mercoledì 18 agosto 2010

*LA MORTE DEL PRESIDENTE EMERITO, FRANCESCO COSSIGA - Un articolo di Eugenio Scalfari ed i 90anni di Giorgio Bocca*

SCALFARI, "SIAMO TUTTI STUFI DI QUESTA POLITICA"

da La Repubblica del 15 agosto 2010

di Eugenio Scalfari

SONO maledettamente stufo di dover seguire i miei obblighi professionali commentando la ripetitiva rissosità e inconcludenza dei politici, l'incontenibile pulsione anticostituzionale di Berlusconi, l'uso dei dossier nei confronti di Fini e le controaccuse dei finiani contro il Cavaliere, gli sbraiti di Di Pietro contro tutto e tutti, il bastone secessionista della Lega che spunta dai borbottii di Umberto Bossi, l'attesa del Partito Democratico e Godot che non arriva perché ce ne sono troppi e si paralizzano reciprocamente. Sono maledettamente stufo e non sono il solo.

Sono stufi la maggioranza schiacciante degli italiani con il pessimo risultato che il distacco dalle istituzioni è diventato un abisso. Ed è stufo e molto preoccupato il Presidente della Repubblica, come lui stesso ha detto con parole sue nell'intervista rilasciata tre giorni fa all'Unità.

Napolitano ha segnalato il vuoto che si è aperto da quando la rissa politica si è trasformata in rissa istituzionale; ha chiesto ai responsabili di questo stato di cose di mettervi fine al più presto; ha osservato che una crisi di governo al buio e un'eventuale campagna elettorale selvaggia rischierebbero di avere esiti nefasti per la democrazia. Quanto a lui, ha confermato quanto già sapevamo del suo modo di pensare e di agire: farà tutto ciò che la Costituzione gli consente e gli impone di fare se si aprirà una crisi di governo. Niente di più e niente di meno.

Questo suo rispetto degli obblighi costituzionali ai quali ha giurato di attenersi (l'hanno giurato anche tutti gli altri pubblici ufficiali a cominciare dal Presidente del Consiglio, dai membri del Governo e dai Presidenti delle Camere, ma sempre più spesso se ne scordano) gli ha infatti procurato un livello di fiducia popolare che sfiora l'unanimità e rappresenta uno dei pochi elementi positivi, forse il solo, della pessima situazione che stiamo vivendo.

La Costituzione stabilisce che spetta al Capo dello Stato il potere di sciogliere le Camere se il Parlamento non è in grado di esprimere una maggioranza, così come è in suo potere nominare il Presidente del Consiglio e, su sua proposta, i ministri, rinviando il Governo alle Camere per ottenerne la fiducia. Da questo punto di vista ha ragione Napolitano di ricordare che non esiste un governo tecnico: i governi debbono ottenere la fiducia del Parlamento e quindi sono tutti e sempre governi politici, quali che siano il Presidente del Consiglio e i ministri che ne fanno parte. Purtroppo gran parte dei politici ignorano o dimenticano questi principi costituzionali e le norme che li configurano. Di qui lo stucchevole teatrino che va in scena ogni giorno con poche varianti.

* * *

Una variante notevole era sembrata la separazione dei finiani dal Pdl. Le motivazioni erano chiare, il dissenso su punti decisivi - a cominciare col rispetto della legalità - e la mancanza di luoghi e strumenti per renderlo palese all'interno del partito giustificavano la secessione. Essa però non fu portata alle logiche conseguenze. Si volle mantenere una fittizia appartenenza dei finiani al Pdl per non tradire la volontà degli elettori che li avevano votati.

Va detto - e Fini lo sa perfettamente - che uno dei cardini portanti della nostra Costituzione è l'articolo 67 che stabilisce che i membri del Parlamento rappresentano la Nazione e sono eletti senza vincolo di mandato. Questo articolo è fondamentale perché è il solo strumento cheimpedisce alle oligarchie dei partiti di asservire gli eletti dal popolo. Il popolo trasferisce ai suoi delegati la propria sovranità fino a quando si tornerà a votare.

