di Riccardo Nencini
11/01/2013 - Carissime compagne, cari compagni,
quando una storia è al punto di svolta conviene fermarsi a
riflettere. Mai decisioni affrettate. Coinvolgere chi è stato con te per
poi assumersi tutte le responsabilità pensando al futuro della
comunità. Questo si deve fare. Per questo motivo c’è stato ritardo nelle
comunicazioni. E me ne scuso.
‘Chi è stato con te’ ha vestito diversi cappotti: quelli che hanno
costruito la memoria di un secolo, noti ed ignoti, dai 'morti di Bava' -
così li chiamavano gli avi – al Nenni che legge l'Avanti nel poster
gigante incorniciato sopra la mia scrivania, alla foto di Bettino con un
pugno di garofani in mano in non so quale congresso fino a chi, ieri
mattina, ti ha salutato per strada dicendo: 'Ci sono' oppure ti ha
criticato ma c’è e c’è stato. E’ a loro che dobbiamo una risposta. Compreso chi ti offende, chi si
dichiara socialista ma vota stabilmente a destra, chi impartisce lezioni
faticando in rete ma avendo smarrito anche l’indirizzo della sezione. E
infine a quanti hanno dimenticato che il 1992 non è stata un’annata da
conservare e che il 2008 è un fantasma che ancora ci insegue.
Vent'anni buttati.
Abbiamo vissuto anni difficili. E' tramontata la repubblica dei
partiti e si è affermata la repubblica del populismo e degli uomini soli
al comando. Un'Italia trafitta da crisi profonde, ai margini
dell'Europa che decide, fragile e senza la certezza di una missione
condivisa è la nazione che ci è stata consegnata.
Un nuovo inizio è possibile purchè prevalga il bene comune e il
quadrilatero chiamato a presidiare la Terza Repubblica venga costruito
attorno a inclusione, libertà, etica della responsabilità, coraggio.
Sono questi i temi cari alla cultura e alle azioni che hanno
consentito al socialismo italiano di rendere il nostro Paese più civile e
più libero. Roba vecchia, leggo dietro ad alcune affermazioni del
professor Monti. Sarà! ma nel mondo, ovunque nell'universo mondo, il
confine tra destra e sinistra passa proprio lungo quella linea.
Celebrando i centoventi anni dalla nostra nascita, anche agli
avversari è apparso evidente il contributo scritto dai socialisti nella
trasformazione dello stato e nel progresso italiano. Nessuna rilevante
riforma del XX secolo è diventata legge senza di noi. Le tutele nel
lavoro, l'allargamento dell'istruzione, le fondamenta del welfare e la
valorizzazione dei diritti individuali sono alla testa di un processo di
rinnovamento che senza l'attività politica e la caparbietà parlamentare
del PSI non si sarebbe affermato.
Vale per noi quanto Voltaire scrisse per sé: 'Ho fatto un po' di bene. E' la mia opera migliore'.
La fine del ciclo berlusconiano e la dura lezione imposta dalla
globalizzazione hanno creato le condizioni per voltare pagina anche in
Italia. Era l'ora!
Ogni fine coincide con un inizio. A condizione che un orgoglio smisurato non ti faccia compiere errori irreparabili.
Siamo stati assenti per un'intera legislatura dalle due Camere. E' lì
che dobbiamo tornare. In omaggio alla buona storia d'Italia che abbiamo
fatto e soprattutto per dare corpo a proposte che potrebbero renderla
migliore.
Cinque anni fa, il PSI rischiava di morire.
Senza un manipolo di parlamentari, senza finanziamento pubblico,
senza linea politica dopo la sconfitta della 'Costituente Socialista',
senza un organo di stampa, senza alleanze.
Abbiamo trovato il deserto. Abbandonati pressochè dall'intero gruppo
dirigente, il tesseramento non ancora avviato, un bilancio economico che
ci dava ossigeno soltanto per quattro mesi.
Una vita intera impressa sull'etichetta di uno yogurt. A scadenza.
