mercoledì 11 febbraio 2009


*La solita Italia*


di Roberto Vezzoso

Il nostro è uno strano paese.
La nostra capacità di vivere costantemente in uno stato d' "emergenza", in una sorta di "vivo alla giornata" collettivo affrontando i problemi individuali ma soprattutto collettivi solo quando questi si manifestino violentemente, ci conduce troppo spesso ad essere vittime di situazioni paradossali. Per esempio – e scrivo sapendo di non avere "la verità" in tasca ma perché cerco di capire casa mi accade intorno – si è avuto tutto il tempo per sviluppare, dibattere ed approvare una legge sul testamento biologico. Questo termine – testamento biologico – l'ho sentito pronunciare per la prima volta in occasione della nostra alleanza con i Radicali; quella della Rosa nel Pugno. Ammetto che all'epoca non ne avevo capito la sostanza e l'importanza ma c'è stato poi tutto il tempo per riflettere e documentarsi sulla questione. Su un argomento così delicato come il fine vita, quando questo non avvenga in maniera "naturale" e in tempi brevi è giusto porsi delle domande ed è anche giusto che lo Stato legiferi senza mettere dei paletti precisi con la sua legge e lasciando un certo margine di responsabilità all'individuo. Dalle vicende di WELBY e della ENGLARO, diverse nella sostanza giuridica, qualcosa si può imparare sperando di arrivare presto ad una buona legge sul testamento biologico.

Riporto un articolo apparso sulla Repubblica in data 1 aprile 2007 con cui veniva riaperto il caso di Piergiorgio
Welby.
ROMA - Si riapre il caso di Piergiorgio Welby. Il gip di Roma, La Viola, ha rigettato la richiesta di archiviazione per Mario Riccio, l'anestesista che ha interrotto la ventilazione meccanica del militante radicale. Il giudice per l'indagine preliminare, infatti, non ha ritenuto di dover dar seguito alla richiesta di archiviazione avanzata il 6 marzo 2007 ed ha ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero per l' iscrizione di Riccio nel registro degli indagati.

L'ipotesi contestata a Riccio è quella di "omicidio del consenziente".L'anestesista, però, continua a difendere la sua scelta: "Non mi aspettavo che il gip di Roma rigettasse la richiesta di archiviazione, ma resto della mia opinione che sia stato giusto fare quello che ho fatto. Sono mesi che vivo in una certa tensione ma sono fiducioso nei confronti della giustizia". L'udienza camerale verrà fissata nei prossimi giorni ed in seguito lo stesso gip deciderà se archiviare il procedimento, ordinare al pm di fare ulteriori indagini oppure ordinare di formulare l' imputazione a carico del medico.
Era stata la procura di Roma a chiedere l'archiviazione del procedimento, escludendo qualsiasi nesso tra la sedazione di Welby e la sua morte. Una richiesta che, a quanto si apprende, la procura di Roma, ribadirà ancora. Il procuratore Giovanni Ferrara ed il sostituto Gustavo De Marinis, firmatari della richiesta di archiviazione non accolta dal gip, rimangono della loro idea: con l'interruzione della ventilazione meccanica è
stato attuato un diritto del paziente che "trova la sua fonte nella Costituzione e in disposizioni internazionali recepite dall'Ordinamento italiano e ribadito dal codice di deontologia medica".

All'indomani della morte del militante radicale, Riccio disse che Welby era morto per "arresto cardiorespiratorio". "Ho parlato a lungo con Welby - raccontò l'anestesista - lui mi ha confermato la sua volontà di interrompere la terapia ventilatoria e che ciò avvenisse in corso di sedazione. E' questo che ho fatto: ho interrotto una terapia; la pianificazione e l'eventuale interruzione delle cure è una cosa che avviene quotidianamente in tutti gli ospedali italiani".

Ai tempi Riccio si disse convinto di aver agito "nell'ambito di un percorso medico, giuridico ed etico legale. Anche nella sentenza del tribunale civile di Roma, del resto, è riconosciuto il diritto alla sospensione della terapia". Una tesi che la procura di Roma accolse. Ma oggi, la decisione del gip, riapre una questione che sembrava già chiusa.

(1 aprile 2007)
Da questo intervento legislativo risulta come una mancanza di norme o una loro interpretazione possa portare a risultati diversi a secondo della formazione ed orientamento di chi le applica.

Nel caso di Eluana, non avendo questa mai dichiarato ufficialmente la propria volontà – il padre insieme ad altre persone si era fatto portatore di un' opinione di Eluana al riguardo – dal punto di vista giuridico la situazione è più difficile. Ma c'era stato pure un giudizio legislativo complesso e definitivo. Un dato rimane certo. C'era stato tutto il tempo, in questi anni, per realizzare una legge sul testamento biologico. Quello che è accaduto nel nostro parlamento in questi giorni attorno al caso Englaro è semplicemente vergognoso e non degno di un paese civile.
Mi chiedo anche quanto in questo ritardo legislativo abbia pesato e peserà la volontà del Vaticano di non gradire una legge sul testamento biologico.


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