Non c'era dunque alcun bisogno della finzione finiana che il cordone ombelicale con il Pdl non potesse essere tagliato. Quella finzione è stata adottata affinché fosse evidente chi era stato il responsabile della secessione: un'evidenza però talmente plateale da non richiedere percorsi così tortuosi e sterilizzanti. Ma ora, dopo che è cominciato e continua ad andare avanti il massacro mediatico che i giornali berlusconiani infliggono a Fini con l'evidente supporto dei dossier dei Servizi segreti, si è delineata un'altra anomalia di segno opposto: i finiani, per difendere il loro leader dall'attacco di cui è vittima, sono partiti al contrattacco non solo ricordando fatti antichi e non sanate illegalità del Cavaliere, ma indicando temi recenti di gravissima portata e cioè: l'uso dei Servizi di sicurezza per distruggere gli avversari politici del premier, rapporti di comparaggio del Presidente del Consiglio con il Primo Ministro russo Putin; analoghi rapporti di comparaggio di Berlusconi con il leader libico Gheddafi. Se i finiani dispongono di prove o almeno di gravi indizi su queste presunte e gravissime illegalità, hanno a nostro avviso l'obbligo di esibirle informandone la competente Procura della Repubblica; non possono invece tenerle in serbo come potenziale deterrente. Chi ha sollevato una questione di legalità deve anzitutto difendere se stesso esibendo prove certe contro le accuse che gli sono state lanciate, ma non può a sua volta ritorcerle senza provarne la consistenza.

Qui risiede il coraggio e la forza della propria coscienza morale.

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GIORGIO BOCCA: "TUTTI I REGIMI ALLA FINE CADONO"


da Il Fatto Quotidiano del 15 agosto 2010

Giorgio Bocca sarà festeggiato per i suoi novantanni, il 18 agosto, in un momento complicato per il Paese, difficile per la democrazia, dice.

Partigiano, giornalista, ha fatto un pezzo della storia del giornalismo italiano. E oggi assiste allo spettacolo di giornali e tv poveri di notizie e ricchi invece di silenzi, omissioni, dossier e ricatti. Cominciò negli anni Sessanta, dopo la gavetta alla Gazzetta del Popolo, con il Giorno di Italo Pietra, che cambiò la maniera di fare giornalismo.

Era il 1962 - racconta - Pietra mi chiama e mi dice: devi scoprire che cos'è l'Italia reale. Vai a vedere che cosa c'è a Vigevano. E io pensavo: ma questo che cosa dice? Chi se ne importa di Vigevano! Invece ci sono andato e ho scoperto che c'era davvero un mondo da raccontare. Era il boom economico, il grande cambiamento dell'Italia. Come editore avevamo Enrico Mattei: un avventuriero con grande passione per il giornalismo e grandi mezzi. Ha profuso miliardi nel giornale.

- C'era anche un gruppo di giornalisti che cambiato il modo di raccontare la politica e soprattutto la società italiana.

Certo, è vero. Il giornalismo, la notizia, l'inchiesta erano preminenti su tutto. Ma devo dire che avere alle spalle un editore che non badava a spese aiutava. Poi il Giorno è finito già subito dopo la morte di Mattei. È arrivato Gaetano Afeltra, la negazione del giornalismo. E l'Eni di Raffaele Girotti viveva il Giorno come un fastidio.

- Sarà forse morto il Giorno, ma non la maniera di fare giornalismo che avevate inventato.

Il nostro gruppo è passato quasi tutto a Repubblica. Lì la cosa nuova è che c'era come direttore un grande giornalista, Eugenio Scalfari, che è un vero direttore d'orchestra. Vedo che nel Fatto Quotidiano ci sono gli stessi principi ispiratori. A volte siete un pò disordinati ed eccessivi, e pretendete di poter scrivere tutto. Ma almeno ogni tanto dite qualcosa, e questo spiega il vostro successo. Forse vi manca quello che avevamo noi al Giorno: molti mezzi, un grande editore alle spalle. Oggi il giornalismo prevalente, in tv e nei giornali, le notizie proprio non le ama. Non ci sono più editori che credono nel mercato delle notizie. Conta di più la pubblicità. Come si fa a essere liberi di scrivere tutto quello che si vuole, se poi gli inserzionisti ti tolgono la pubblicità? E poi è arrivato il gossip, il pettegolezzo si è impossessato di tutti i giornali. Anche i migliori (compresa Repubblica) sparano pagine e pagine di pettegolezzi e istruzioni su come si fanno le marmellate. In passato, lo scontro politico era durissimo, eppure la destra non ha mai attaccato Palmiro Togliatti per il fatto che andasse a letto con Nilde Iotti. Cera comunque un rispetto delle persone e della loro vita privata. Oggi invece tutto può essere usato come arma per la lotta politica. Non ci sono più direttori capaci di stabilire confini di tipo etico. Imperversa lo stile di giornalismo di Vittorio Feltri, uno che è stato cacciato dal Corriere perché faceva scandalismo e ora, da direttore, ha imposto il suo modello a tutti.

- Anche tu hai ricevuto attacchi duri, hanno scritto che il partigiano Bocca era stato fascista.

