sabato 2 ottobre 2010

*BERLUSCONI VA DA NAPOLITANO - “DOPO LA FINTA FIDUCIA O LA POLITICA O LE ELEZIONI”*


Sul day after il voto di fiducia, ci sono luci e ombre e Silvio Berlusconi ne deve tener conto, per non farsi accecare dal successo o per non farsi inghiottire dal buco nero della crisi, che lo porterebbe alla fine del suo ciclo politico.

Per un verso, la fiducia ha avuto una maggioranza più ampia di quelle del 2008, quando varò il suo governo, ma non deve dormire fra quattro guanciali, per l’altro, la fiducia ha mostrato la presenza della “terza gamba”, quella finiana, dentro la maggioranza, che, nel lungo andare, se il Cavaliere non troverà una sintesi politica, potrebbe incancrenirsi e portare alla scomparsa di quel movimento politico inedito chiamato berlusconismo. Che non sarà senza conseguenze, perché trascinerà nel gorgo Lega e Fli.

Al dunque, da oggi in poi, Berlusconi deve confrontarsi con Fini e Bossi, ma anche loro devono fare altrettanto, perché resta il capo del partito principale della coalizione di governo.

Dalla vicenda del voto di fiducia, chi è uscito ridimensionato non è stato Fini, il quale aveva già scelto di andare per la sua strada, quando Bossi che ha puntato fino all’ultimo alle elezioni anticipate. Con lui pure Tremonti, perché dovrà mettere nel cassetto il suo sogno di succedere a Berlusconi, nel caso di elezioni anticipate in cui il Pdl avrebbe preso la maggioranza alla Camera e non al Senato. Nella fattispecie, Berlusconi avrebbe dovuto passare, condizionato da Bossi, il testimone a Tremonti.

Insomma, significa che Berlusconi deve imparare a vedere il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, mentre prima vedeva solo quello pieno,spinto dal suo successo personale.

Se Silvio Berlusconi avesse fatto politica, nei mesi passati, al medesimo modo pacato e ragionato con cui ha svolto il suo discorso alla Camera, avrebbe evitato, quantomeno, la scissione di Fli. In effetti, avrebbe dovuto seguire i consigli di Letta( Gianni), mettendo da parte la politica emotiva e istintuale, che fa rima con muscolare Tant’è. Il Presidente del consiglio, in Parlamento, è stato più lettiano che berlusconiano.

E, comunque, non sarebbe nelle condizioni in cui è, con la maggioranza frazionata in tre posizioni. Condizioni in cui avrà le mani legate: da un lato gliele legherà Umberto Bossi, dall’altro, Gianfranco Fini, se non rilancerà l’iniziativa politica e quella di governo.

Il leghista e il futurista giocano partite per proprio conto, svincolate da Berlusconi, benché abbiano votato a favore del governo di cui fanno parte organicamente.

I 342 voti a favore del governo, che potrebbero far cantar vittoria, in verità, tra questi c’è il frutto amaro di una politica fatta sull’onda dell’autosufficienza e dell’autoreferenzialità. Per questo, Berlusconi, per non stare sotto scacco, dovrà decidere, qui e ora, che pesci pigliare. Nel senso che dovrà decedersi sul da farsi, per non restare prigioniero dei giochi dei suoi alleati.

Comunque sia, la sua una vittoria potrebbe essere letta come la vittoria di Pirro, per questo dovrà modificare la sua linea politica, abbastanza inguaiata, per non trovarsi in un vicolo cieco. Aver accettato, sotto la spada di Damocle della Lega, la sfida della soglia dei 316 voti disponibili, per governare senza il fiato sul collo di Fli, è stato, in un certo senso, un boomerang. Di fronte all’impossibilità di raggiungerla, ha dovuto, suo malgrado, accettare il soccorso rosso del Presidente della camera e del governatore siciliano, che erano voti scontati. Sebbene alleati di Berlusconi a Roma, avversari a Palermo, avendo mandato all’opposizione quel che resta del Pdl, visto che il sottosegretario, Gianfranco Micciché, ha costituito l’ennesimo partito sudista, non svincolato, però, dalla casa madre. A ben pensarci, Micciché ha fornito munizioni e armi al Lombardo, il quale ne ha fatto ampio uso, impiegandole contro il suo ex partner Micciché e il Pdl.

A ben vedere, Berlusconi si è fatto dettare la linea dai mass media legati a lui, anziché posizionarsi sulla frequenza politica dei malumori all’interno del Pdl. Avrebbe evitato, almeno, la formazione del gruppo di Futuro e libertà che, martedì prossimo, costituirà un nuovo soggetto politico.

Per la situazione che si è venuta a creare in seno alla coalizione di maggioranza, Berlusconi ha tralasciato, checché ne possa dire, la qualità del suo governo. Piaccia o no, dovrà partire proprio da questo terreno per recuperare il consenso perduto. Nel contempo, dovrà aprire un confronto interno con gli alleati ed esterno con l’opposizione: Udc e Pd, per varare un piano di riforme possibili.

Allontanato lo spettro delle elezioni anticipate, avrà modo di risalire la china, se cambierà registro, ritrovando la via maestra della politica.

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