martedì 24 febbraio 2009

CONGRESSO NAZIONALE
DI SALERNO DELLA FGS


Cari compagni,

mi permetto di pubblicare, con il consenso dell'autore, il testo dell'intervento del compagno Paolo Cola, Vicesegretario regionale FGS Lazio, al recente congresso nazionale di Salerno, che offre degli interessanti spunti di riflessione sulla problematica delle tutele da garantire ai lavoratori, posti di fronte ad una crisi economica sempre più grave, e dinanzi ai sistematici attacchi portati avanti dall'attuale Governo ai diritti dei lavoratori.

Riccardo Morelli


Care Compagne e cari Compagni,

Come giovani e socialisti, in questo Congresso abbiamo il dovere di analizzare le inevitabili ripercussioni che la crisi economica avrà sul nostro futuro. A tal proposito c’è l’urgenza di prendere assolutamente una posizione rispetto alla sostanziale e scandalosa immobilità del Governo Italiano nell’ affrontare l’emergenza, pena, un nostro ulteriore allontanamento dai bisogni delle persone. Assistiamo sgomenti dinanzi all’ottimismo di Tremonti, il quale dice che va tutto bene, e afferma che con soli 5 miliardi tutto tornerà a posto. Ma basta guardare i dati sulla Cassa integrazione per renderci conto della gravità della situazione in cui viviamo: secondo l'Osservatorio Cgil, il ricorso alla Cassa integrazione nel 2008, ha fatto registrare, per i settori dell'industria e del commercio, un aumento del 27,04%, e per il solo mese di dicembre, del 129,66%. Al centro della crisi c'è l'auto in primo luogo, tutto il settore dei beni durevoli, quello delle macchine utensili e l'edilizia. A partire da marzo si registrerà il culmine di questo andamento, a fronte del quale le risorse ipotizzate, per il sostegno ai settori produttivi e per gli ammortizzatori sociali, sono assolutamente insufficienti. Non possiamo nemmeno tacere i dati dell’organizzazione internazionale del lavoro, la quale afferma che a livello mondiale la disoccupazione oscilla tra il 15 e il 51%. Purtroppo l’Italia secondo le previsioni europee, parteciperà attivamente a questo dato negativo, , con una percentuale stimabile tra l’1% e il 3%. Dinanzi a questi dati cosa sta facendo il Governo Berlusconi? Assolutamente niente! E assolutamente inefficacie è il decreto cosiddetto “anti crisi”, il quale non stanza un euro in più per gli ammortizzatori sociali, e istituisce inutili e moralistiche “porno tax”. Ma soprattutto istituisce la “Social Card”…Compagni, questa è l’invenzione più stupida che Tremonti possa aver fatto. Sono all’ordine del giorno i racconti di anziani che si sono ritrovati alla cassa senza che la card fosse ricaricata. E sono all’ordine del giorno casi di depressione causati dalla vergogna che questa “tessera della povertà” ha causato in molti di essi. Provo profonda vergogna dinanzi a tutto ciò. E tale vergogna, che ora si mescola a rabbia, è rafforzata dai dati: solo 450 mila persone hanno ottenuto la social card rispetto all’ 1,3 milioni previsti dal Governo, e molte di esse non hanno soldi nella tessera! A Tremonti vorrei chiedere: perché non utilizzare la social card solo per ottenere sconti nei negozi e trasferire i soldi nei conti correnti di coloro che ne hanno diritto?

Questa proposta è stata avanzata anche dalla Cgil, ma vorrei che oggi da qui, fossero anche i Giovani Socialisti a proporla al Governo. Dobbiamo smascherare questo Governo di pubblicisti e di manipolatori: occorre avere il coraggio di dire che queste azioni non risolvono assolutamente i problemi delle persone in difficoltà, anzi le costringono dinanzi agli uffici postali e a scene umilianti nei supermercati.

Un’altra perla del Governo è la cosiddetta riforma dei Contratti. Berlusconi e la Confindustria hanno pensato bene di sfruttare questo momento di crisi per dare la botta definitiva all’ultimo baluardo dei diritti dei lavoratori: il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro. La Cgil stima che ogni anno i lavoratori perderanno 300 euro e diritti fondamentali che noi giovani non avremo più.

I punti critici di quell’accordo assurdo, che ha visto la più grande organizzazione dei lavori esclusa, sono 3:

  1. Il salario da contrattare nel CCNL: L’accordo introduce un indicatore di tipo europeo, che viene depurato di tutta l’inflazione importata dei prodotti energetici , e quindi si calcoleranno gli aumenti del CCNL con un indice che è depurato ora e sempre di questo valore. Significa che se ad esempio la media dell’inflazione è al 6% e l’inflazione dei prodotti energetici è al 2%, il CCNL recupererà solo la differenza, cioè il 4%, perdendo quel 2%: siccome i prezzi vanno su e giù è difficile fare dei conti, ma credo che se questo fosse un accordo valido per sempre, ogni che aumentano i prezzi, c’è qualcuno che lo paga due volte: e quello che lo paga due volte sarà il lavoratore perché lo pagherà alla pompa di benzina e si vedrà togliere i soldi al momento del rinnovo del CCNL. La proposta riformista è di mettersi attorno ad un tavolo e ripartire solidalmente e intelligentemente il costo dell’energia importata. Si chiama politica di tutti i redditi! Oltre a questo, quando devo fare la richiesta uso questo indice, se poi i prezzi vano in su, non ho mai la verifica dopo due tre anni di quello che eventualmente ho perso verso l’inflazione reale, perche anche la verifica si fa in base all’inflazione importata dei prodotti energetici : non ci sarà mai un adeguamento al costo della vita.

