mercoledì 16 dicembre 2009

*DI PIETRO E LA RIVOLUZIONE - di Andrea Granata*

From: "andreagranata@virgilio.it" <andreagranata@virgilio.it>
Date: Wed, 16 Dec 2009 12:46:09 +0100 (CET)

To: ivocostamagna@gmail.com

"Di Pietro e la rivoluzione"

La circostanza che l'attentatore di Silvio Berlusconi sia uno
psicopatico, che un gesto rivoluzionario provenga da una persona in
difficoltà, forse un disperato, non è ascrivibile al caso.
La teoria del mandante morale mi pare fuorviante, l'ennesimo autogoal
che le due fazioni si scambiano. Parlerei di indebita appropriazione
del gesto di uno squilibrato, puro sciacalaggio politico ad opera di
chi, senza peraltro sporcarsi le mani, tenta di tradurre quanto è
accaduto in Piazza del Duomo come un sintomo degenerato dello
sconcerto "della parte sana del paese".

Di Pietro ed i suoi stanno tentando di fare di Tartaglia un'icona di
chi non ne può più, ma è un tentativo maldestro, credibile quanto
sentire il leader dell'Idv parlare di ammortizzatori sociali: da zero
tendente a ridicolo.

Quello dell'attentatore di Piazza del Duomo è un gesto rivoluzionario,
circostanza che a priori, lo distanzia anni luce da Di Pietro e
Travaglio.
Da questa compagnia, i gruppi di Facebook inneggianti all'attentatore
di Berlusconi sono il massimo che in termini di rivoluzionario si può
attendere.

Se la politica è malata, come unanimemente pare, si deve constare che
vi è una parte di Italia che da anni pensa di curarla con un utilizzo
"off label" (al di fuori delle prescrizioni di efficacia di un
farmaco) di valori quali la legalità, la giustizia, la libertà di
informazione.

Le chiose fatte alle espressioni di solidarietà verso Berlusconi non
hanno nulla dell'intransigenza dei capi rivoluzionari, sono al
contrario la cifra, l'essenza, la statura politica di chi le fa, una
versione dipietrista del "cogito ergo sum", a cui oggi al cogito si
sostituisce "adverso".

Le rivoluzioni le hanno fatte altrove, in America, in Francia, in
Russia, la rivoluzione in Italia l'abbiamo conosciuta leggendo le
gesta dei personaggi dei libri Marquez, dove tra i rivoluzionari non
vi è traccia di magistrati, senatori o chi in genere ha "roba" da
rischiare di perdere.

Maurizio Di Leo scrive a tal proposito parole illuminanti:
"Caratteristica fondamentale della modernità dell'Europa (e
dell'occidente) consiste sua nella capacità rivoluzionaria di
trasformare continuamente le sue strutture politiche, giuridiche ed
economiche superando la fissità propria di altre civiltà che non
conoscono rivoluzioni bensì colpi di Stato. (semplici mutamenti nella
gestione del potere)".

Nello scontro politico italiano di rivoluzionario c'è davvero poco, se
non il gesto estemporaneo di un pazzo, al contrario non manca la
propensione per il golpe, vi è anche un certo know how oserei
aggiungere. Considerando i golpisti potenziali, il loro degrado
culturale, politico e morale, ripensando alla modalità estorsiva con
cui ci si è rivolti al segretario del Pd per imporgli la presenza in
piazza durante il NoBday, rileggendo gli anatemi ai terzisti che
Scalfari lancia dalle colonne di Repubblica sento il dovere civico,
da fiero oppositore di questo governo, di lasciare e vergare una
testimonianza in questo presente, ripetendo una domanda retorica: come
si fa a non dire...
io sono Silvio Berlusconi?


ANDREA GRANATA
(Tesoriere Associazione Radicali Marche)

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www.partitosocialista-mc.org
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