Giovanni Cadioli* - 04 dicembre 2008 - www.aprileonline.info
Ai partecipanti al Consiglio del Pse a Madrid la situazione italiana appare incomprensibile e anomala. Non solo non comprendono la posizione assunta dal Pd, ma anche come questa stessa formazione possa far convivere un'area politica che in Europa siede nell'Alde ed un'altra che invece è nella famiglia socialista. Questa peculiarità rischia di produrre un buco nell'eurogruppo della rosa rossa
L'unico elemento che probabilmente è risultato chiaro alle compagne ed ai compagni dei partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti dei 27 paesi dell'Unione Europea riunitisi a Madrid è che l'Italia è un mondo a parte.
Il momento storico celebratosi nei giorni scorsi al Consiglio Europeo del PSE di Madrid è stato anche utile per aprire una discussione, tra le persone presenti, sia nelle sedi formali che non, sulla salute della socialdemocrazia in Europa.
Per chiarire lo spirito dell'evento cito le parole con cui P.N. Rasmussen, segretario generale del PSE, ha aperto il giorno di formazione organizzato dalla FEPS (l'appena creata Fondazione per gli Studi Progressisti Europei) per i "PES activists". Osservando la coreografia bianca e rossa ha affermato: "guardate tutto questo bianco, significa che dobbiamo fare pulizia; dobbiamo pulire l'Europa dalle idee neoliberali e conservatrici".
Per la prima volta il PSE agisce non solo come catalizzatore di diverse esperienze, ma come punto di inderogabile unione tra i partiti che lo compongono; per le prossime elezioni europee i partiti membri del PSE avranno un manifesto comune, un programma di massima comune. Costruito, quest'ultimo, con gli apporti individuali dei "PES activists", di cui faccio parte, che hanno realmente confezionato la loro stessa piattaforma.
Ciò significa un'idea di Europa comune: essa è un obbiettivo strategico ed assolutamente non accantonabile per noi socialisti europei. A fronte delle politiche conservatrici che vogliono un'Europa minima noi dobbiamo dare vita ad un concreto modello di Europa sociale. Le politiche della destra europea sono fallite, la crisi lo dimostra; il sistema economico completamente deregolato ed affidato a fantomatiche "mani magiche" si è accartocciato su se stesso; ora chi ha decantato le lodi del neoliberismo e delle regioni-stato, indipendenti e fuori da ogni controllo sopranazionale (ed addirittura a volte fuori da quello nazionale), viene ad elemosinare soldi agli stati e all'EU. Chi è responsabile della crisi si appella a quelle entità che reputava, fino a ieri, essere i cosiddetti "lacci e laccioli" dell'economia e del mercato. Lo stato attuale delle cose ci dice che il mercato non si regola da solo. Ci dice che un'Europa minima è utile ai potenti, alle lobby e ai capitali finanziari e speculativi; di certo questa Europa minima non è utile ai comuni cittadini dell'Europa stessa.
Di fronte all'enorme responsabilità che il PSE si trova di fronte in questa difficile congiuntura troviamo una socialdemocrazia europea che si rinnova, ma non si snatura. Abbiamo Martin Aubry (la cui vittoria è stata ingiustamente macchiata con l'ombra dei brogli), acclamata a Madrid dall'assemblea tutta e soprattutto dai militanti, che deve far ripartire un PSF diviso, ma ora sulla strada giusta per ricominciare; abbiamo l'SPD tedesca in nome della quale Muentefering, a Madrid, ha detto "noi dobbiamo andare orgogliosi della nostra storia, dei nostri valori e del rosso delle nostre bandiere"; abbiamo la penisola iberica, che funge da speranza per tutti i socialisti europei; abbiamo le nuove esperienze socialdemocratiche dell'est, vittoriose in Slovenia e proprio pochi giorni fa in Romania. L'elenco potrebbe, e dovrebbe, essere molto più particolareggiato e soprattutto molto più lungo, ma non di questo voglio parlare.
Ciò che mi interessa è rendere noto ai compagni e alle compagne italiani la profonda incomprensione che la nostra situazione genera in Europa. Tanto per cominciare in Europa esistono i DS, strano ma vero l'ex partito di moltissimi di noi è ancora lì, perché sotto quel simbolo i nostri europeduptati sono stati eletti. Ciò non significa che i nostri eurodeputati non siano conosciuti, anzi, lo sono molto più in Europa che in Italia: tanto per dire ieri su "El Pais" un'intera pagina era dedicata a Claudio Fava ed al suo lavoro sui voli CIA in Spagna.
Significa però che nella mappa che tutti potete trovare sul sito del PSE ciccando sull'Italia trovate il PS e i DS, e sotto questi ultimi trovate il risultato elettorale del PD alle ultime politiche, con la dicitura "Veltroni's coalistion". Questa non vuole essere una polemica contro i compagni militanti e gli amici del PD, con cui a Madrid ho condiviso molto, se non quasi tutto: vuole essere una fotografia della realtà. Fassino ha aderito al manifesto del PSE a nome di un partito che lui stesso ha sciolto; Veltroni, parlando a nome della sua nuova creatura, ha gentilmente affermato che no, il manifesto non lo firma o non lo può firmare. La sostanza, sia che Veltroni non voglia o non possa firmare, rimane la stessa: per l'Italia, oltre al PS, al manifesto ha aderito uno zombie.
Ciò non solo, come detto, getta nel dubbio molti compagni di altri paesi, ma crea un problema più serio. Molti militanti (dal PASOK greco all'SPD tedesca) mi chiedono "ma come può un partito avere dentro di sé un po' di liberal-democratici dell'ALDE ed un po' di aderenti al PSE?". L'avrò rispiegato venti volte, ma molti non sono sicuri di aver capito (anche perché per offrire una spiegazione esaustiva avrei dovuto cominciare dalla svolta di Salerno di Togliatti).
Il problema più grave è che l'Italia rischia in qualche modo di produrre un buco nell'eurogruppo del PSE, esiste dunque una questione socialista in Italia. Le prossime elezioni europee saranno cruciali, saranno un banco di prova: il manifesto dei socialisti europei si colloca nella concreta possibilità di un superamento da parte del PSE rispetto al PPE (così da affiancare ad una nuova america una nuova Europa, forte e decisa). Dunque a tutti i membri del PSE sarà richiesto uno sforzo ed un'attenzione particolare, non è possibile mancare l'obbiettivo. E noi in Italia?
Questo mio contributo non è pensato per dare risposta ad una questione complessa come quella sopra esposta, ma quantomeno per aprirla. Insomma, l'Italia sta in Europa, ma l'Europa viceversa non sta in Italia, non si può pretendere che le anomalie politiche del nostro paese vengano fatte proprie da altri 26 stati (e nessuno di noi lo spera in effetti).
Tutto ciò come detto apre una questione e ad essa noi dobbiamo provare a dare una risposta. Molti di noi, io fra quelli, sono arrivato a Sinistra Democratica come conseguente e naturale sbocco rispetto alla mozione "A sinistra per il socialismo europeo" dell'ultimo congresso DS. Ebbene il PSE è per me non solo un punto identitario e simbolico, ma una vera e propria casa, ricca di valori ed altri aderenti,in grado di orientare la mia azione. L'Europa non è per me un orizzonte lontano, ma un fine da realizzare e riempire di contenuti sociali nel più breve tempo possibile. Dibattere e trovare soluzione a questi problemi non può che essere un compito primario per tutti noi.
*SD Brescia/Trento
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