubblica e il Concilio Vaticano II, bisognava mettere mano ai Patti Lateranensi. L’atmosfera era cambiata. L’accordo di Villa Madama è in realtà è una nuova concezione dello strumento Concordato. Si vede l’impronta del Vaticano II e della Cei. Secondo il principio di sussidiarietà, la Santa Sede tiene in mano le cose che richiedono una sua presenza diretta, ma le cose più importanti, quelle che incidono sulla carne, sul corpo vengono lasciate alla conferenza episcopale».

Dal sì inatteso di Nenni del ‘76 alla sigla del 1984 il percorso è complicato. Testimonia Lajolo: «Non ho mai avvertito la presenza di Craxi se non al momento della firma. Le trattative sono state lunghe, i partiti avevano i loro rappresentanti, per esempio Cardia per Berlinguer, altri per Spadolini o la Dc. Poi in commissione si faceva il crogiuolo e si tirava fuori ciò che si poteva. Ma la cosa del tutto abnorme era che ciascuno riferiva non al governo bensì al proprio partito». Il problema pratico, però, era che i governi ogni sei mesi andavano in crisi. «Le trattative si bloccavano non appena si sentiva aria di crisi e riprendevano solo qualche mese dopo che il nuovo governo era in carica. Per arrivare a un accordo ragionevole si è tirato per le lunghe più del necessario, ma il Concordato del 1984 è molto moderno anche se non tutti sono d’accordo, persino nella Chiesa, non solo tra i laici. I delegati italiani ci dicevano cosa fosse realizzabile e cosa no. Non scoprivano le carte. Non sappiamo quanto abbiano inciso i singoli leader politici, ma di fatto non era il governo che dava le istruzioni, bensì le segreterie dei partiti».

Nel 1982, sottolinea Margiotta Broglio, «Spadolini era arrivato molto vicino all’accordo con il segretario di Stato, Casaroli, ma le vicende dello Ior impedirono di sottoporre al Parlamento un testo che sarebbe stato travolto dalle reazioni a quegli eventi, come dimostrò l’irrigidimento del cattolico Andreatta». I governi Andreotti, Cossiga e Forlani «non riuscirono a far accettare al Vaticano le modifiche più delicate che nel 1983 Craxi ottenne attraverso la mediazione politica tra Gennaro Acquaviva e il ministro degli Esteri, Silvestrini». In Germania, precisa Lajolo, «lo Stato sovvenziona totalmente la scuola cattolica e l’azione caritativa della Chiesa tedesca all’estero. In Italia tutto ciò sarebbe impensabile, però, dopo 25 anni, quello di Villa Madama resta un buon Concordato».

http://www.lastampa.it*


1 commento:

  1. Permettemi un breve ricordo personale di Pietro Nenni, il "grande vecchio", in senso positivo, del Socialismo Italiano. Guardando la sua foto, i suoi occhi dietro le lenti spesse, non posso nascondervi di essermi commosso. Con le sue battaglie, le sue vittorie e le sue sconfitte, i suoi tanti meriti ma anche con i suoi errori (quello raccontato nel Post puo' essere considerato, alla luce dei fatti di oggi, uno di questi), Nenni ha segnato piu' di mezzo secolo della storia del Partito Socialista e della Democrazia del nostro Paese. Un Socialismo per i cui Ideali ha, prima, rischiato la vita, nella lotta per la liberta', in Spagna e in Italia, e per i quali, in nome degli stessi, ha, poi, realizzato concretamente il titolo con cui l'Avanti! saluto' la nascita del primo Governo di Centro-Sinistra: *DA OGGI OGNUNO E' PIU' LIBERO*. E' stato cosi'! Un altro titolo, sempre dell'Avanti!, e' stampato nella mia mente, quello del giorno dopo la sua morte, il 2 Gennaio 1980: *PIETRO NENNI E' MORTO: NELLE SUE LOTTE LA STORIA SOCIALISTA E DEL PAESE*. Lo ricordo non solo perche' lo conservo, qui nella biblioteca della Rocca, ma per il fatto di averlo tenuto in mano per tutto quel giorno quando, poco piu' che adolescente, scesi in treno a Roma, insieme al mio Avo, per andare a porgli l'estremo saluto e per partecipare al suo funerale. Quella fu la prima e l'unica volta che lo vidi. Vidi, purtroppo, soltanto il suo feretro composto nella Camera Ardente che il Partito allesti' nella sede del "suo" Mondoperaio, la rivista politico-culturale che lui, autodidatta, fondo' negli anni '50 e di cui, il vostro Segretario Riccardo Nencini, quando e' venuto qui a Radicofani, un mese fa', ha annunciato l'imminente ripresa delle pubblicazioni. La cerimonia ufficiale avvene, il giorno dopo, a Palazzo Madama. Il Senato della Repubblica onorava il Nenni Senatore a Vita. Due giorni indimenticabili che la sua bella foto pubblicata, credo per la prima volta, sul vostro sito mi ha fatto ricordare in tutti i particolari. Dagli Statisti Socialisti Europei presenti (Gonzales, Soares, Brandt, Mitterand, Palme, Papandreu e Bruno Kraische) allo storico discorso del suo successore e "delfino" Bettino Craxi pronunciato davanti a centinaia di migliaia di socialisti in Piazza Augusto Imperatore, dietro Largo di Torre Argentina, sino alla fiaccolata finale, che illumino' e riscaldo' il centro di Roma, con cui salutammo Nenni. Potrei raccontarvi tante cose di quei due giorni. Mi limito ad una. Accanto all'ingresso del Senato, picchettato ed ipercontrollato (erano gli "anni di piombo"), vidi parcheggiata un'utilitaria, una Fiat 127 rossa. Chiesi come mai fosse li e mi dissero che era l'auto con cui Nenni si recava, quando era Vice Presidente e Ministro degli Esteri, alla riunioni del Consiglio dei Ministri, rifiutando l'auto blu blindata. DA LI I SOCIALISTI DEBBONO RIPARTIRE! Rocca di Radicofani, addi 18 Febbraio 2009 d.C. GdTj

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