mercoledì 1 aprile 2009

*Uno sguardo indietro, al futuro*

di Francesco Gennaro*
Giù le mani dallo statista più abile ed autorevole della storia Repubblicana.
Bettino Craxi non starebbe nel PPE. Neanche nel PD. E certamente non si collocherebbe in SeL. Durante il congresso fondativo del PDL riecheggia a più riprese il nome del leader socialista; e scattano gli applausi; roba da spellarsi le mani. L'alchimia del Cavaliere, di annoverare la figura dell'ex segretario PSI all'interno del pantheon del suo partito, prosegue. Palese strumentalizzazione e forzatura storica. Ma almeno ha la dignità di ricordarlo. La "controparte" continua a ripudiarlo od a congelarlo nella spirale del silenzio. La questione socialista è più che mai attuale e sono decisamente maturi i tempi per affrontarla con rigore, onestà e cognizione di causa. Il dato di partenza è che Craxi, certamente, non troverebbe rifugio in un sistema prevalentemente bipolarizzato e bileaderistico bastardo e muscolare, caratterizzato da due tifoserie contrapposte, che come i ladri di Pisa tramano, litigano, inciuciano e si autoconservano. Un centro-sinistra infarcito di demagogia e giustizialismo con un megacontenitore né carne e né pesce, guidato da un catto-comunista, a farne da perno. Dall'altra parte la squadra di Arcore. Il Governo con maggiore consenso negli ultimi lustri. Una compagine magmatica, il cui destino è legato, esclusivamente, alla parabola personale del proprio leader. Il PD al velleitario e continuo inseguimento(si fa per dire, sondaggi alla mano) del PDL, decisamente più in sintonia con i cittadini italiani, perchè più abile in quanto a comunicazione, ma produttore, sostanzialmente, di spot elettorali. Ha ragione Casini, quando asserisce che sembra che i due maggiori partiti non abbiano avuto sinora posizioni di potere o di governo e che siano un po' come Alice nel Paese delle meraviglie.
Un quadro nebuloso, dunque, che di qui a poco conoscerà, a seguito delle urne di giugno, un consistente mutamento. Non si sa, ancora, però se in senso bi-partitico o di scomposizione-ricomposizione totale, verso un approdo di tipo proporzionalistico.
Ma la storia liberalsocialista riformista in che modo si comporterebbe?
Il PS ha scelto una strada, che personalmente ho bocciato per impotabilità culturale, dissonanza identitaria e distanza di orizzonti. Sicuramente, il cartello SeL è stato dettato dalle necessità temporali di comporre ex abrupto una lista per le Europee, con la speranza di superare lo sbarramento del 4%.
Ma non mi si venga a dire che Bettino Craxi ed il liberalsocialismo starebbero lì dentro, assieme a posizioni massimaliste, alla poesia di Vendola, al leader della Bolognina ed ai Verdi fondamentalisti. Ora finanche con Cremaschi! Sarebbe una vituperio inaudito.
Qualcuno sostiene, in modo certamente bizzarro e mistificatorio, che SeL sia un'operazione coerente con "l'unità a sinistra" profetizzata da Craxi stesso. Le condizioni, però, sono assolutamente differenti. Bettino Craxi(col 16%) aspirava ad uno sdoganamento guidato, cosciente e culturale del PCI dall'area filo-sovietica, verso il Socialismo Europeo(e sotto il simbolo riformista per antonomasia, il garofano). In fondo, era la storia, in quel periodo a dare ragione alla bontà dell'operazione dello statista socialista, in continuità con una visione filo-atlantica(ma con la schiena dritta), che fosse attenta ad ritagliare un ruolo propulsivo all'area del Mediterraneo. Un partito riformista, liberale e socialista, a vocazione maggioritaria. Tutta un'altra storia, rispetto ad un cartello di piccole componenti, sebbene dalla grande storia, frammentate in tre diversi ed inconciliabili riferimenti europei, ed inoltre, senza ombra di dubbio, colonizzato e guidato mediaticamente dal governatore della regione Puglia, di matrice ingraiana. Intanto è intercorsa la stagione di Tangentopoli. Superiamolo, ma non dimentichiamolo.
I comunisti si sa, sono sempre arrivati in ritardo di qualche decennio, senza però ammettere liberamente e coscientemente, i propri errori.
