sabato 16 gennaio 2010

Socialismo, Craxismo e Modernità

Socialismo, Craxismo e Modernità

di Giuseppe Giudice

16/01/2009 - La teoria critica della società (quella della “scuola di Francoforte) è quella che storicamente, ha per prima sviluppato una critica organica della modernità. I principali esponenti di tale impostazione, Theodor Adorno e Jurgen Habermas, però divergono nelle loro conclusioni. Per Adorno la modernità è un progetto fallito, per Habermas resta invece un progetto incompiuto. Il pessimismo di Adorno ha aperto la strada da un lato al post-moderno e dall’altro al sostanziale nichilismo di un pezzo dell’estrema sinistra antimoderna ed inconsapevolmente nostalgica del mondo precapitalistico e preindustriale, l’atteggiamento positivo di Habermas apre la strada ad una idea di modernità aperta e riflessiva che confluisce nel patrimonio culturale del socialismo democratico. Habermas in particolar modo critica la riduzione della razionalità operata dal capitalismo a ragione tecnico-strumentale ed all’occultamento del suo altro aspetto essenziale: quello discorsivo. In sintesi viene qui criticata la riduzione della modernità all’utilitarismo borghese (su queste premesse filosofiche del resto si fonda la teoria economica borghese dell’utilità marginale) ed ad ideologia apologetica del capitalismo. L’altro aspetto della modernità, quello della ragione critico-discorsiva, esprime al contrario un progetto di emancipazione umana che sfocia nel concetto moderno di democrazia. Ruffolo diceva che capitalismo e democrazia sono i due figli , conflittuali fra loro, della modernità e che la storia dell’epoca moderna e contemporanea è soprattutto storia di compromessi realizzati e falliti tra di essi. Il socialismo che porta a pieno compimento l’idea democratica estendendo essa dal terreno politico-normativo a quello economico e sociale, è quindi uno dei due coni in cui la modernità si è sviluppata. Una premessa doverosa per affrontare un tema (rapporto tra socialismo e modernizzazione) talvolta sfiorato in modo superficiale e ricca di luoghi comuni quando si legge la storia degli anni 80. Secondo questa “vulgata” ripetuta dal programma di Minoli (peraltro serio ed equilibrato) che ripercorreva la vicenda politica ed umana di Bettino Craxi, il PSI craxiano si pose alla guida del processo di modernizzazione del paese nel cuore degli anni 80. In genere quando si parla di modernizzazione “craxiana” ci si riferisce a due fenomeni: quello della “Grande Riforma delle istituzioni” e l’attenzione ai nuovi ceti ed alle nuove professionalità che emergevano in quegli anni. Sulla Grande riforma c’è poco da dire: fu un espediente propagandistico (come lo fu la “questione morale” per il PCI). Nessuna proposta organica di riforma dello stato e delle istituzioni fu prodotta dal PSI in quegli anni. Ma si pone un problema: può un partito socialista separare astrattamente il discorso della riforma istituzionale da quello delle riforme sociali? Il progetto socialista del 1978 (Congresso di Torino) legava organicamente il tema della riforma delle istituzioni politiche ad un progetto di trasformazione in senso socialista e democratico della società. La propaganda degli anni 80 no. La riforma delle istituzioni diveniva uno slogan che restava appeso a se stesso. Per quanto riguarda i nuovi ceti emergenti. Alla I Conferenza programmatica di Rimini del 1982 con lo slogan “meriti e bisogni” si tentava una operazione di costruzione di un blocco sociale che avrebbe dovuto tenere insieme la base tradizionale della sinistra – classe operaia , un mondo del lavoro che stava comunque mutando, con le nuove professioni ed i ceti che appunto emergevano dallo sviluppo che caratterizzò l’Italia nella parte centrale degli anni 80. Insomma c’era la preoccupazione di far sì che l’intera sinistra fosse in grado di allargare la sua base sociale. Il problema qual’era però? Quei ceti emergenti erano anche “rampanti” espressione di egoismo ed individualismo aggressivo e ben poco disposti ad allearsi con il mondo del lavoro che esprimeva, sia pur nelle sue mutazioni, interessi e valori diametralmente opposti e non componibili. Questi ceti rampanti erano per lo più legati al boom del Made in Italy, gente impegnata nel settore del design nell’alta moda. Espressione quindi di un consumismo “alto” che , a lungo andare finisce sempre per essere il segno distintivo dei “cafoni arricchiti” (quelli che indossano anche le mutande firmate). Ora una cosa è sostenere il “Made in Italy” quale settore che garantisce crescita della produzione, esportazioni ed occupazione (qualunque governo serio lo farebbe), ben altra cosa è identificare un partito (il PSI) come il “partito del Made in Italy”, ponendosi alla testa (magari inconsapevolmente) di questo rampantismo sociale che certo era in aperta rottura con l’etica socialista. Ecco come una lettura superficiale dei processi di modernizzazione che non tiene conto del loro carattere contraddittorio può generare una subcultura politica che ha rappresentato uno stimolo ad una deriva negativa del PSI. Negli anni 80 si stavano iniziando a verificare dei forti processi di trasformazione dell’economia che comunque mettevano in discussione la tenuta della base tradizionale della sinistra degli anni 70 ed 80. Di fronte a tali mutamenti una parte della sinistra reagì con la difesa di un mondo che in parte non c’era più (è la posizione del Berlinguer degli anni 80) , un’altra parte (De Michelis e Martelli) con il cavalcare acriticamente processi di modernizzazione che in sé recavano comunque istanze fortemente contraddittorie. Ma un altro settore della sinistra (quella in cui mi sono sempre identificato) con Lombardi, Ruffolo, Carniti, Trentin si pose il tema vero che sfuggiva al