Restare in piedi non è stato facile, eppure siamo vivi. Tesseramento in regola (Nenni ricordava spesso che 'chi non è iscritto non è socialista')
e bilancio trasparente, il primo ad essere stato certificato da una
società esterna; Mondoperaio e l'Avanti della Domenica pubblicano,
l'Avanti on line sta crescendo con il suo salvadanaio di lettori; la
linea politica che ci siamo dati nei Congressi di Montecatini, di
Perugia e di Fiuggi è risultata vincente per l'intera sinistra
riformista: fuori dalla coalizione Di Pietro e la sinistra radicale,
apertura ai moderati; un accordo a tre siglato con la 'Carta d'Intenti'
attorno a cui nascerà il governo dell'Italia.
Ragione e passione nei momenti decisivi.
So bene che la strada maestra si identificava con la presentazione di
una lista socialista. Era già stata imboccata con decisione.
L’arrivo di Monti e la tendenza della variegata area cattolica di
centro a mantenere le mani libere hanno modificato d'un tratto il quadro
politico.
Ho sempre pensato che per i partiti piccoli il rischio possa
nascondersi nell'ultimo miglio. Temibile. Per una ragione: se cambiano
le regole del gioco oppure se a cambiare è il gioco, non hanno la forza
necessaria ad opporvisi. E' già successo. Poche settimane prima delle
elezioni europee 2009 la legge elettorale è stata modificata. In un
colpo i partiti medio-piccoli sono stati privati della possibilità di
eleggere e, assenti dalle due Camere com'erano, non hanno potuto
organizzare nessuna difesa.
Noi non abbiamo santi né in paradiso né altrove.
Siamo noi e basta. Con i calli di un secolo.
La nostra valutazione l’hanno fatta anche altri. Rifondazione,
Comunisti Italiani, Verdi, Italia dei Valori, Api, Mpa non si
presenteranno con le loro insegne ma saranno ospiti di partiti nuovi o,
peggio, ospitati da singoli protagonisti alla ribalta.
Non me lo auguro ma potremmo essere gli unici tra tutti questi ad eleggere.
Abbiamo iniziato a percorrere il nostro ultimo miglio una ventina di
giorni fa quando, formatasi la lista 'Centro Democratico' (Tabacci, API,
Mpa, ex Idv, alcune liste civiche) apparentata al PD, ci siamo posti la
domanda: lista socialista o alleanza elettorale col PD. Centro Democratico, nei sondaggi, ha una forza simile alla nostra. La
legge elettorale prevede che solo una delle due possa avere accesso al
parlamento.
Hic Rodhus, hic salta.
Tutti gli organi di partito chiamati a decidere, compagni che sono
stati ministro, direttore dell’Avanti, dirigenti del vecchio partito con
cui mi sono confrontato, a larghissima maggioranza hanno valutato il
rischio troppo alto e si sono espressi per un accordo elettorale. Perchè
fallire la prova avrebbe significato chiudere il libro iniziato a
Genova in un mese d'agosto di fine ottocento.
E' il libro che io non intendo chiudere.
Troppe pagine ancora da leggere, troppe pagine ancora da scrivere.
Il futuro è in una missione.
Capisco chi ha cuore e non si piega all’Italia che cambia. Ma non
possiamo comportarci come i reduci di Salò, naufraghi in un mare di cui
avevano smarrito la bussola. La maggioranza dei nostri militanti ha vissuto gli anni che, ragazzo,
ho vissuto anch’io. Autonomismo socialista, riformismo di Craxi capo
del governo e di Pertini capo dello stato, meriti e bisogni, una
sinistra moderna, europea. Ci siamo innamorati di una storia bella.
Bella perché eravamo dalla parte giusta. Non tolleriamo che l’aver avuto
ragione sia oggi testimoniato da un piccolo partito. Giudichiamo
inaccettabile questa verità, un torto della storia che abbiamo sempre
servito dalla parte giusta. La presentazione di una lista comune è il timbro su una alleanza. Punto e basta. Alleati col PD ma con la nostra libertà politica.
