venerdì 2 maggio 2008

1 maggio: un'analisi sulla tragedia delle morti sul lavoro

Le informazioni che seguono sono disponibili su questa pagina
In calo i morti sul lavoro in Italia, nel 2007, così come gli infortuni complessivi. E' quanto emerge dalla relazione nazionale presentata oggi dall'Inail a Torino, dal direttore generale Pietro Giorgini e dal ministro del Lavoro Cesare Damiano.

Le prime stime dell'Inail sulle morti bianche per il 2007 parlano di circa 1.260 morti sul lavoro("circa" perché i dati definitivi saranno pronti a ottonre), a fronte dei 1.341 dell'anno precedente. Si tratta di numeri stimati ma, dice l'Istituto, attendibili e semmai approssimati per eccesso. Infatti il dato non ancora consolidato, ovvero il numero effettivo dei casi mortali registrati negli archivi gestionali dell'Istituto al 29 febbraio 2008, risulta pari a 1.147. E appunto su questo dato si basano i procedimenti statistici di stima previsionale che per il 2007 individuano un numero di infortuni mortali compreso in tra 1.240 e 1.260 casi.

Dalle stime Inail risulta poi che, dei 1.260 incidenti mortali avvenuti nel 2007, 1.130 si sono verificati nel settore dell'industria e dei servizi, 115 nell'agricoltura e 15 tra i dipendenti in conto Stato. In particolare, 295 sono quelli del settore costruzioni. Inoltre più di un quinto (esattamente 260) sono avvenuti in itinere, ovvero lungo il tragitto casa lavoro e viceversa.

Gli incidenti sul lavoro, invece, sempre secondo le stime dell'Inail, sono stati 913.500 nel 2007. Nel 2006 erano stati 928.158. In particolare, gli incidenti sono stati 57.300 nell'agricoltura, 827.000 nell'industria e nei servizi di cui 100.000 nelle costruzioni, e 29.200 tra i dipendenti in conto Stato.

Negli ultimi cinquanta anni le morti bianche in Italia sono comunque notevolmente diminuite, dice l'Inail. Nel 1956 i morti del lavoro erano 3.900 per salire a 4.644 nel 1963, anno di massimo storico per gli infortuni mortali ma anche di forte sviluppo industriale (sono gli anni del boom economico). Nel 1966 gli infortuni erano di nuovo scesi a 3.744 e da lì è partito un lento ma continuo decremento: 2.793 nel 1976, 2.083 nel 1986, 1.372 nel 1996, 1.546 nel 2001, per finire con 1.260 dello scorso anno. Un andamento simile hanno registrato anche gli infortuni non mortali, sebbene non in maniera altrettanto lineare e con un calo non altrettanto marcato. Basti ricordare che erano 1.150.354 nel 1956, 1.283.667 nel 1976, 1.023.379 nel 2001 e 928.158 nel 2006.

Nell'ultimo triennio il settore più ad alto rischio è stato quello della lavorazione dei metalli. Con oltre 6 infortuni su 100 (esattamente 61,95 infortuni indennizzati per mille addetti esclusi i casi in itinere) l'industria dei metalli presenta, infatti, un indice di frequenza infortunistica che è quasi il doppio rispetto all'indice medio dell'industria e servizi (32,21 per mille). Seguono la lavorazione dei materiali non metalliferi (59,94 per mille), la lavorazione del legno (56,64) e le costruzioni (54,37). Tuttavia, se si parla di incidenti gravi, cioè tali da provocare un'invalidità permanente, al primo posto troviamo le costruzioni con 4,46 infortuni indennizzati per mille addetti, seguite dalla lavorazione del legno (4,14) e dall'estrazione di minerali (4,13). Quest'ultimo settore, infine, risulta anche quello a più alto rischio di morte: 3,7 casi ogni 10 mila addetti nell'ultimo triennio. Fortunatamente però, l'esiguo numero dei lavoratori del settore fa sì che a un indice di frequenza così alto non corrisponde un numero assoluto altrettanto elevato.

