domenica 2 maggio 2010

Vendola, SEL ed i Socialisti.

Vendola, SEL ed i Socialisti

di Giuseppe Giudice


Non considero Vendola un profeta, un santone (né credo che lui si consideri tale) – anche se ci sono i “vendoliani” rincoglioniti. Da socialista libertario non ho mai avuto il culto del leader: non l’ho certo avuto per Craxi o Berlinguer, ma neanche per Nenni (che i suoi errori li ha commessi). Ho avuto solo grande ammirazione per le figure di Riccardo Lombardi e Fernando Santi (che leader non hanno mai voluto essere), per Carlo Rosselli che ci ha insegnato che il “socialismo è rivoluzione morale e poi trasformazione materiale”; e naturalmente per Erich Fromm con la preminenza dell’essere sull’avere. Insomma per me il socialismo è una scelta etica ed esistenziale prima che politica. Anzi per i “politici” (intesi come ceto) non ho affatto simpatia, ho lo stesso atteggiamento che aveva il buon Tex Willer verso i “politicanti” del West. Ho sempre pensato che dietro un dirigente politico si può nascondere un criminale politico, anche a sinistra. Per questo ero destinato a stare a sinistra ma a non essere mai comunista perché la verità e la giustizia sono sempre più importanti della ragione di partito. Non potevo che essere socialista e quindi necessariamente un po’ anarchico. Del resto se guardo al ceto politico odierno tutte le mie diffidenze sono confermate.
Ma al tempo stesso credo fortemente nella funzione della politica intesa come ci ha insegnato Habermas: la capacità della società di riflettere criticamente su stessa. Senza di essa la società è un corpo amorfo sottoposto al dominio incontrollato del capitale e della burocrazia. Che è poi quello che vuole il capitalismo liberista.
Ma cosa centra Vendola con questo ragionamento?
E’ che Vendola è si uno che ha carisma ma è anche una persona straordinariamente umile ed onesta intellettualmente- è molto più vicino al modo di essere politico di un Lombardi e di un Rosselli che di un Togliatti, di un Craxi o di un D’Alema.
Ed è anche la persona – tra i dirigenti politici attuali- che ha le idee più chiare su come ricostruire sia la sinistra che una alternativa forte al centrodestra.
In SeL c’erano quelli che volevano il “partito subito” anche se questo alla fine rimaneva un soggetto del 3% . Un tipico ragionamento da ceto politico (alla Nencini o quasi): facciamo la nostra baracchella, poi si vedrà.
Nella sua ultima intervista Vendola ripropone quello che era lo spirito originario di SeL : un primo passo, un punto di partenza (non certo di arrivo) per costruire una sinistra larga, né rifugio delle vedove del Muro di Berlino, né espressione di una versione deformata e subalterna del riformismo.
E dice anche un’altra cosa importante: tutti i partiti del centrosinistra sono fortemente limitati. E questi limiti potranno essere oltrepassati se si mette tutto in discussione per costruire un nuovo centrosinistra (o meglio un sinistra-centro) che veda una sinistra protagonista con i suoi valori ed il suo progetto.
E’ evidente che Vendola mette radicalmente in discussione lo schema ulivista sia nella versione dalemiana che in quella veltroniana-scalfariana. L’idea di una sinistra subalterna al centro, ai poteri forti ed al Vaticano (o che ha bisogno del permesso di costoro per governare). L’idea che ha prodotto il mostro politico del PD. Certo Bersani ha ragione quando vede in tali posizioni un attacco politico esplicito al PD. Ma è quello che Vendola persegue. Altro che candidarsi alla guida del PD. Vendola è interessato a far saltare lo schema politico su cui è nato il PD stesso: quello di un bipartitismo forzato che paradossalmente ha bisogno di Berlsuconi leader della destra.
In tale quadro, lo stesso ruolo di SeL si modifica. Ad essa è assegnata un ruolo di movimento, aperto. Come un ruolo centrale lo hanno tutte le forme di laboratorio politico che si verranno a costruire a sinistra.
I socialisti che stanno in SeL o quelli che sono minoranza nel Ps +i non possono che incoraggiare tale prospettiva. In Italia la demonizzazione dei socialismo non è avvenuta per liquidare il craxismo. Anzi il craxismo (soprattutto nelle forme più “liberal” ,Amato e Martelli) è pienamente recuperato dal PD. E’ il socialismo che non può avere posto nello schema ulivista. Perché significa restituire centralità alla questione sociale ed è proprio quello che sia i tardo-togliattiani alla D’Alema che i “liberal” alla amatriciana (Scalfari e Veltroni) non hanno gradito. Aiutati dall’imbecillità di quei “comunisti ai neutroni” che avevano l’interesse a che in Italia il termine socialismo fosse bandito e ci potessero stare due partiti comunisti (a fare solo folclore politico). In questa fase più che i partitini, conteranno molto di più i laboratori politici ed i movimenti. Per tale ragioni i socialisti di sinistra devono creare il proprio fondamentale laboratorio da mettere a disposizione del progetto di Vendola: LA LEGA DEI SOCIALISTI PER LA SINISTRA. Certo in modo non passivo ma cercandolo di riempirlo di contenuti. Avviando con idee e proposte la riflessione sul socialismo del XXI Secolo quale alternativa di società al modello liberista. Un socialismo che prende atto del pieno fallimento del comunismo del 900 e dell’esaurimento di un modello socialdemocratico sia pur positivo sotto molti aspetti.
A questo punto il destino di Nencini è poca cosa. Una cosa è certa: lui è con Bersani contro Vendola. Questo è il nodo da sciogliere. Possono stare i socialisti seri in un partito che privilegia il PD e l’UDC rispetto alla sinistra? Questa la risposta da dare (a parte la inutilità dell’esistenza del Ps+I).

PEPPE GIUDICE


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