venerdì 15 gennaio 2010

LE LUCI E LE OMBRE DELLA POLITICA DI CRAXI

LE LUCI E LE OMBRE DELLA POLITICA DI CRAXI

di Lanfranco Turci

Penso che su Craxi bisognerebbe parlare più in sede di riflessione storica che in sede politica per i rischi di strumentalizzazione evidenti (soprattutto da parte dei berlusccontributo al dibattito su craxiones che pretendono una ingiustificata continuità Craxi/Berlusconi per il solo fatto che entrambi avevano o hanno conti in sospeso con la giustizia da cui si sono difesi o si difendono sottraendosi al processo) e per i sentimenti ancora esasperati in un senso o nell'altro che la discussione politica solleva. Non c'è dubbio che la politica di movimento di Craxi di quegli anni abbia avuto il merito dopo la prima rottura di Nenni (storicamente anche più importante) di rimettere in moto il campo della sinistra e di accrescere le contraddizioni di un PCI prima ammaliato da una ipotesi stravagante come quella del compromesso storico, poi paralizzato nella coltivazione di una diversità non sempre fondata nei fatti, ma soprattutto sterile, perchè incapace di andare oltre le sacrosante richieste di buon governo, accompagnate da una confusa istanza di fuoruscita dal capitalismo, non declinata in alcun schema coerente e praticabile. Craxi,di fronte a un PCI immobile, aveva bisogno di aprire un varco al PSI e lo fece con una capacità tattica notevole, sfidando insieme l’opposizione del PCI eil potere della DC. E lo fece anche in certi momenti con scelte giuste e coraggiose. Tale fu la decisione sugli euromissili o sulla scala mobile, o la rivendicazione della sovranità nazionale nella vicenda Achille Lauro. Molto determinato fu il suo appoggio al dissenso nei paesi dell’est o ai movimenti democratici contro le dittature fasciste. Non sono però così sicuro che ci fosse nella sua azione politica una strategia di lungo respiro, tanto è vero che al momento della caduta del muro non fu in grado di sfidare il PCI–PDS a una opposizione comune per l’alternativa, restando avvinghiato al patto con Andreotti e Forlani ormai puramente ripetitivo e senza respiro. Questo a prescindere dall’arrivo successivo della tempesta di Tangentopoli. Qui emerse il vero limite della politica craxiana, quando a un Occhetto che, più o meno sinceramente, gli propose di mettersi insieme all’opposizione risponse che non era in grado di portare il suo partito neppure per 24 ore all’opposizione. Nei lunghi anni del governo il PSI si era trasformato in un partito soprattutto concorrenziale con la DC sul terreno del potere, anche nelle prassi peggiori e deteriori. Quel primum vivere,deinde philosophari era stato preso alla lettera al punto che il partito,come ha riconosciuto recentemente anche Stefania Craxi , era sfuggito alla possibilità di un intervento correttivo, ammesso che lo avesse voluto fare, dello stesso pur potentissimo segretario. Questo, prima di comportare gravi questioni morali e di immagine, debilitava, secondo me,la stessa libertà politica del PSI. Tangentopoli scoppiò in questa fase, quando il PCI non era più un pericolo per la democrazia e l’abuso del potere pubblico e la corruzione avevano creato un vasto malessere nel paese. Non credo alla teoria della congiura. E’ vero che il PSI ha pagato più di tutti gli altri(e questo è sicuramente un fatto di ingiustizia) ma è anche vero che il PSI si era messo nelle condizioni per essere il punto più vulnerabile dell’offensiva di Tangentopoli.

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