demonizzatori ed agli apolegeti (entrambi acritici) della modernità: come governare da sinistra ed in senso Socialista il grande mutamento tecnologico in atto in quegli anni. Purtroppo questa posizione restò minoritaria. Tornando al PSI di quegli anni: si ebbe una sovrapposizione rispetto alla base politica e sociale del partito (che comunque è rimasta fino alla fine) di un ceto rampante (Ruffolo li definisce i “craxini”) “spesso arrogante e scostumato, povero di meriti e ricchi di bisogni” (la definizione è sempre di Ruffolo), che nel corso del tempo attirò nei confronti del partito l’antipatia di un pezzo largo di opinione pubblica (e favorì l’azione liquidatoria da parte dei poteri forti e di pezzo della magistratura). Altra cosa era l’idea Socialista riformatrice degli anni 60, fortemente presente nel progetto socialista del 1978. Una idea di modernità aperta ed inclusiva (alla Habermas) in cui lo sviluppo economico è al servizio di un progetto di civilizzazione e di sviluppo della democrazia, con una forte contestazione della degenerazione consumista (l’alienazione del consumo avulso dai bisogni e dalla utilità effettiva di un bene). Comunque nel 1988 cessò la fase virtuosa dello sviluppo (la stagnazione dell’economia americana ebbe effetti sulle esportazioni europee) e quel castello di sabbia fondato sull’ottimismo di maniera vacillò. Lo stesso Craxi se ne rende conto e nella sua relazione alla II Conferenza programmatica di Rimini ne porta i segni (compreso una forte preoccupazione che il crollo del comunismo favorisse il ritorno di un capitalismo selvaggio. Ne riporto alcuni passi: “la crisi verticale del comunismo mondiale e il crollo a catena dei suoi regimi dell'Est europeo accresce enormemente la responsabilità delle democrazie dell'Occidente di fronte alle necessità ed alle incognite del futuro. Per questo futuro non può bastare il modello di un capitalismo che, pur con le sue contraddizioni appare vincente sul terreno dello sviluppo, ma che non sarebbe in grado di dare soluzioni adeguate alle problematiche sociali. Un futuro rispetto al quale gli stessi istituti di democrazia non sempre paiono sufficientemente attrezzati per assicurare la crescita equilibrata delle Nazioni e la giustizia sociale. Il mondo intero, del resto, è attraversato in modo sempre più marcato dalla grande diseguaglianza che divide i Paesi ricchi dai Paesi in via di sviluppo e ancor più dai Paesi poveri e poverissimi. E' questa forse la principale "questione sociale" del nostro tempo. E' una diseguaglianza che sta inesorabilmente aumentando un giorno dopo l'altro. Il mondo delle società industriali opulente ed avanzate è pieno di retorica e prodigo di buone parole, ma avaro di fatti e di opere concrete. Tutto ciò che si fa oggi per ridurre i grandi squilibri che esistono nel mondo è largamente al di sotto di ciò che si dovrebbe e si potrebbe fare. I dati nudi, crudi, ed incontrovertibili nelle loro proiezioni dicono che, di questo passo, i Paesi poveri sono destinati a diventare solo più poveri ed i Paesi ricchi sempre più ricchi. Se questa tendenza non verrà rovesciata, se non si moltiplicheranno gli sforzi diretti a riequilibrare la situazione, a ridurre il peso soffocante del debito del Terzo Mondo, a favorire un nuovo sviluppo, si prepareranno anni difficili carichi di aspre contraddizioni, di tensioni e di conflitti di ogni genere.”…… “Il progresso scientifico e tecnologico ha portato straordinari benefici alla nostra vita e alla nostra salute, ma ha creato e crea rischi per noi e per le generazioni future. Abbiamo opportunità di produzioni, di consumi e di svago che mai avevamo raggiunto ma queste maggiori possibilità e questa vita più ricca, lorda la terra, l'acqua, l'aria, logora il territorio, degrada il nostro patrimonio culturale.”… “un mercato abbandonato a soli attori economici genera squilibri, poteri prevaricanti ed abusi che impediscono un progresso armonico, danneggiano la collettività e, nel tempo lungo, le stesse attività economiche. Lo Stato deve intervenire sul mercato ma con precise regole: regole che impongano standard professionali e patrimoniali a chi svolge determinate attività, regole limitative delle concentrazioni e a tutela della concorrenza, che assicurino trasparenza ed informazione, che sanzionino diritti e responsabilità, che diano argini alle attività finanziarie e neutralizzino le loro potenzialità speculative e destabilizzanti. Il sistema misto che caratterizza l'economia italiana ha dato risultati positivi e non può essere travolto nel nome di indefinite privatizzazioni agitate talvolta con una demagogia ideologica che nasconde il peggio piuttosto che proposte entro i limiti di una pratica e giustificata concretezza ed utilità. L'impresa pubblica ha ancora molte funzioni da svolgere: c'è ancora il Mezzogiorno, che ha bisogno di infrastrutture, insediamenti produttivi e servizi. Ci sono produzioni e tecnologie verso le quali le partecipazioni statali possono canalizzare le loro risorse finanziarie. C'è il contributo che esse possono dare alla concorrenza e all'efficienza stessa dei mercati. In campo finanziario, l'esplosione delle attività e il moltiplicarsi degli intermediari hanno fatto saltare molte regole del passato, hanno messo a dura prova le capacità degli organi di vigilanza ed hanno occupato un vasto territorio al di fuori di ogni disciplina di trasparenza e di responsabilità” E’ insomma un Craxi diverso che si rende conto che il futuro è colmo di incertezze, che l’ottimismo di maniera sulla modernizzazione non è più di moda. Ed è un Craxi più affine alla tradizione del socialismo italiano. Se queste sue riflessioni, all’alba di tangentopoli, si fossero trasformate in iniziativa politica vera …..ma la storia non si fa con i “se”.