Sì, dopo aver fatto venti mesi di guerra partigiana, mi hanno rinfacciato un articoletto scritto su un giornaletto del Guf a 17 anni, quando ancora non avevo conosciuto che cos'era il fascismo. Quando l'abbiamo capito, l'abbiamo combattuto con le armi. È stato doloroso ricevere quellattacco. Ho scoperto che gli uomini sono carogne. Nella vita puoi fare quello che vuoi, puoi diventare anche un eroe, ma c'è sempre chi cerca di inchiodarti per sempre a un particolare del tuo passato. Non ho mai risposto. Mia moglie mi ha detto: se ciò che ti possono rimproverare in una vita è tutto qui, allora stai tranquillo.

- Oggi si fa anche di peggio, si organizzano campagne di denigrazione e ricatti, da Boffo a Fini. E si accumulano dossier.

Fini oggi dice cose politicamente intelligenti. Ma io non riesco a fidarmi di uno che, potendo scegliere tra Democrazia e Repubblica di Salò, sceglie Salò e i nazisti e diventa missino. E dopo, come mai non si è accorto che la moglie e il cognato sono dei profittatori e dei traffichini?

- Sta di fatto, però, che l'opinione pubblica italiana oggi accetta come normale che il Presidente del Consiglio usi anche i Servizi Segreti per le sue lotte politiche personali. Al centro di questa scena, a controllare sistema mediatico e apparati dello Stato, c'è Silvio Berlusconi.

Credo che sia ingenuo pensare che l'attuale situazione politica dell'Italia sia determinata soltanto dalla presenza di Berlusconi. Lui è luomo fatale che ha capito che cosa vogliono gli italiani, che il Paese ha bisogno di fascismo. È l'uomo giusto al momento giusto, con la sua capacità di menzogna, di raccontare cose che non ci sono, di trasformare quattro casette in Abruzzo nel miracolo della ricostruzione Non è Berlusconi ad aver provocato questa situazione, sono gli italiani ad amare questa maniera di fare politica. Siamo l'unico Paese dell'occidente che per due volte sceglie una strada autoritaria, prima il fascismo e ora Berlusconi. In Germania, in Francia, vicende così non si sono ripetute. Negli Stati Uniti, l'opinione pubblica si fa sentire. Dopo i Nixon e i Bush, arriva Obama. Qui no.

- Berlusconi è diverso da Mussolini.

Ma non migliore. Semmai è peggiore: nel fascismo di Mussolini c'era una reazione etica, il suo regime è stato meno corrotto della precedente amministrazione liberale. Oggi Berlusconi riesce invece a essere autoritario (i dissidenti li licenzia, è naturalmente incompatibile con la democrazia) e anche a imporre le cricche come metodo di governo. Riesce a far apprezzare anche il suo malgoverno. In fondo, le cricche che vengono scoperte hanno schiere di ammiratori segreti, i quali pensano: capitasse anche a noi di essere come loro, di ottenere finanziamenti dello Stato, di avere soldi e potere

- Ma Berlusconi oggi è all'inizio della sua crisi o alla vigilia di un suo nuovo trionfo?

Riccardo Chiaberge ha scritto che teme di essere non al 24 luglio 1943, vigilia della caduta di Mussolini, ma al 6 aprile 1924, quando il Partito Nazionale Fascista prese il 61 per cento dei voti e il regime si consolidò. *L'unica speranza che ho è che alla fine tutti i regimi cadono*. È caduto anche il nazismo, che aveva sistemi di controllo più violenti, finirà anche il berlusconismo. Non so quando, la crisi potrà essere lunga. Del resto, è un regime senza opposizione: la sinistra ragiona con la stessa testa del berlusconismo, ha dimenticato, per esempio, l'egualitarismo e fa ogni giorno l'elogio delle differenze sociali. La crisi però c'è, questo tardocapitalismo senza regole, né etiche, né religiose, è destinato ad andare verso una sua apocalisse: divora tutto ciò che c'è, le fonti d'energia, il territorio, l'ambiente, senza curarsi del domani. Consuma il presente senza avere più una idea di futuro. Quanto potrà durare tutto ciò?

- Una visione un pò cupa.

