Diciamo un Sì al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016
di Dario Conti
Il 4 dicembre p.v. i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per esprimere un Sì oppure un No al referendum confermativo sulla riforma costituzionale, non avendo ottenuto,in parlamento, la maggioranza dei due terzi come prevede l’art.138, secondo comma ultimo paragrafo della Costituzione. La riforma non tocca i principi fondamentali, né la prima parte dell’attuale carta costituzionale. Non attribuisce nuovi poteri al presidente della repubblica; modifica semplicemente il sistema di elezione. Non sono neppure previsti nuovi e maggiori poteri al presidente del consiglio, che rimangono tali e quali agli attuali. Viene pertanto meno ciò che vogliono far credere i fautori del No, ovvero un presidente con più poteri e autoritario. Cancella finalmente il bicameralismo perfetto. Quel ping-pong di disegni di legge tra Camera e Senato, che allunga assai i tempi di approvazione. La fiducia al governo sarà data soltanto dalla sola Camera dei deputati, senza più l’ inutile ripetizione al Senato. E’ prevista la diminuzione del numero dei parlamentari, con un nuovo Senato (degli enti locali), che passerà da 350 a 100, composto di 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 di nomina presidenziale; quest’ultimi in carica solo 7 anni. Tutti senza indennità di funzione e con un nuovo e diverso sistema elettivo.
E’ previsto un nuovo sistema per l’elezione dei 5 giudici della Corte Costituzionale; saranno eletti separatamente, due dal Senato e tre dalla Camera. Si modifica il Titolo V della Costituzione togliendo alle Regioni alcune materie riportandole alla competenza statale per meglio coordinarle e uniformarle a livello nazionale. Più firme, necessiteranno, per presentare proposte di legge d’iniziativa popolare. In compenso ci sarà una data certa per la pronuncia della Camera, senza più il rischio d’’insabbiamento, come purtroppo è accaduto per alcune di esse (come quella contro la chiusura dei piccoli tribunali, sessanta mila firme e firmata da moltissimi camerinesi). Sarà abolito il CNEL (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro), che nulla ha prodotto in tutti i suoi anni di vita, se non quello di pagare assai profumatamente i componenti del CdA con i relativi funzionari. Anche le Province saranno cancellate, sostituite, ora, dalle Aree vaste. E’ pure previsto il giudizio preventivo di legittimità da parte della Consulta sulle leggi elettorali prima che siano promulgate.
Viene modificato in parte il quorum del referendum abrogativo; il voto è valido se partecipa il 50% degli aventi diritto (come è oggi),ma se il referendum sarà richiesto da almeno 800mila elettori, il quorum scende al 50% dei votanti alle ultime elezioni politiche.
Nascono due nuovi tipi di referendum: quello propositivo e quello d’indirizzo.
Nell'articolo 55 entra un nuovo comma relativo all’equilibrio di genere( quote rosa): "Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l'equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza". Simili norme varranno anche per le elezioni dei Consigli Regionali.
Questi, in breve sintesi, i principali punti della riforma.
Non si capisce la posizione assunta dall’Anpi, schieratosi per il No. Non si vede cosa centrano con la Carta Costituzionale i principi e i valori della Resistenza. Non tutti gli iscritti la pensano come i responsabili nazionali dell’Anpi.
I sostenitori del No non entrano nel merito della riforma, la contestano solo per una semplice posizione politica allo scopo di mandare a casa Renzi, senza porsi il problema del dopo, solo perché è insopportabile o meglio indigesto alla destra,alla sinistra radicale e conservatrice, alla sinistra del Pd anche essa conservatrice e a tutti quei populismi o populisti che vogliono che nulla si modifichi.
Certo la riforma costituzionale poteva essere fatta meglio, ma la necessità ovvero l’inciucio della mediazione tra le compagini politiche di maggioranza, data la composizione del parlamento, ha portato a tale risultato. Comunque è un piccolo passo in avanti per l’Italia che vuole cambiare. Con i diversi sistemi elettorali, avuti nel corso degli anni dal dopo guerra ad oggi, non si è mai riusciti a riformare nulla. Sempre sottoposti alla logica del mediare, fra alleati di governo, prima che una legge passasse. Da più di sessant’anni parliamo sempre delle stesse materie senza riformarle. Solo nel primo centro sinistra degli anni sessanta si è vissuto il periodo delle riforme. Dalla scuola, alla sanità, dallo stato sociale, alla nazionalizzazione dell’energia elettrica, all’istituzione delle regioni, che, purtroppo, con il passare del tempo hanno dimostrato tutto il loro limite, burocratizzandosi sempre di più e allontanandosi dalle necessità dei cittadini.