PEPPE GIUDICE

19 commenti:

  1. Una sola notazione.
    Magari si fosse trattato solo dei pubblicitari e della moda!
    La Milano che negli anni '80 precede il resto del Paese nella transizione dalla società industriale alla società dei servizi è soprattutto quella della finanziarizzazione dell'economia e della riconversione delle grandi aree industriali dismesse.
    Processi che si avviano alla fine degli anni '80 e all'inizio degli anni '90 sono in pieno svolgimento
    Moda, spettacolo e comunicazione pubblicitaria ci hanno inflitto un'Assemblea Nazionale piena di "nani e ballerine", insieme ai templi e alle piramidi di Panseca. Ma ben altre conseguenze ha avuto, purtroppo, l'aver "danzato con il diavolo", cioè con finanza e speculazione immobiliare......

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  2. E la foto di Berlinguer con Fidel Castro non la volete vedere?
    E su... un piccolo sforzo..
    http://www.suzukimaruti.it/wp-content/uploads/2006/11/confidel.jpg

    Su Bettino fatevi sempre tre domande:
    1) I finanziamenti illeciti li riceveva solo lui?
    2) Cosa ci faceva con quei finanziamenti illeciti?
    3) Cosa si è messo in tasca lui di quei finanziamenti?
    Alla terza pare abbia già risposto Borrelli: "C'e' da dire che personalmente Craxi non si e' arricchito"
    Ah dimenticavo, le prime due..la prima: no è lampante, la seconda è che senza quei soldi i torturati in America Latina e gli assassinati in Polonia sarebbero cresciuti esponenzialmente, e senza alcuna possibilità di riscatto. Quella che poi hanno avuto anche grazie a quegli aiuti.
    MEMENTO!
    Un'ultima domanda..ma non è d'obbligo: L'Italia allora pur con tutte le corruttele endemiche dellOccidente, le stesse con cui Kohl "comprò" la riunificazione tedesca, uscendo poi con discrezione e nel rispetto generale dalla politica, o quelle con cui Chirac restò invece nella politica, fino a che gli fu consentito e senza che alcuno osasse toccarlo,..allora, quell'Italia era o non era migliore di quella di oggi, e più rispettata nel mondo?
    Ad libitum..

