lunedì 31 agosto 2009

ANDREOTTI, CRAXI E... PANNELLA: IL POTERE LOGORA CHI NON CE L'HA?* di Pier Paolo Segneri

La banalità del Potere

Quando aveva ventotto anni lo definivano “un giovane vecchio”. Oggi, che sono passati un bel po’ di lustri, a parte i segni naturali dell’età, non è cambiato molto. Si è come preso una sorta di rivincita personale sul tempo. Per lui, i giorni sembrano essersi mossi a ritroso: a distanza di oltre sessanta anni è ancora un giovane vecchio. Anzi, meglio, è diventato “un vecchio giovane”. Quindi, ha guadagnato altro tempo.
Il sipario del Meeting di Comunione e Liberazione si apre per la trentesima volta. Sul palco del 2009 c’è tutto quello che i convenuti si aspettano. E anche qualcosa di più: sulla scena spicca la sagoma inconfondibile di un uomo abituato a tutti gli scenari. Novant’anni compiuti, ironico, brillante, pacato nei gesti e rapido nella battuta. Più lo commemorano e più gli allungano la vita. Giulio Andreotti, il divo, ama stare al centro della scena. Se non avesse nel suo carattere una dose cospicua di questa vanità, non avrebbe fatto l’uomo politico e non sarebbe diventato un personaggio pubblico. Su di lui si sono scritte pagine e pagine di cronaca politica. Si è detto di tutto: sul suo passato, sulla sua storia, sul suo potere. Che poi, nel bene e nel male, è il passato dell’Italia, la nostra storia, il vissuto del nostro Paese. Perciò, in occasione dei festeggiamenti di Rimini, scrivere un ennesimo articolo biografico su Andreotti sarebbe da una parte scontato e dall’altra prematuro. Lui stesso, parlando di sé, ha affermato: “Non mi piacciono le biografie da vivo”. Ed ha ragione. E’ presto per le commemorazioni. Anche se – prosegue – “io sono postumo di me stesso”.
Agli albori del Pd, è stato il senatore Andreotti ad asserire con tono ieratico: “l’Italia, più che di un partito riformista, avrebbe bisogno di un partito riformatore”. Sembrava di sentir parlare Marco Pannella. Eh già! Giulio e Marco sono due opposti che si attraggono e si dividono, si sono avversati e combattuti, ma hanno avuto anche una cosa in comune. Insieme a Bettino Craxi, sono i due uomini politici italiani più anticomunisti della nostra storia repubblicana. E non nel senso di essere “contro”. Semmai in senso positivo e propositivo: Craxi in quanto socialista, Pannella in quanto liberale ed Andreotti in quanto cattolico. Tutti e tre, però, anticomunisti: Bettino più di quanto non lo fosse stato Giuseppe Saragat, Marco più anticomunista di Luigi Einaudi e Giulio più del suo maestro e mentore Alcide De Gasperi. In effetti, a pensarci bene, soltanto un insospettabile anticomunista sarebbe potuto diventare il simbolo democristiano del governo di solidarietà nazionale. Questa storica e anomala vicinanza tra Andreotti e Pannella ci offre anche il metro per leggere l’attualità politica e ci indica la misura della distanza che oggi c’è tra il progetto riformatore e laico-degasperiano della Rosa nel Pugno e l’idea catto-comunista dell’Ulivo.
In tanti, nell’ultimo mezzo secolo, senza riuscirci veramente, si sono dedicati all’arte di svelare il mistero andreottiano, di scoprirne i segreti, di comprenderlo, di stanarlo, di capirlo. Mentre solo Andreotti, come asseriva Fortebraccio, “ha capito tutto”.
Negli anni più recenti, si è cercato di rileggerlo, di rivisitarlo, di interpretarlo. Ma sempre con lo sguardo rivolto al passato o al presente. Sinceramente, a tutto questo studio, manca qualcosa. Giulio Andreotti è un vecchio giovane e ha guadagnato altro tempo. E’ forse giusto parlarne al futuro. Anche se spaventa. Anche se può stupire.
Qual è il futuro politico di Andreotti? La domanda appare come un paradosso. Del resto, il paradosso è una delle cifre che connotano il senatore a vita. A Frosinone, più che altrove, lo zio Giulio ha lasciato la propria orma amministrativa, di statista e di uomo di governo. Non a caso, il suo braccio destro, Franco Evangelisti, era di Alatri. E lui stesso è originario di Segni. Insomma, “il Presidente” ha lasciato, in Ciociaria, un segno indelebile del suo passaggio e della sua politica. Quasi tutta l’odierna classe dirigente locale di maggioranza e di opposizione, di centro e di lato, democristiana e non, moderata e riformista, conservatrice e progressista, ha assimilato le massime e gli aforismi dello Zio. In particolare, regna come un assioma la famosa battuta: il potere logora… ma è meglio non perderlo. Solo che in Ciociaria l’hanno presa troppo sul serio. E’ diventata una mentalità. E ripetono come un comandamento: il potere logora… chi non ce l’ha. Servirebbe qualcuno che spiegasse loro i limiti di quei motti di spirito. Oppure, almeno, qualcuno che svelasse loro tutta la banalità del Potere. Bisognerebbe comprendere che per reggere il peso di quel potere e di quel logoramento si dovrebbe avere, perlomeno, la stessa intelligenza di Andreotti. Che è il più intelligente di tutti. Ecco, il futuro politico del Presidente è proprio qui: nello spessore intellettuale, nel rigore culturale, nell’impegno letterario e storico e bibliografico e aneddotico e pragmatico da regalare a tutti i giovani e, per contrappasso, ai giovani vecchi di oggi. E’ quello il potere che il senatore a vita possiede ancora, forse più di prima, e che non deve perdere né disperdere né, tanto meno, tenere per sé. Può donare la sua saggezza alla classe dirigente del futuro, magari della Ciociaria, senza timore di logorarla con un potere vecchio e fine a se stesso. Anzi, la sua attuale saggezza può essere un potere utile proprio a chi non ce l’ha. Come quando, nel maggio scorso, in occasione del compleanno di Marco Pannella, Andreotti ha ammesso: “Marco, anche quando graffia, non provoca rancori”. E’ stata un’utile pillola di saggezza. Forse, anche per Giulio, da un certo punto di vista, Marco è un esempio politico da seguire. E sono sicuro che il rispetto sia profondo e reciproco. Come si addice a due uomini che sono stati spesso avversari, al di qua e al di là del Tevere. Malgrado il nobile cinismo romano del senatore, infatti, il leader radicale riconosce ad Andreotti l’intelligenza inesauribile della sua politica e, a mio parere, questa intelligenza andreottiana non può essere banalmente ridotta o ricondotta dietro il solito sipario del potere. Sarebbe come dissolverla nel nulla ed esaurirla tutta, in un attimo, nella banalità del male.

Pier Paolo Segneri

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