martedì 14 settembre 2010

*CRITICA SOCIALE VERSO I 120 ANNI*

Una riflessione su crisi politica e Riforma dello Stato con Fabrizio
Cicchitto e Rino Formica

L'INGORGO COSTITUZIONALE NELLA SECONDA REPUBBLICA

di Ugo Finetti

In Italia la fuoriuscita dal "secolo breve" e dalla "guerra fredda" ha
significato all'inizio la fuoriuscita dal sistema dei "partiti di
massa", dal proporzionale, dalle preferenze. Da venti anni, insieme a
nuove leggi elettorali, ha quindi preso forma un sistema maggioritario
con una moltiplicazione di partiti, sistematiche destabilizzazioni che
contraddicono il mandato elettorale, continue improvvisazioni di
costituenti di nuovi partiti-guida prefiguranti il bipartitismo tra
"popolo delle primarie" e "patrioti del predellino".

Nel nuovo numero di "Critica Sociale" viene iniziato un nuovo
approfondimento sul tema di tale ingorgo politico-costituzionale
evitando però la critica "nostalgica". Gli interventi di Fabrizio
Cicchitto e Rino Formica infatti mettono a fuoco - molto liberamente e
nel comune richiamo alle idee guida del riformismo socialista -
ragioni e prospettive del caso italiano di questo ingorgo che blocca
la strada di una democrazia dell'alternanza in un quadro di comuni
valori di democrazia occidentale. Ciò è indubbiamente conseguenza del
fatto che la "questione giustizia" - ovvero il disarcionamento di chi
ha vinto le elezioni per via extraparlamentare - è diventata la
"strada maestra" dell'opposizione politica in una mancata "resa dei
conti" con il passato totalitario.

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Il Pdl, soggetto vincente alle elezioni ma non ancora partito stabilizzato

"E' MANCATA LA RIFLESSIONE SULLA FORMA-PARTITO"

di Fabrizio Cicchitto

Fabrizio Cicchitto, Presidente del gruppo alla Camera del Pdl,
riflette con la Critica sulla crisi che ha scosso la vita politica in
agosto e che giungerà a una sua ricomposizione - come sembra ormai
certo - con il voto in Parlamento sul documento programmatico di 5
punti messo a punto dal Governo. Tra qualche settimana la maggioranza
verificherà la sua tenuta e Cicchitto auspica una ricomposizione del
conflitto con i finiani per giungere alla fine naturale della
legislatura col Governo Berlusconi.

Li invita a prendere atto delle differenti valutazioni "ormai emerse
all'interno del partito", e "a farle valere, ma ad andare avanti" in
Parlamento.Dissente dalla Lega sulla collaborazione su importanti temi
con l'Udc, collaborazione che a suo avviso va coltivata.
Ad ogni modo, in caso di crisi politica la strada sarebbe quella delle
elezioni: non è un aut-aut, ma una considerazione di "ragionevolezza
politica".

Il confronto interno al partito, per comporre i contrasti emersi già
mesi fa non avrebbe evitato di esportare la conflittualità in
Parlamento mettendo a rischio lo stesso Governo? "La crisi consente di
fare anche alcune riflessioni di carattere più generale. Innanzitutto
essa dimostra - dice Cicchitto - quanto sia stato più facile
costruire un soggetto politico per le elezioni che potesse raccogliere
il consenso dei cittadini su alcune idee chiare, come è riuscito a
fare Berlusconi con il PdL in successive serie di vittorie
elettorali, piuttosto che, paradossalmente, tradurre questo soggetto
politico elettorale in un partito politico caratterizzato da una sua
metodologia e da una sua stabilità".

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Il divario tra maggioranze di voto e maggioranze rappresentative

MAGGIORITARIO "PIGLIATUTTO"AL SUO ULTIMO MIGLIO

di Rino Formica

Il Presidente della Repubblica ha capito bene qual è il nodo della
crisi italiana: la legge elettorale. Non perché ha trasformato
maggioranze relative in maggioranze assolute, ma perché ha
identificato una "Costituzione materiale" antagonista e negatrice
della Costituzione formale.

Le leggi elettorali maggioritarie che imperversano nel nostro Paese
dal 1993 ad oggi hanno inciso nei meccanismi di garanzia democratica e
potrebbero sfregiare la Carta Costituzionale in maniera irreparabile.
Da diciassette anni non occorre più la maggioranza assoluta e
qualificata della rappresentanza del voto popolare per eleggere il
Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Camere, i Giudici
Costituzionali, i componenti del Consiglio superiore della
Magistratura e per modificare i regolamenti della Camera.
A cascata sono prive del "quorum qualificato" le nomine di pertinenza
del Presidente della Repubblica e dei Presidenti delle Camere. Non
sono in corrispondenza con una maggioranza di voto popolare, anche le
loro nomine non rispondono più all'esigenza della rappresentanza
maggioritaria, e tali nomine riguardano i Giudici Costituzionali, i
Senatori a vita, le Authority e perfino le Commissioni parlamentari di
controllo (Rai, servizi di sicurezza e inchieste parlamentari).

Cioè allo stato attuale abbiamo maggioranze parlamentari che non sono
maggioranze di voto popolare. Il Presidente della Repubblica, con
civilissimo garbo e con preoccupata sensibilità democratica, ha posto
alle forze politiche il dilemma: "O cambiate la Costituzione, o vi
obbligherò a rispettarla".
E' finita la stagione delle modifiche costituzionali "di fatto".



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