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  3. L'Italia di oggi è certo la peggiore che io ricordi. In realtà quei fenomeni di rampantismo di cui parla Pierpaolo quelli cioè legati alla finanziarizzazione che ha avuto il suo culmine negli anni 90 e nella prima parte dell'ultimo decennio sono più legati alla storia della II Repubblica che della I. Ed hanno interessato trasversalmente centrodestra e centrosinistra. Del resto la vicenda Consorte-D'Alema qualcosa ci dice pure.
    Sulla questione della destinazione dei finanziamenti illeciti e delle tangenti, Carolus, tu lo sai, la penso come te. Però i "craxini" i soldi se li mettevano direttamente nel portafoglio!

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  4. Bettino Craxi
    Spunti salienti del 46° congresso del PSI - Bari giugno 1991

    IL PARTITO
    Il PSI è un Partito di tradizioni combattenti per la libertà, la democrazia e la Repubblica, che oggi vuole concorrere al rinnovamento della Repubblica, al migliore funzionamento del sistema democratico, al consolidamento della libertà su cui esso si fonda.

    POLITICA INTERNAZIONALE
    La crisi del potere sovietico e del sistema comunista, mentre da un lato è stata giustamente salutata come la fine di uno dei sistemi più oppressivi ed inefficienti della storia moderna, dall'altro come era inevitabile, ha creato un'infinità di problemi difficilissimi da risolvere. Un vuoto terribile entro il quale ribollono bisogni nuovi e rivendicazioni antiche, conflitti di nazionalità, conflitti politici e sociali.
    La costruzione di un sistema alternativo, fondato sulle nuove basi democratiche, richiederà tempo e risorse, non potrà subire forzature né potrà svilupparsi sotto il segno di un liberismo selvaggio, che porterebbe solo alle più cocenti delusioni ed ai più grandi contrasti.

    UNITA’ SOCIALISTA
    C'è nel contempo da parte nostra la volontà di promuovere e di realizzare un processo di Unità socialista che si rivolge in primo luogo ai partiti che aderiscono alla Internazionale Socialista e cioè al Psdi che ne è membro, al pari nostro, ed al Pds che ha raggiunto in questa organizzazione lo status di osservatore, invitato.
    E' un processo che non va messo in contrapposizione con le esigenze che nascono dalla stabilità politica dai termini in cui potrà realizzarsi una collaborazione di governo, e con gli equilibri che la potranno sorreggere.
    Quando un processo di questa natura sarà realizzato e compiuto, nei tempi e nelle forme possibili, e che noi auspichiamo possano essere chiare, vincolanti e liberamente accettate da tutti.
    Al nuovo futuro Parlamento spetterà il compito di attuare le riforme necessarie per il rinnovamento della Repubblica. Ai socialisti spetta il compito di impegnarsi e d` i lavorare per creare una più ampia Unita socialista, diversamente da quanto è stato detto e scritto in questi giorni noi non abbiamo posto al Pds il problema dell'Unità socialista dopo e a seguito del risultato del referendum e dopo il risultato che è stato per noi un risultato positivo ma non un successo.
    Noi ponemmo un problema di questa natura e di questa portata all’ indomani del crollo dei regimi comunisti nell'Europa orientale mentre si apriva una grave crisi nella stessa Unione Sovietica lo ponemmo non al Pds, ché allora non c’era, ma al Partito comunista italiano.