Uno come me in un periodo come questo ha il dubbio: sono io che sono troppo pessimista, che non capisco il presente? Ma vedo il mondo del tardocapitalismo diventare feroce. Il crollo del comunismo si è dimostrato una fregatura: quel modello opposto, almeno, obbligava anche il capitalismo a stabilire regole e un ordine di valori. Adesso invece vale tutto e contano solo i soldi. Niente regole etiche. L'unica regola è fare soldi, anche rubando. E l'unico disonore è perdere soldi. Una volta se un industriale faceva bancarotta, si sparava. Oggi onorabilità, amor proprio, rispetto, professionalità non contano niente. Mi stupisce che la Chiesa su questo sia assente: ha rinunciato del tutto a proclamare la necessità di un'etica. Uno considerato un grande manager, come Sergio Marchionne, dice che l'unica cosa che importa sono i conti e mette in discussione il
diritto di sciopero. E se non vi va bene, dice, sposto la produzione in Serbia: non si era vista una cosa così dal tempo degli Imperi. E di questo i giornali non si occupano, o fanno finta che non sia importante.

- Nel 1992 hai sdoganato la Lega, votando a Milano il Sindaco Marco Formentini.

Nell'amministrazione i leghisti erano gente in gamba e Umberto Bossi, dopo Tangentopoli, poteva dire: nel mio partito non si ruba. Adesso anche lui ha cedimenti, con quel figlio che ha, una roba un pò coreana.

- Citi spesso il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa. Un uomo di cui pure non condividevi i metodi antiterrorismo, a cui hai fatto l'ultima intervista prima che fosse ucciso dalla mafia.

Siamo tutti e due piemontesi, ma il Generale Dalla Chiesa può sembrare il mio opposto: io sono Azionista, di Giustizia e Libertà, mentre lui era un carabiniere, diceva di avere gli alamari cuciti sulla pelle. Però era una persona rigorosa che ha combattuto il terrorismo più con l'intelligenza che con la forza. Finalmente un funzionario dello Stato che fa il suo mestiere: era carabiniere e faceva il carabiniere. E poi aveva capito le connivenze tra Stato e mafia. Nella sua intervista-testamento mi ha confermato che metà dei Ministri lo aveva abbandonato: e la mafia ti uccide quando sei solo. Come Mattei, come Falcone e Borsellino, è stato ammazzato sapendo che
sarebbe stato ucciso. In Italia succede così.

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E' MORTO FRANCESCO COSSIGA,
QUATTRO LETTERE AI VERTICI DELLO STATO


E morto Francesco Cossiga. Aveva compiuto 82 anni il 26 luglio. Il Presidente emerito della Repubblica era ricoverato da lunedi della scorsa settimana al Policlinico Gemelli. Una crisi cardiocircolatoria sarebbe una delle cause del decesso del senatore a vita avvenuto alle 13.18 di ieri, Martedi 17 Agosto 2010.

Una prima crisi, dovuta anche ad un forte abbassamento della pressione arteriosa, aveva portato Cossiga al ricovero 9 giorni fa. La Camera ardente per il senatore a vita Francesco Cossiga sarà allestita oggi, Mercoledì 18, dalle 10 alle 18, nella Chiesa Madre del Policlinico Gemelli.

I funerali del Presidente emerito dela Repubblica, Francesco Cossiga, si svolgeranno a Cheremule (Sassari), un piccolo paese del Meilogu. Lo si è appreso da amici di famiglia che hanno spiegato che il Presidente era particolarmente affezionato a Cheremule perché vi erano nati i genitori. All'origine della scelta di Cossiga potrebbe aver anche influito il fatto che le dimensioni della chiesa parrocchiale e del sagrato sono tali da favorire il carattere strettamente privato delle esequie, che sarebbe stato espressamente chiesto dal Presidente con le lettere inviate alla massime cariche dello Stato.

HA LASCIATO LETTERE A VERTICI STATO

Il Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga ha lasciato un testamento con le sue ultime volontà e alcune lettere personali e riservate ai vertici delle istituzioni. Le lettere dell'ex Capo dello Stato sono indirizzate al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al Presidente del Senato Renato Schifani, al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e al Presidente della Camera, Gianfranco Fini. Le lettere, secondo le disposizioni lasciate dal senatore a vita, sono state già inviate.

IL PAPA, SI RACCOGLIE IN PREGHIERA


Cordoglio di Benedetto XVI per la morte del Presidente emerito della Repubblica italiana, Francesco Cossiga, spentosi all'età di 82 anni. Il Papa, riferisce la Radio Vaticana, è stato immediatamente informato della notizia della morte di Cossiga, avvenuta alle 13.18 di ieri al Policlinico Gemelli. Profondamente addolorato si è raccolto in preghiera. Pochi giorni fa l'Arcivescovo Rino Fisichella era stato incaricato dalla Segreteria di Stato, a nome del Papa, di informarsi sullo stato di salute dell'ex Presidente e si era recato in visita al Policlinico di Roma.

(ANSA)



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