Un’altra questione è il tentativo previsto nell’accordo, di non utilizzare il valore della base di calcolo che oggi i contratti hanno, e che sono stati decisi sempre assieme tra le parti. Questa base di calcolo la si vuole abbassare! Cosa vuol dire abbassare? Se fosse confermata questa scelta, e l’inflazione fosse ad esempio al 6%, quel 6% non va a moltiplicare un valore che è quello oggi di base, ma un valore più basso. Nei meccanici, che hanno un valore del punto di circa 19 euro, lo hanno abbassato di un punto e mezzo, e quando vai a fare la moltiplicazione, la somma è più bassa; vuol dire che non recupera il 6% ma il 4%, e così pure tutte le altre categorie. In questo modo: se sommiamo l’inflazione che viene depurata, il fatto che non si recuperi mai l’inflazione reale, e il fatto che si abbassi il valore del punto, genera una conseguenza: che con il CCNL, strutturalmente non si recupererà il potere d’acquisto perso. E neanche può compensare, l’idea di mettere nel CCNL un’indennità per chi non ha il secondo livello, perché mentre la prima proposta riduce di molto la media di tutti, questa cosa che può essere positiva, riguarda solo una minoranza di imprese e di lavoratori: anche contando tutto, il salario del CCNL tende a scendere rispetto a quello che è oggi.

  1. Secondo punto: il tema della “derogabilità”, messa come principio generale, in cui si dice che quando c’è la crisi o nascono nuove aziende, si può derogare dal CCNL. Cosa vuol dire? Ad esempio c‘è una crisi aziendale, e di fronte ad una crisi vedi come puoi salvare l’azienda e i posti di lavoro. Cosa vuole dire derogare quando nascono nuove aziende? Ad esempio nasce un supermercato in una zona difficile, e li ci si chiede di rinunciare al 20% di salario, di aumentare del 20% l’orario di lavoro, e cosa peggiore, di rinunciare a qualche diritto fondamentale. Poi apre un altro supermercato in un’altra zona, che ci dice: rispetto a quello noi vorremmo ancora andare più in basso; ancora meno salario, ancora più ore lavorate, ancora meno diritti fondamentali. Si può capire che nei settori dove non c’è una forte presenza sindacale, dove c’è una dispersione del lavoro, dell’occupazione, questo vuol dire non avere più il CCNL! Tale criterio sarà catastrofico per le successive generazioni di lavoratori come la nostra!
  2. Infine c’è la terza perla; di questa poi nessuno parla: La verifica della rappresentatività delle organizzazioni sindacali. Giusto: perché è bene che si capisca se uno ha 100 iscritti o 10.000 iscritti, perché noi siamo il paese dove ci sono sindacati che dicono di avere centinaia di migliaia di iscritti, e non ce li hanno, e per saperlo occorre fare le verifiche. A quest’affermazione, l’accordo fa seguire un’altra perla, che dice: una volta misurata la rappresentatività, le parti possono decidere, che chi è maggiormente rappresentativo, decide chi abbia il diritto di scioperare. Ci avevano insegnato che lo sciopero è un diritto costituzionale che fa capo alle persone, e che viene esercitato in forma collettiva! Ci avevano insegnato che se vuoi cambiare la costituzione e le leggi, su materie delicate che riguardano i diritti dei cittadini, sarà bene che lo faccia il Parlamento, sentite le parti sociali, e non le parti sociali! E’ uno stato corporativo quello che fa decidere alle parti chi ha diritto allo sciopero. Mentre è giusto che le parti decidano come utilizzare l’esercizio del diritto allo sciopero, scioperare in modo responsabile per non arrecare danni ai cittadini. D’altronde Turati diceva nei primi del 1900: “lo sciopero deve rispettare i servizi pubblici essenziali”.

Compagni, dinanzi a tale tentativo da parte delle destre di ipotecare il nostro futuro, occorre che la sinistra riformista e socialista alzi la voce a favore dei lavoratori. Occorre che i Socialisti tornino in fabbrica a parlare con i lavoratori, con i migliaia di precari sfruttati e senza tutele. Da questo punto di vista è positiva la proposta di legge del Partito che mira ad istituire uno statuto dei precari, ma non basta. Non si può pensare di far ripartire l’economia se si abbassano i salari ai lavoratori. E non possiamo pensare di costruire una società più giusta, se ci sono giovani e meno giovani senza tutele di alcun tipo. Occorre ripensare l’economia, e proporre con forza il modello socialista europeo della “flex security”: flessibilità, ma garanzia da parte dello Stato di trovare una nuova occupazione mediante corsi formativi. Solo così saremo in grado di presentarci dinanzi agli elettori, e solo così potremo sperare di scalzare la sinistra estrema e il Partito Democratico dalle loro opposte demagogie. Veltroni (e finisco), nei giorni scorsi ha dichiarato che per finanziare gli ammortizzatori sociali occorre tagliare i rendimenti delle pensioni…questa è pazzia allo stato puro. L’Italia ha bisogno della forza propositiva dei Socialisti: sta a noi metterci in gioco e proporre un nuovo modello di società a misura d’uomo.

Fraternamente,

PAOLO COLA
Consligliere Comunale Socialista



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