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  5. Bettino Craxi
    Spunti salienti del 46° congresso del PSI - Bari giugno 1991
    2°PARTE

    SOCIALE
    Nel campo sociale noi stessi abbiamo compiuto un grande sforzo di elaborazione, di aggiornamento delle nostre proposte, abbiamo sviluppato una continua iniziativa. Desidero in particolare sottolineare il valore delle iniziative assunte nel 'campo della difesa degli anziani, dei problemi dei minori, degli handicappati e l'importanza di tutta la politica svolta a sostegno della parità uomo-donna, per il riconoscimento del lavoro casalingo e poi ancora la politica di iniziativa socialista per affrontare i problemi dell'immigrazione, la nostra presenza ed il nostro sostegno alle iniziative pubbliche e volontarie impegnate nell'opera di prevenzione e di cura delle tossicodipendenze.
    Un ciclo espansivo che si mantenga alto deve produrre delle capacità di intervento nel Mezzogiorno assai maggiori ed assai diverse di quante non siano state sino ad oggi prodotte.
    Ne è condizione tuttavia un clima di sicurezza e di ordine che è oggi tutt' altro che assicurato. Ne è condizione la fine di interventi dispersivi e, in non pochi casi, dissipatori di risorse, e l’attuazione invece di grandi progetti strategici

    AMBIENTALISMO
    Alberto Ronchey, in un suo recente scritto, osserva che vi sono gli estremisti ecologici che arrivano a contestare la "maledetta industria", ma vi sono poi i riformisti ecologici che invece aspirano a moderare, correggere, condizionare l'industria ed orientare le sue opzioni secondo sistemi di giudizio aggiornati all'esperienza ed alle prospettive, ma anche questi ora concludono dicendo "basta". «Basta non con lo sviluppo qualitativo bensì con la cieca devozione alla quantità, con le tecnologie "dure", con la moltiplicazione _ patologica di bisogni e desideri, con gli abusi consumati al "buon banchetto della natura"».

    LA LEGA
    Le Leghe sono un tipico fenomeno di estremiz¬zazione, di proteste, di stati di malessere, di frustrazioni che in molti casi possono avere un loro fondamento. Sono proteste che ci riportano ai vuoti, alle manchevolezze, ai ritardi di uno Stato ancora troppo accentrato, malato di vizi burocratici, in forte ritardo nella modernizzazione dei servizi pubblici essenziali, sono proteste che si rivolgono contro lo sperpero di pubblico danaro in voragini senza fondo specie quando alimentano solo un assistenzialismo organico e clientelare, un parassitismo endemico.
    Non servirà a molto demonizzare le Leghe. Servirà invece una buona riforma dello Stato e delle Regioni, un rafforzamento dei poteri locali, una maggiore efficienza dei servizi pubblici. Servirà una campagna di chiarificazione democratica che contrasti la campagna contraria di qualunquismo e di sistematica denigrazione della classe politica e delle Istituzioni, alimentata da gruppi industriali locali, ma anche dalle molteplici tribune di importanti gruppi editoriali.

    LA SINISTRA
    L'unità socialista e l'unità della sinistra in generale non costituiscono il medesimo obiettivo anche se l'unità socialista rappresenterebbe il passo più importante per l'unità della sinistra. Una volta realizzata l'unità socialista essa potrà esercitare una naturale attrazione verso altre forze di sinistra, potrà costituire un grande punto di riferimento per tutte le tendenze di sinistra di ispirazione democratica e riformatrice.
    Oggi, l'unità dei socialisti deve avere un suo valore proprio, una sua specifica collocazione internazionale, non potrebbe essere confusa con una indistinta unità della sinistra.

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  6. Sarà pure ma in quel portafoglio non ci sono mai rimasti

    (AGI) - Roma, 14 gen - “Mi sono occupato di molte cause internazionali. Un grande eroe della democrazia greca oppressa dai colonnelli, Alekos Panagulis, e’ stato un mio grande amico, in quegli anni della lotta contro la dittatura dei colonnelli greci. Poi e’ stata la volta della solidarieta’ concreta, operante ed attiva con i dissidenti cecoslovacchi, cosi’ come ho aiutato i dissidenti di altri Paesi dell’Est Europa. E la stessa cosa riguarda l’America Latina, per altri Paesi nei quali erano in corso lotte per la liberta’”. Lo afferma Bettino Craxi nell’intervista di Luca Josi che verra’ presentata questa sera al teatro Capranica e che verra’ distribuita domani con il settimanale ‘Panorama’.