Con una frontiera comune in Europa, quella del socialismo e della socialdemocrazia.
Con un leader socialista condiviso da eleggere, nel 2014, ai vertici dell'Unione.
Ci sarà una nutrita delegazione socialista alle Camere. Altre energie le utilizzeremo al governo e al partito fino dalla prossima primavera.
Autonomia organizzativa nell’attività parlamentare e indipendenza nelle iniziative politiche. Un ‘patto di consultazione’ a significare la piena libertà dei due partiti.
La richiesta di battezzare il gruppo ‘Democratici e Socialisti’ come al Parlamento Europeo. In alcuni collegi senatoriali, liste socialiste per aiutare la sinistra a battere la destra. Liste socialiste anche nelle regioni al voto (Lazio, Lombardia, Molise).
L’intesa elettorale con il PD nasce dalla spinta del PSE ed è
favorita dal cammino intrapreso da Bersani. Dal partito a vocazione
maggioritaria con il pantheon ambiguo di Veltroni a un rapporto stretto
con la casa socialista europea nel rispetto reciproco.
La presenza in Parlamento è l’ultimo mattone nella ricostruzione del partito.
Qualcuno ha scritto che abbiamo fatto un accordo per le seggiole.
Già, ma senza ‘seggiole’ le idee non diventano leggi. E abbiamo preteso
quanto ci spettava, nulla di meno. Il giudizio si dà alla fine. Sul
lavoro che verrà fatto. Sui risultati.
Nel 2008 dissi ‘no’ alla proposta di fare il capolista in Toscana. La
proposta veniva dal PD. Ho fatto il candidato nella nostra lista.
Sconfitto. Bene così.
In ogni altra elezione ho sostenuto candidati socialisti imposti dalla Segreteria Nazionale.
Il parlamento l’ho conosciuto solo con i miei voti di preferenza, in Italia e in Europa.
So bene quanto contino i numeri ma il valore più grande consiste
nell’opportunità che la nostra delegazione avrà di far conoscere ai
cittadini idee per anni avvolte dal silenzio. Dunque, un patto con i
socialisti e un patto con gli italiani. Pronto a spiegare a chi sostiene
la tesi dell’ammainabandiera. Come e quando vorrà. Mai temuto il
confronto con chi si impegna, con chi è mosso da una passione. Mi
spaventano invece il velleitarismo e i chiacchieroni di mestiere, quelli
dell’ “armiamoci e partite”, quelli che cinque anni fa inneggiavano
alla lista socialista e poi non la votarono ( in alcuni comuni, più alto
il numero degli iscritti rispetto ai votanti!).
Rappresenteremo la cultura laica, altrimenti assente, e legheremo il
nostro nome a leggi che valorizzino i diritti della persona. Ci
impegneremo a riformare il finanziamento ai partiti vincolandolo al
rispetto dell’art. 49 della Carta: chi è in regola si, chi non è in
regola no. Presenteremo come primo atto una proposta di legge che istituisca una
‘patrimoniale’ sulle grandi ricchezze tale da abbattere la pressione
fiscale sui redditi medio bassi e da abrogare l’Imu sulla prima casa.
Queste le priorità. Le altre ci sono state indicate dalle nostre ‘Primarie delle idee’ di sabato scorso.
Dopo le elezioni si terrà il congresso. All’insegna di un profondo rinnovamento locale e nazionale. Solo una condizione. La ricordo a ciascuno di noi citando una frase
scritta da Anna Kuliscioff nel 1926, un commento alla crisi socialista
dei quattro anni precedenti: ‘ Vi voglio confidare un segreto. Sapete
perché le folle non ci hanno più seguito? Non date retta a tante
spiegazioni storiche o economiche. C’è una sola ragione. Abbiamo
sofferto troppo poco. Un partito non può vivere di usufrutto su qualche
anno di prigionia accantonato prima del 1900’.
Analisi fredda, spietata e in larga parte giusta. Valida anche per noi.
Riposare sul passato fa inaugurare i musei. E basta.
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