venerdì 28 maggio 2010

ARRESTARE LA RETORICA DELL'AUSTERITA' di Luca Cefisi


(Luca Cefisi) Il Corriere della Sera canta il requiem per lo stato sociale, ma il finale è più ambizioso ancora: la fine del socialismo (quante volte l’avete già sentita, ‘sta canzone ?).

Lo fa attraverso due sue firme autorevoli, Piero Ostellino (“Stato sociale dieta forzata” pubblicato il 17 maggio), e Angelo Panebianco (“La fine del socialismo della spesa”). Entrambi sono dei liberali ideologici, e non c’è niente di male in questo, ognuno si batte per le idee in cui crede: magari sarebbe più elegante dichiararlo, invece di recitare gli “esperti” al di sopra delle parti, ma tant’è.

Ostellino scrive Individuo con la maiuscola, come una volta i comunisti scrivevano Classe Operaia, e con lo stesso spirito di mistica astrazione. Panebianco è uno che vorrebbe addirittura cambiare la nostra Costituzione, secondo lui troppo poco “liberale”.

La tesi di entrambi è che la crisi finanziaria dimostra che lo stato sociale è insostenibile, e nel sostenere che questa è una dura realtà non riescono però a celare la loro soddisfazione, anzi la loro felicità: loro non la sopportano l’anomalìa europea, cioè gli alti salari (sempre meno alti, veramente), i sistemi sanitari universali, le pensioni pubbliche, il reddito ai disoccupati (che in Italia comunque non c’è, saranno contenti).

Alla fin fine, si direbbe, leggendo il quotidiano milanese, che la colpa della crisi sia dei disoccupati, dei pensionati, tutte bocche da sfamare, braccia inutili; che il tempo dell’austerità sia arrivato per gli eccessi di spesa pubblica. Nemmeno una parola sulle vere responsabilità della crisi, la speculazione finanziaria, le vacche grasse delle borse, l’assenza di regole nei mercati, le sperequazioni e la distruzione di risorse provocate dalla finanza parassitaria e virtuale ai danni dei lavoratori e delle imprese.

Noi socialisti europei pensiamo che il modello sociale europeo sia la ricchezza e la risorsa dell’Europa: educazione, salute, sicurezza sociale sono diritti per i cittadini e sono doveri di una comunità civile verso i propri membri. Sono anche “cose” che fanno funzionare l’economia, garantiscono il capitale umano, alzano i consumi, fanno vivere meglio la gente. Il Partito del Socialismo Europeo è impegnato in questi mesi per arrestare la retorica dell’austerità, a cui cornrapponiamo due semplici convinzioni (non essendo come Ostellino e Panebianco, non osiamo chiamarle “verità”, anche se ci sembrano veritiere): la prima, è che tagli indiscriminati alla spesa pubblica rischiano di rendere ancora più grave la disoccupazione, allontanando la ripresa; la seconda, è che ci sono misure indispensabili da prendere per mettere la finanza sotto controllo democratico, con una tassa sulle transazioni finanziarie, e impedendo la speculazione selvaggia.

Le risorse che sfuggono oggi completamente alla tassazione devono essere quindi rimesse in circolo nel sistema, sostenendo al tempo stesso l’economia reale, quella che produce beni e servizi e non profitti speculativi. Non è possibile tagliare la spesa pubblica produttiva, che anzi deve crescere: altrimenti come faremo con la riconversione ecologica, la ricerca, la coesione sociale dei nostri Paesi ?

Noi socialisti europei lavoriamo per la ripresa economica al più presto, per ritornare ad un ciclo espansivo dell’economia: ci sembra un obiettivo più interessante dell’austerità economica di lungo periodo, l’austerità strutturale, forse eterna, senza prospettive, che la destra europea, e il governo Berlusconi stanno preparando (e per questo Ostellino e Panebianco, zelanti, offrono munizioni ideologiche).

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