    “Arafat - prosegue l’ex Presidente del Consiglio - l’ho conosciuto molti, molti anni fa, era ancora il capo degli studenti palestinesi. Per parte mia aiutai anche la causa spagnola. Solidarmente ho partecipato alla lotta portoghese, prima la lotta contro Salazar e poi contro il colpo di stato comunistoide. Abbiamo dato anche a esuli, dissidenti, perseguitati degli altri paesi. Quella e’ una parte del nostro finanziamento illegale. Evidentemente, nei casi in cui abbiamo dato contributi a dissidenti e partiti, non utilizzavamo certo la Banca d’Italia per trasmettere loro del danaro. Non veniva emessa regolare fattura. Era un gesto fraterno, ed era una partecipazione a delle cause nobili: la liberta’, i diritti dell’uomo, contro ogni forma di dittatura e di violenza. E quindi una parte del nostro finanziamento - una parte - si diresse anche verso queste forme di solidarieta’internazionale”.
    (AGI)

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  7. Quando parlavo di portafoglio mi riferivo ai "craxini" cioè agli scimmiottatori di Craxi , quei lestofanti che hanno appestato il partito, non a Craxi. D'Ambrosio e non Borrelli mi sembra disse che Craxi i soldi dei finanziamenti illeciti li ha utilizzati per fare politica e non per arricchirsi personalmente. Ed io concordo.

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  8. L'hanno affermato entrmbi Peppe. Il che rafforza il concetto credo.

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  9. Il probema è,come dice peppe giudice, che il partito socialista di craxi ha abdicato alla funzione di partito che difende i più deboli ,che modera gli eccessi del capitalismo, diventando l'alfiere di un cagnara di persone dagli appetiti famelici , individualisti e OGGETTIVAMENTE STRONZI , oggi al potere in forza italia . Berlusconi e tutti i berluschini d'italia derivano dal craxismo , ed è per questo legame con il berlusconismo che craxi viene difeso fortemente oggi , altrimenti farebbe la fine di berlinguer , ormai passato di moda ed inservibile all'attualità politica. Craxi ha cambiato il partito socialista , secondo me in peggio . ma quel mondo non è morto!!!! è al potere ,è la linfa vitale di forza italia e dei suoi valori . Personalmente craxi lo schifo , come schifo berlusconi . Io sto dall'altra parte con i precari , il popolo dei 1000 al mese e 500 d'affitto , perchè appartengo a quel mondo . Craxi , lo rimpianga Panseca e quelli della milano da bere . io con loro non c'entro

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  10. Falzarano, oltre allo schifo che ti rimane..la falce e il martello!! E' ovvio che...si tratta di una mia provocazione poichè nel mio logo è contenuta la tessera del PSI del 1955 con tanto di falce e martello!...Il problema dei nani e ballerine che inquinarono fino alla morte il PSI lo abbiamo già trattato con Peppe e Compagni...ora si tratta di voler continuare ad essere un'anomalia Europea e Mondiale con l'Italia unica nazione a non avere una sinistra rappresentata da un grande Partito Socialista...oppure iniziare nella sua costruzione, prendendo spunto anche dalla lezione di Craxi politico e dal rigore morale di uomini come Nenni, Lombardi Pertini e con uomo della statura di Berlinguer, ..dal quale moltissimi dei suoi ex dovrebbero oggi e sempre prenderne esempio!!

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  11. Franceso viene da una regione, come la Campania, dove forse il PSI ha subito il più grave processo degenerativo di tutta la penisola essendo stato letteralmente invaso da gente atroce (che alla fine si sono naturalmente ritrovati con Berlusconi). La situazione campana la conosco abbastanza bene essendo lucano e quindi di una regione con essa confinante. Ricordo la guerra per bande tra due personaggi pessimi come Di Donato e Carmelo Conte ; quest'ultimo ha reso irriconoscibile il PSI in una provincia come quella di Salerno dove c'era una seria, antica e forte tradizione socialista. Dobbiamo aggiungere che nel , Sud, i DS hanno seguito poi lo stesso percorso degenerativo che subì il PSI. Cosa che non giustifica nulla ovviamente di ciò che è accaduto prima.
    Craxi resterà per molto tempo un personaggio controverso, un leader politico (non un criminale) potenzialmente di grande statura che certo ha avuto i suoi meriti ma che al tempo stesso ha prodotto dei guasti terribili che hanno portato alla liquidazione del più glorioso ed antico partito italiano; e questa liquidazione pesa ancora enormemente sulla sinistra italiana.

