martedì 29 aprile 2008

Il buco della ciambella


Gli appassionati del ciclismo amano i grimpeurs come gli sprinters, anche se il fascino che esercita uno scalatore che fende una folla festante è un po’ l’essenza stessa del ciclismo. La lunga attesa dei tifosi si mescola al sudore degli atleti e nella stanca velocità del campione puoi sentire i battiti di un cuore generoso.
La volata è una cosa diversa. Intanto, c’è la volata di gruppo dove tanto conta la potenza, quanto l’incoscienza. O meglio, la coscienza che mettersi in gioco come uomo, viene prima che mettersi in gioco come atleta. In una volata non si rischia di perdere la gara. Si rischia di perdere tutto.
Poi ci sono le lunghe volate, quelle che gruppetti di ciclisti oramai vicini al traguardo cominciano a disputare uno e più chilometri prima.
E lì conta tutto. Anche il non essere un buon ciclista. Capita spesso, che campioni che si marcano si lascino scappare lo sconosciuto di turno, sicuri della loro forza di andarlo a riprendere. E’ lì a volte che si consuma il dramma. Non lo riprendi più. E dire magari che era stato un ottimo compagno di fuga, il gregario che aveva lavorato sodo per tenere distante il gruppo. La tattica, in questo tipo di volate conta molto più di una buona gamba. Sicuramente.
La metafora dello sport non sempre è esemplificativa, a volte è esaustiva e a volte non lo è affatto.
Un adagio del ciclismo recita “vuoi che il secondo in classifica tiri il gruppo? Mandagli in fuga il terzo!” e così via.
La tattica, come in tutte le cose, recita un ruolo importante, ma affidarsi completamente ad essa o alla forza fisica, non è sufficiente. C’è l’imponderabile. Fenomeno al quale non possiamo affidarci o calcolare, ma c’è. L’imponderabile è presente in maniera più massiccia, proprio laddove si sono fatti calcoli eccessivamente razionali.
E’ però vero l’incontrario. Non è neanche possibile non riuscire a governare nulla. Niente. Quantificare il nulla è esercizio abbastanza difficile e facilmente fuorviante. Però. Visto quante e quali lacerazioni si sono maturate all’interno del nostro Partito nella Provincia di Macerata, mi viene da pensare che qualcosa da difendere ci sia. La forza che si è messa in campo per vincere, si è sommata alla forte determinazione di fare piazza pulita. Abbiamo più commissari noi di una stazione di Polizia. Qualcosa vorrà pur dire.
L’empasse che si è creato è grande come il nodo che ci sarà da sciogliere. Ma siamo distanti e all’orizzonte ci sono solo nubi.
Non vorrei enfatizzare il senso della gerarchia, termine che solo a scriverlo, evoca tradizioni fasciste a noi lontane.
Però, quando si arriva al punto che un semplice iscritto si permette di irridere pubblicamente un Consigliere Comunale, il giorno dopo che questi ha formato un gruppo consiliare chiamandolo “Partito Socialista” (e solo qualcuno sa quanto tutto ciò sia stato estremamente delicato) senza che alcun organo di Partito si prenda la briga di ristabilire l’ordine delle cose, se non quello della verità, bè allora mi viene in mente:
a) che si voglia che le cose vadano così
b) che non si controlla più niente e nessuno
c) che l’importante è controllare le tessere, che si scornino tra di loro
d) che non c’è niente da controllare perché siamo tutti in libera uscita

Ognuna di queste spiegazioni che mi sono dato, ha una sua ragione per essere la probabile risposta. Di certo un Partito serio, deve avere delle regole chiare, da far scendere su suoi iscritti.

Certo è, che se ogni singolo iscritto può fare ciò che gli viene in mente, come si può pensare di avere l’autorevolezza di “dare indirizzi” a Presidenti di Comunità Montana, Sindaci, Assessori Provinciali e Comunali, Consiglieri Provinciali, Comunali e Comunitari ?

Infatti, siamo completamente in alto mare. E non solo abbiamo perso la
rotta, si è staccato anche il timone.

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