Per quanto riguarda il costo sociale degli infortuni sul lavoro in Italia calcolato dall'Inail per il 2005, ammonta a quasi 45 miliardi e mezzo di euro, pari a circa il 3,21% del prodotto interno lordo. Nello specifico i costi assicurativi sono stati solo 11.760 miliardi di euro, a fronte di 14.377 miliardi per gli interventi e i dispositivi di prevenzione e di ben 19.307 per le altre spese legate ai danni da lavoro: dal tempo perduto dai colleghi delle vittime per il soccorso all'addestramento dei sostituti, dai guasti alle macchine alla perdita di immagine da parte dell'azienda.

Ma dove si verificano gli incidenti sul lavoro? Nel corso del 2006 il 31,7% degli infortuni denunciati all'Inail nel settore dell'industria e dei servizi sono avvenuti in aziende fino a 15 dipendenti. Una percentuale che però raddoppia (61,4%) quando si parla di casi mortali: nel 2006 infatti su 1.205 morti bianche avvenute in questo settore, ben 740 si sono verificate nelle aziende fino a 15 addetti. Analizzando alcuni specifici comparti come la lavorazione dei metalli, la lavorazione dei minerali non metalliferi e le costruzioni si scopre, inoltre, che nell'ultimo triennio alcune industrie presentano un indice di frequenza più alto rispetto alle imprese artigiane (rispettivamente 64,38 per mille addetti contro 56,37; 61,51 contro 54,32 e 56,6 contro 52,88). Nel caso degli incidenti gravi, invece, le imprese artigiane presentano spesso un indice di frequenza maggiore delle industrie: 4,5 per mille addetti contro 4,40 nelle costruzioni, 3,68 contro 2,85 nella lavorazione dei minerali non metalliferi, 3,9 contro 2,21 nei trasporti. Mentre nel comparto della lavorazione del legno l'indice di frequenza degli infortuni indennizzati dall'Inail nelle imprese artigiane risulta superiore sia per gli incidenti in generale che per quelli gravi: 58,47 per mille addetti contro 54,15 per i primi e 5,07 contro 2,88 per i secondi.

In Italia le aziende dell'industria e dei servizi che non hanno denunciato nessun infortunio nel corso del 2006 sono il 92,4% su un totale di 3.745.224. In altre parole, le aziende dove si è verificato almeno un incidente sono il 7,6% (280mila) del totale nazionale e appena lo 0,48% (circa 18mila aziende) quelle che hanno registrato 5 o più infortuni. Nell'industria dei metalli però le aziende che non hanno denunciato nessun infortunio nel corso del 2006 sono state appena l'83,20% del totale. Secondo uno specifico studio dell'Inail, infine, le aziende fino a 15 dipendenti che non subiscono infortuni sono il 94,7% del totale, mentre per le grandi (oltre 250 addetti) il totale scende al 4,6%.


Le aziende con meno di 15 dipendenti registrano il più alto numero di morti bianche.

Non è difficile mettere in relazione questo dato con la carenza della cultura della prevenzione e della formazione professionale che caratterizza la gestione di quelle imprese. Altre cause vanno ravvisate in forme inadeguate di amministrazione d'impresa e nel costo dell'adeguamento alle normative di sicurezza che incide in misura ragguardevole sui bilanci delle aziende di ridotte dimensioni.

Che 740 incidenti mortali su 1205 si siano verificati, nello scorso anno, in aziende con meno di 15 dipendenti - quelle nelle quali si ritiene che il rapporto umano prevalga sull'utilizzazione del lavoro come fattore della produzione - deve far seriamente riflettere. Una politica di drastica riduzione del rischio-lavoro non può che partire dall'elaborazione di questi dati e centrare la risposta su queste specifiche esigenze.



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