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  12. E se posso aggiungere una mia considerazione strettamente personale io credo che alla fine Craxi si sia reso conto dei profondi guasti che si erano prodotti nel partito. Sia la relazione alla II Conferenza progrmmatica del 1990, sia la relazione al Congresso di Bari del 1991 manifestano la consapevolezza di dover cambiare strada rispetto alla politica degli anni precedenti. Ma per cambiare strada occorreva una vera e propria rifondazione del PSI che lo liberasse dalla zavorra terribile accumulata.
    Certo molti "craxini" hanno trovato in Berlusconi il loro punto di riferimento (altri si sono riciclati altrove), ma Craxi e Berlusconi restano personaggi diversissimi. Per statura, spessore politico per il background che hanno alle spalle.
    Craxi ha iniziato a far politica come segretario della sezione socialista di Sesto San Giovanni nel 1955 in un partito fortemente operaio e si è formato in quel mondo. Per molti anni ha fatto il funzionario di partito. Berlusconi è un avventuriero il cui arricchimento rapido desta molti sospetti. Mi pare che chi presentò Berlusconi a Craxi sia stato l'architetto Larini alla fine degli anni 70 (così almeno ho letto). Quest'ultimo fu lesto ad abbandonare Craxi quando cadde in disgrazia (e credo che sulle sue testimonianze si siano basate larga parte delle accuse che hanno condannato Craxi).

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  13. Peppe, probabilmente avrebbe avuto anche la forza di farlo!!
    ...il "tempo" (o qualcos'altro) ha voluto che ciò non accadesse!
    Vedi Peppe, io partecipai a quel congresso di Bari avevo 28 anni, giovane si, ma capace di coglierne la volontà politica di cambiamento a cui hai fatto riferimento..era la sua relazione congressuale che indicava in maniera chiara un cambiamento di rotta..avrai letto senz'altro alcuni stralci della relazione introduttiva che ho pubblicato ieri..tratti da un opuscolo che fu distribuito al congresso di Bari.
    E' evidente a chi ha seguito le vicende di questi anni, un'arretratezza paurosa...rispetto ad allora...con un vuoto politico enorme!

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  14. Peppe ti voglio pubblicamente ringraziare per questa nota. Non tanto per la tesi generale che non è nuova e che peraltro corriponde al mio pensiero. Quanto per la tua capacità di scovare (ma come fai?) testi che fanno pensare. Il brano di discorso (conferenza di Rimini bis) è impressionante ed è assolutamente attuale. Così come quello del congresso di Bari. La tua tesi che Craxi stesse rendendosi conto di tutto è vera. Al congresso di Bari fece una relazione bella ma interlocutoria, preferendo probabilmente non indirizzare il dibattito congressuale per rendersi conto dello stato del partito. I due interventi chiave furono De Michelis (strettamente governista) e Martelli (molto aperto verso una ipotesi di alternativa). Craxi dovette rendersi conto che la posizione di De Michelis era dominante, perché nella replica inclinò nettamente verso questa posizione. Probabilmente questo spiega perché all'invito di Occhetto di stare insieme all'opposizione rispose (come racconta lo stesso Occhetto) "i miei mi farebbero a pezzi". In effetti si sarebbe passati rapidamente ad un craxismo senza Craxi.

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  15. d'accordissimo con l'idea di creare una forza sociaista e di sinistra che riparta da nenni , pertini e lombardi e da quella grande tradizione che è stata il partito socialista , i miei sono sfoghi di chi ha visto nella sua provincia un gruppo dirigente del p.s.i. ( giacca, cravatta ,mercedes e amanti ingioiellate che chiedevano voti agli operai e agli impiegati in nome di una tradizione che hanno rinnegato )passare armi e bagagli a forza italia e dico la sincera verità , stanno bene dove stanno. Sinceramente non sapevo di una volontà di craxi di liberarsi di una certa zavorra , buono a sapersi anzi magari ......

