giovedì 11 agosto 2011

Lettera ai compagni della Lega dei Socialisti, della Sinistra Socialista e del Network per il Socialismo Europeo

Roma - Giovedì 11 Agosto 2011 16:30

Cari compagni,

Il succedersi degli eventi, conferma purtroppo, al di là delle apparenze, come nuovamente, dopo il '92/'93, ancora una volta l'equilibrio politico esistente in Italia viene messo in discussione a livello internazionale "da destra" non riuscendo più a garantire la coesione del Paese sul terreno della adesione ai nuovi processi di integrazione finanziaria mondiale, caratterizzati da una ulteriore compressione di ciò che resta delle sovranità nazionali, necessari a garantire il superamento degli effetti della esplosione della bolla finanziaria attraverso la sterilizzazione pressochè totale dei bilanci pubblici delle economie dei paesi meno competitivi.


Ancora una volta purtroppo la sinistra ufficiale si illude, a questo punto non so più quanto in buona fede, di poter cavalcare questo attacco alimentando una promessa di maggiore affidabilità, sperando in tal modo di supplire alla propria incapacità di costruire un consenso maggioritario nel paese attorno ad una propria autonoma proposta alternativa di modello di sviluppo.
Purtroppo a differenza di come molti si impuntano a voler sostenere, senza guardare in faccia l'amara realtà, dal resto del movimento socialista europeo, a cominciare dai due partiti dei paesi guida, PSF ed SPD, non giunge alcun significativo segnale diretto a riunificare le forze socialiste di ognuno dei singoli paesi della CEE attorno ad un concreto programma di ristrutturazione democratica della costruzione europea, che porti ad invertire in modo deciso, in favore della sovranità democratica liberamente espressa dalle popolazioni d'europa, l'attuale rapporto di assoluta subalternità esistente tra le classi politiche e le tecno strutture finanziarie che a livello mondiale e continentale orientano in modo assolutamente vincolante le scelte dei governi, utilizzando palesemente l'intervento "correttivo" dei mercati, governati da fonti di concentramento di entità finanziarie enormi, superiori alla stessa capacità di spesa degli stati nazionali più sviluppati, in grado di essere movimentate con tempestività impressionante, che agiscono letteralmente a comando sulla base di imput diretti palesemente a forzare le scelte economiche dei paesi in direzione di un piano di sviluppo, spesso preventivamente anticipato e progettato.
Rispetto al '92 esiste però una differenza sostanziale che potrebbe costituire la base di partenza per la ricostruzione di un grande blocco democratico riformatore in tutte le società economicamente più sviluppate, teatro principale degli effetti della crisi finanziaria globale.
Mentre nel '92 i processi di integrazione forzata erano diretti a costituire lo scenario istituzionale di un modello apparentemente di crescita, oggi tutte le opinioni pubbliche hanno chiaro, di fronte a sè, come le attuali forzature compiute dalle istituzioni finanziarie protagoniste dei mercati nei confronti dei sistemi economici ed aziendali dei paesi in difficoltà di bilancio sono esplicitamente finalizzate a fare ingoiare alle forze sociali dei paesi tradizionalmente più sviluppati, il prezzo di un riequilibrio difficilissimo tra la situazione deficitaria del bilancio degli stati, le stringenti esigenze di produttività dei rispettivi sistemi economici rispetto alla concorrenza mondiale, gli eccessi di liquidità privata esistenti nei mercati finanziari rispetto alla ridottissima possibilità di nuova emissione monetaria da parte delle banche centrali, e l'indebitamento massiccio che grava su tutto il sistema bancario-assicurativo e finanziario mondiale.
Questa consapevolezza diffusa dei limiti di un sistema economico integrato a livello sovranazionale, in cui l'elemento finanziario agisce ormai in contrasto con gli interessi, reali e concreti, delle comunità dei produttori, dei lavoratori e degli stessi imprenditori, può costituire la base sociale di un nuovo grande patto democratico, nei popoli e tra i popoli, verso un nuovo modello di rapporti economici e sociali, in cui l'economia reale, la qualità concreta dei rapporti interpersonali, sociali, e produttivi, i parametri di valutazione della ricchezza sociale effettivamente goduta dai cittadini, la riqualificazione dei consumi all'interno di un più generale processo di maturazione culturale delle società sviluppate, possono tornare ad essere le pietre angolari di un progetto di rinascita democratica della società.
La Lega dei Socialisti deve lavorare lungo questa direttrice di azione, cercando di costruire una rete di alleanze politiche con tutte le forze ed i movimenti interessati a riprendere le fila di un ragionamento critico sulle scelte di politica economica e sociale, solo apparentemente neutre, che le classi dirigenti delle società dell'occidente democratico, più o meno convintamente, si predispongono a proporre, in apparente assenza di alternative.
Questo nostro approccio critico alla realtà che ci circonda deriva dalla profonda convinzione di fondo che l'economia sia in realtà una scelta sociale assolutamente complessa, e non una scenza esatta che non lascia margini alla creatività individuale, pur nella logica considerazione di una equilibrata e realistica valutazione dei dati della realtà sociale e produttiva.


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