venerdì 9 maggio 2008

*9 MAGGIO 1978: TRENT'ANNI FA VENIVA ASSASSINATO ALDO MORO*

Oggi, leggendo i giornali o ascoltando i talk show televisivi, sentiremo scorrere fiumi di ipocrita retorica sul barbaro assassinio di ALDO MORO. Ipocrita perchè chi ha vissuto quella terribile vicenda non puo' non ricordare che nei 56 giorni del suo rapimento vennero imposti IL SILENZIO (anche quello della stampa che arrivo' ad autocensurarsi), LA NON DECISIONE e la LINEA DELLA "COSIDDETTA" FERMEZZA. Oggi, per rendere davvero omaggio alla memoria di Aldo Moro, i socialisti non hanno bisogno di usare molte parole. La Storia si è incaricata di darci, purtroppo, ragione. I socialisti, ed in particolare Bettino Craxi, furono gli unici, insieme ai radicali di Marco Pannella, a battersi perche' non venisse anteposta una generica "Ragion di Stato" alla possibilita' concreta di salvare la vita di Aldo Moro attraverso una "ragionevole trattativa" o, almeno, un serio dialogo. Con le Brigate Rosse si era trattato in diversi precedenti rapimenti e la stessa cosa fu fatta dopo. PERCHE' NON LO SI VOLLE FARE PER ALDO MORO? Questo interrogativo pesa ancora come un macigno non solo sulle coscienze personali dei protagonisti di allora, alcuni viventi come Andreotti e Cossiga, ma sull'intera vita politica italiana. In una Democrazia "normale" un Ministro dell'interno, in quel caso Francesco Cossiga, che fosse incappato nella sfortuna di dover gestire un caso del genere con gli esiti che ha avuto, anche a prescindere dalle sue personali responsabilita', avrebbe passato il resto della sua vita a...coltivare rose o a scrivere libri per riscattare la sua immagine. In Italia, invece, egli e' stato quasi subito nominato Presidente del Consiglio per due volte, quindi per due volte eletto PresIdente del Senato ed, infine, Presidente della Repubblica al primo scrutinio con i voti determinanti e compatti del Partito Comunista. Difficile non sentire in tutto cio' il "sapore" di un...premio, naturalmente di... consolazione. D'altronte l'unico postcomunista che, solo pochi mesi fa, ha pubblicamente riconsciuto che, secondo lui, il PCI allora sbagliò è stato Piero Fassino, per questo aspramente criticato sia da destra che da sinistra e, cioè, dagli eredi politici della DC e del PCI. Oggi resta un fatto inconfutabile prodotto dal quel silenzio e da quella fermezza. L'esito dell'AFFAIRE MORO (come lo chiamo', in un suo libro, Leonardo Sciascia) e' alla radice di un male italiano: LA NOSTRA CONDIZIONE, OGGI PIU' CHE MAI, DI DEMOCRAZIA IN "CONDOMINIO" TRA PARTITI SENZA FIDUCIA E CITTADINI SENZA RILEVANZA. Macerata, li 9/5/2008 Ivo Costamagna (Coordinatore Partito Socialista Provincia di Macerata)

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