Si pensi al decreto di San Valentino, all'affare Achille Lauro, alla gestione sul rapimento Moro, all'instaurazione degli euro-missili in Italia. Senza contare il pacchetto completo di politica economica e fiscale. Ma soprattutto allo statuto dei lavoratori; allora osteggiato dal PCI ed oggi difeso dal mondo vetero/filo/post(dintorni) comunista. Sono però trascorsi decenni; e se allora era un'innovazione giusta impavida e lungimirante, è compito dei riformisti smussare, ridisegnare ed aggiornare gli impianti e la struttura delle conquiste passate, adeguandole ai cambiamenti, riuscendo ad intercettare il turbinìo di una società in continuo movimento. Però il Ps persevera ed aderisce persino alla deriva piazzista e isolazionista del sindacato di Epifani.Una posizione di "conservazione a difesa dei lavoratori precari" e non riformisticamente tesa, con flessibilità e mobilità, alla "valorizzazione dei lavoratori e dei lavori precari" Un sindacato che non firma un solo contratto da oltre un anno, a scapito degli utentie che è per giunta reduce dalle batoste "Piaggio" e Ferrari". Come se non bastasse sono ufficiali e pubbliche le intenzioni di voto dei dirigenti della Cgil: il lider maximo della Fiom verso "Unita' Comunista", ed il segretario generale, invece, assieme alla maggioranza delle categorie sindacali, con la tessera del Pd in tasca.
Un contesto sommariamente fiacco e poco dinamico, verso cui però potrebbe giungere in soccorso l'ausilio occulto dell'unica mente superstite della sinistra italiana, Massimo D'Alema.
Ribadendo, comunque, il mio personale "cinque in condotta" in merito, sono convinto, che la mia generazione, pronipote di Nenni e nipote di Craxi debba avere la lungimiranza ed il coraggio di guardare al dopodomani, mediante una vera sfida riformista e liberalsocialista, per rendere ancora un alto servigio a questo Paese, con le migliori ricette possibili. I quindici anni drammatici post Prima Repubblica hanno prodotto continui fallimenti per quanto concerne il nostro mondo; effimere e sbandierate operazioni nostalgia (inquinate, un minuto dopo da elementi antitetici)prive di progetto e sostanzialmente caratterizzate dalla esclusiva salvaguardia dei gruppi dirigenti, a danno dell'elaborazione politica. La stagione boselliana ne ha rappresentato l'icona emblematica. Navigazione a vista, debolezza mediatica e carenza di contenuti. Alle nuove leve sia affidato il compito di ricostruire, con una tenace cultura del progetto ed un approccio libero ed antidogmatico, le nuove fondamenta di una storia gloriosa e vincente. Un ritorno al futuro. Il cuore della scommessa sarà un'attesa intelligente della scomposizione-ricomposizione del quadro politico. E'innegabile che larga parte dell'elettorato socialista si sia annidata in FI-PDL; ed è altrettanto palese che il partito del premier andrà incontro allo scioglimento, nel momento in cui il Cavaliere deciderà di abbandonare la scena; le doti ed il carisma dell'uomo più potente di Italia sono innegabili e rare, da essere l'unica personalità in grado di tenere assieme post/ex socialisti, liberali, repubblicani, radicali, democristiani e missini. Solo allora, nascerà la terza repubblica, con il ripristino delle identità e delle famiglie culturali e del sistema delle alleanze omogenee. Al tramonto del fenomeno Berlusconi, succederà un'alba più ampia del socialismo italiano, una più larga costituente liberalsocialista e riformista, che al contempo drenerà spazi ed adesioni, parimenti nell'attuale centrosinistra, in cui si verificherà un iter vero di revisionismo culturale e di cesura con un passato, ancora presente, nettamente perdente e dogmatico ed irrazionale. Aspettando Godot, occorre(rebbe) riannodare i fili, in primis, col vero sindacato riformista, la UIL; abbandonare esiziali derive laiciste, concentrando l'attenzione sul terreno dello sviluppo economico, sempre attento alla tutela dello stato sociale, ma con piglio innovativo e mobile; evitare demonizzazioni personali, nei riguardi di chi, da socialista, ha effettuato scelte differenti; preservare la propria riconscibilità politica, all'insegna dell'autonomia e del coraggio; rimboccarsi le maniche per continuare a dire e fare qualcosa di socialista. Perché la storia c'ha dato ragione. Con l'auspicio finale di riuscirci, non lasciando che il socialismo venga ricordato esclusivamente durante i congressi del PDL e nel simbolo elettorale di Ferrero e Diliberto.

Consiglio Nazionale PS*

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