mercoledì 29 dicembre 2010

NOI, ITALIANI E SOCIALISTI.


Inizio questo mio ultimo editoriale del 2010 dalle bugie che l’onorevole Rosy Bindi ha rovesciato sui socialisti durante il suo recente comizio a Ballarò.
Meritano poche parole, meriterebbero anzi il silenzio se fossero state pronunciate per strada da una signora di mezza età anziché in tv dal presidente del maggior partito di opposizione che, in nome del riformismo, si candida a diventare l’alternativa a Berlusconi.

L’amara constatazione è che il sentimento antisocialista è ancora vivo in parte del centrosinistra e che, a distanza di quasi venti anni dalla mattanza politica di Tangentopoli, le mistificazioni sulla storia recente del PSI siano ancora nelle corde di tanti Bertoldo. Cominciamo intanto col dire che dei disastri degli ultimi diciotto anni, quelli della Seconda Repubblica, i socialisti non portano alcuna responsabilità; abbiamo pagato a carissimo prezzo la furia giacobina degli anni ‘90, continuiamo oggi a portarne i segni.



In tutta Europa il blocco progressista è organizzato attorno a forze di ispirazione socialista, che si alternano al governo con i conservatori; in Italia si è deciso di eliminare o di considerare residuale il riformismo socialista. Risultato: la peggiore destra d’Europa rischia di prevalere ancora, nonostante il suo ciclo stia giungendo al termine.

Il voto in Parlamento del 14 dicembre scorso ha sancito, nonostante la risicata vittoria numerica (e politica) di Berlusconi, il fallimento della “missione” nella quale milioni di italiani si erano riconosciuti. Il quadro è desolante: l’Italia è più divisa, più povera, con istituzioni più deboli, lontana dalla possibilità di agganciare la ripresa in tempi brevi.

Come si batte questa destra? Non con un nuovo “frontismo”, ma con una coalizione della sinistra riformista con le forze di centro strette attorno ad un progetto per l’Italia fondato sul lavoro, sulla sicurezza, sulla sobrietà, sul merito, lontano da ogni radicalismo e da ogni forma di giustizialismo.

Il centrosinistra, anziché lacerarsi con primarie fratricide per la leadership, deve definire un programma e un progetto di “ricostruzione nazionale” in grado di dare risposte concrete alla crisi del sistema politico e istituzionale, causa principale della crisi economica e sociale che sta travolgendo soprattutto il modo giovanile. Per quanto ci riguarda, proseguiremo nel dialogo con radicali ed ambientalisti per costruire iniziative comuni su questioni che stanno nel cuore degli italiani (dai costi della politica all’informazione) senza escludere un lavoro condiviso in alcune tra le città che andranno al voto in primavera.

Il 2010 è stato l’anno del congresso di Perugia, in cui si è delineata “la rivoluzione del buonsenso” ed in cui il PSI ha ritrovato se stesso. L’anno che verrà, Centocinquantesimo dell’Unità d’Italia, sarà decisivo per le sorti del nostro Paese e noi, come socialisti e come italiani, vogliamo fare la nostra parte: con l’orgoglio, il senso di responsabilità e la cultura di governo che da sempre sono la cifra del nostro partito.

RICCARDO NENCINI

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