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  16. Credo che Enrico implicitamente abbia risposto a Vincenzo. Il cambiamento glielo avrebbero impedito i "governisti" ad oltranza ed avremmo probabilmente avuto quello che Enrico chiama correttamente un "craxismo senza Craxi". Purtroppo questa anima governista è stata la vera palla al piede del PSI per molti anni. Un cambiamento di linea politica del PSI sarebbe dovuto avvenire tramite una rottura netta con la DC ed una apertura a sinistra che avrebbe messo con le spalle al muro quelli che nel PCI attendevano il logoramento del rapporto tra PSI e DC per sostituire il PSI nel governo (D'Alema e Veltroni, che sono poi quelli che hanno distrutto la sinistra italiana). Lo stesso Craxi affermò che Occhetto gli disse nel 1989:" vedi io sono per fare l'alleanza con il PSI ma "quelli più giovani" (evidente riferimento a D'Alema e Veltroni) sono per l'alleanza con la DC" . In realtà l'evolversi dei fatti dà ragione ad Occhetto. Sia lui che Craxi sono stati fatti fuori (con modalità diverse). Quando nel 1993 quelli della sinistra giovanile (vergognosamente mescolati con i giovani fascisti) lanciarono le monetine contro Craxi erano diretti dal dalemiano Cuperlo. Il lancio delle monetine avvenne il giorno che a Craxi non venne concessa l'autorizzazione a procedere su una parte delle richieste della procura di Milano e guarda caso fu lo stesso giorno in cui si insediava il governo Ciampi che inizialmente aveva tre ministri indicati dal PDS (tra i quali Visco) ....segue

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  17. Ora ricordo bene che quel giorno una parte del gruppo socialista votò a favore dell'autorizzazione (era la linea espressa dal segretario Benvenuto): nel segreto del voto furono quelli della Lega, del MSI, della Rete e qualcuno dice diversi deputati dalemiani che votarono a favore di Craxi proprio per fare scoppiare il casino. I conti infatti non tornavano. Gli occhettiani hanno sempre rimproverato a D'Alema di aver montato la rivolta per far uscire i ministri del PDS dal governo e mettere in difficoltà Occhetto. Conoscendo bene gli intrighi di D'Alema non stento a credere a tale versione. La gazzarra guidata dalla S.G. dalemiana è una conferma. Insomma ci fu una implicita alleanza tra i dalemiani e la parte peggiore dei craxiani (guidata da De Michelis) per giocare al "tanto peggio".
    Se analizziamo bene i fatti di quel periodo ci rendiamo conto che il trapasso dalla I alla II Repubblica fu costellata di episodi che andrebbero analizzati molto più a fondo.
    Comunque il duo D'Alema-Veltroni guidò la formazione del centrosinistra della II Repubblica (quello che ha fatto le privatizzazioni selvagge, ha introdotto forme estreme di precarietà, ha svuotato la democrazia tramite la esaltazione del maggioritario, della tecnocrazia e dei poteri monocratici ed ha gestito il liberismo in condominio con Berlusconi) sull'asse post-comunisti - post-democristiani. Questi ultimi soprattutto per rifarsi una verginità e per convincere gli allocchi di turno che i tempi del malaffare e della corruzione erano finiti buttarono la croce tutta su Craxi che doveva divenire il capro espiatorio di tutto il peggio d'Italia. Insieme alla demonizzazione dei socialisti non solo come partito ma come cultura politica. SAppiamo dove ci ha portato tutto ciò: al PD ed alla liquidazione della sinistra, con un D'Alema che in Puglia tenta di liquidare l'unica esperienza positiva di sinistra in Italia sull'altare della privatizzazione dell'Acquedotto Pugliese (un vecchio pallino dalemiano) incrociando gli interessi del suocero di Casini ed in una prospettiva politica che tenta a tutti i costi di non far rinascere una sinistra in Italia ...segue

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  18. Peppe sei un enciclopedia vivente !!!!complimenti

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  19. Enrico mi chiede (giustamente) dove vado a trovare certi testi.
    Gli rispondo dicendo che da LOMBARDIANO convinto sono comunque insofferente alle ingiustizie e soprattutto alle ipocrisie di un certo canagliume qualunquista (questa è forse la parte peggiore del paese, insieme ai berlusconiani).
    Non vi nascondo che in un certo periodo ho odiato Craxi. Ma quando si è cercato di farne il capro espiatorio unico di un sistema di cui Craxi era certo uno dei comprimari ma in cui c'erano responsabilità vaste e diffuse e quando si è usato Craxi per demonizzare tutta la tradizione socialista mi si sono letteralmente girati i coglioni! E poichè un montanaro lucano tenace mi sono messo alla ricerca di testi e di fatti in grado di rovesciare luoghi comuni e mistificazioni nella informazione.
    Habermas, il grande filosofo socialista tedesco che ho citato nel saggio, dice la l'anima della democrazia è il processo comunicativo: quindi la discussione aperta. libera. Quando nel circuito informativo si producono asimmetrie, deformazioni, interruzioni del circuito comunicativo la democrazia è in crisi. Per questo dobbiamo immettere lo spirito critico: per salvare la sinistra ed il socialismo.

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