mercoledì 21 luglio 2010

*CESARE E I SUOI... BRUTI*

Chi sarà Bruto, colui che pugnalerà Cesare?

Sarà Gianfranco Fini, o Umberto Bossi, oppure la magistratura?
Potrebbero anche scegliere di giocare divisi, per colpire uniti.

Della ostilità di Fini nei suoi confronti sappiamo tutto, della
magistratura che non trova di meglio che tenerlo sottotorchio pure. Di
Bossi si può dire, invece, che quando la nave starà per affondare, lui
darà il colpo di grazia finale. Un dejà vu.

Se ci sarà, metaforicamente, l'assassinio dell'inquilino di Palazzo
Chigi, bisognerà trovarlo sopratutto nella maggioranza. Beninteso, la
magistratura gioca la sua parte, ritornata attiva ultimamente, per via
delle inchieste sulla cricca e su quella eoliche - P3.

In quelle sulla cricca Berlusconi non c'entra, ma, in particolare, su
quella della P3 potrebbe esserci, attraverso intercettazioni. A dire
il vero, molti degli ultimi guai, che gli sono capitati tra capo e
collo, non sono stati causati dal partito del Pm e men che meno dagli
avversari, ma lui stesso è riuscito a procuraseli.

Ma ci sarà Bruto? Cesare quello di Arcore, al contrario di quello del
De bellico Gallico, riuscirà a salvarsi? Dipenderà molto da lui che
sta giocando, per la prima volta, la partita della vita.

Tra i tanti nomi appioppati a Berlusconi, adesso, è spuntato quello di
Cesare. Impersona una sorta di Leonard Zelig (Woddy Allen) che si
trasformava nel contesto in cui si trovava.

Il Pdl se imploderà, e quando imploderà, la causa bisognerà trovarla
all'interno della maggioranza di governo. Laddove volano i coltelli e
sono tutti contro tutti.

Così come accadeva nei governi a guida Dc, che avevano la durata media
di sei mesi. I capi corrente dello scudo crociato decidevano le sorti
degli esecutivi e anche quelle dei nuovi nonché la scelta di chi
andava a presiederli.

Rispetto al passato, il sistema elettorale è cambiato, dando la
possibilità alla coalizione uscita vittoriosa dalle elezioni di
governare in modo indisturbato, salvo complicazioni in corso d'opera.
In base alle vicende politiche, si può dire che la ingovernabilità e
la destabilizzazione non sono stati soltanto i frutti velenosi della
Prima repubblica, ma anche della Seconda. Basterebbe vedere le fini
ingloriose dei governi Prodi e le manovre destabilizzanti a cui sono
stati sottoposti i governi Berlusconi, per convincersi che non ci sono
sistemi governativi immuni dalle implosioni.

Berlusconi nella sua prima esperienza di presidente del consiglio
cedette il testimone al suo Ministro del Tesoro, Lamberto Dini, il
quale gli voltò subito dopo le spalle , per cui Forza Italia e
Alleanza nazionale passarono all'opposizione. Nella seconda, ebbe la
fortuna di arrivare sano e salvo fino alla fine della legislatura, ma
sudò la fatidiche sette camicie per bloccare la politica movimentista
del sub governo Casini e Fini che gli dava continuamente filo da
torcere. Al governo Berlusconi 3, Fini lo sta, alla lettera,
martoriando e non sappiamo che fine farà.

Mentre nella Prima repubblica, salvo l'ultimo governo, alla cui
presidenza c'era Giuliano Amato, la magistratura dormiva supina ai
piedi del potere governativo, nella Seconda, invece, si è prefisso
l'obiettivo di fargli le pulci, per cui i governi vivono nell'incubo
di essere travolti dalle inchieste giudiziarie. E' vero che c'è in
molti casi il fumus persecutionis, ma è vero anche che ci sono
politici legati all'affarismo.

Del resto, nel governo attuale c'è stata la decapitazione, per via
giudiziaria, di due ministri e di un sottosegretario: Claudio Scajola,
Aldo Brancher e Nicola Cosentino.

Da quello che sta venendo fuori dalla inchiesta sull'eolico P3, che
parte della Sardegna per arrivare a Roma, passando per Firenze, ci
potrebbero essere altri colpi di scena.

Non sappiamo se Cesare sia Berlusconi, ma se lo fosse, è
inconcepibile che abbia avuto rapporti con dei "vecchi sfigati", come
lui stesso li ha definiti.

Nel caso che il Capo del governo si fosse servito, - come dimostra,
peraltro, il caso Caldoro lo volevano usare - di questa banda molto
simile a quella del film di Monicelli: "I soliti ignoti", veramente,
bisogna dargli ragione quando ribadisce che il Capo del governo conta
un fico secco.

Berlusconi si trova tra mille fuochi e lui stesso è colpito dal fuoco
di Sant'Antonio, per cui non avrà pace in quest'estate calda, dovendo
farsi carico di sistemare le questioni interne di partito e quelle di
governo.

Intanto, l'idea del coordinatore unico è saltata, perché i tre che
gestiscono il Pdl sono stati eletti dal congresso, per cui diventa
difficile cacciali di punto in bianco. Anche perché, dalle parti di
Via Umiltà accettano meglio il partito - todos caballeros, che un uomo
solo al comando, comandato personalmente dal Berlusconi.

Ma potrebbe anche succedere che il Cav affondi il Pdl, nato sul
predellino di una macchina, e far nascere una nuova creatura partitica
i cui tempi, la cui forma e denominazione ancora sono in mente dei.

Ce la farà a fare tutto questo? Sarà una scommessa.

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