Si poteva prevedere anche una diminuzione dei parlamentari diminuendone il numero tra Camera e Senato senza modificare il tipo di elezione dei senatori. Dopo oltre settant’anni si poteva prevedere la cancellazione delle Regioni e delle province a statuto speciale, che subito dopo la guerra avevano una ragione, essendo regioni di confine e insulari; ora non hanno più senso. Creano solo disparità con le altre regioni. Se nulla cambierà, rimarremo con l’“istituto” della mediazione, con tutto il nulla che fino adesso ha prodotto.
Infine non si comprende l’accostamento, il famoso combinato disposto, che quelli del No fanno con l’ “Italicum”. Un conto è la legge elettorale, un conto è la riforma costituzionale. L’“Italicum” potrà pure essere modificato (mancanza delle preferenze, il doppio turno e il premio di maggioranza alla lista). In agguato, però, ci sarà sempre il rischio della mediazione. Il 4 dicembre non è in gioco il futuro di Renzi, bensì quello dell’Italia.
Un No è senza prospettive, farà rimanere il nostro Paese così come è. Un’Italia ingovernabile e senza speranza. Riusciremo finalmente ad entrare nella quarta repubblica, visto la fine che ha fatto la prima,la seconda è abortita e la terza non è mai nata?
Camerino lì 13 ottobre 2016
Dario Conti
Consiglio nazionale Psi e presidente federazione socialista Macerata
Ho letto il convinto appello del compagno Dario Conti per il Sì: purtroppo non ne condivido lo spirito, dalla prima all'ultima riga!
RispondiEliminaPosso capire che, per lui come per molti altri socialisti, questa riforma possa essere una lontana parente della “Grande Riforma” che Craxi e Amato tentarono di impostare negli anni '80. Ma si tratta di un paragone molto ingeneroso, perchè Craxi e Amato avevano in mente un chiaro progetto: adeguare le Istituzioni alle mutate condizioni del Paese, della sua società, della sua economia.
Il passaggio a una forma di governo più incentrata sul Presidente del Consiglio o sul Presidente della Repubblica adeguando l'equilibrio dei poteri, per ridare autorevolezza a tutto il sistema politico.
La riforma di Renzi non tocca i poteri del Presidente della Repubblica o del Presidente dei Consiglio: in questo è pienamente figlia della Seconda Repubblica e della sua ipocrisia. Inaccettabile creare un Premier-Cancelliere, che cade solo se ha contro una nuova maggioranza, come in Germania. Sia mai, un Presidente della Repubblica che ha il potere esecutivo, come negli USA o in Francia: noi facciamo finta di essere ancora un sistema parlamentare.
Però l'80% delle leggi le fa il Governo. Tramite decreti legge, decreti d'emergenza, regolamenti, delegificazioni, deleghe … mille strumenti con cui il Governo svuota la democrazia, il Parlamento, la discussione democratica.
Ma i governi cadono lo stesso ! Vero, e qui entra in gioco Renzi: aboliamo il Senato ! Servono leggi più veloci, governi più stabili ! Purtroppo però, la riforma del Senato non c'entra niente ne con le leggi veloci ne con la stabilità dei governi: il nostro Paese ha un eccesso di leggi, e mai nella storia della Repubblica è stato un contrasto tra le Camere a far cadere un governo.
I governi cadono e le leggi si impantanano perchè i partiti politici lo vogliono: partiti politici privati di democrazia interna e di responsabilità, che oramai sono ridotti a uffici di collocamento. Nessuno escluso, dai piccoli partiti come il nostro in cui si deve ricorrere al codice civile per avere un tesseramento trasparente, ai 5 Stelle e ai loro Direttori autoritari.
Partiti non autorevoli generano sistemi politici che non funzionano. La riforma di Renzi non crea un nuovo equilibrio di poteri, più spostato verso l'uno o l'altro: è il prodotto di un leader fuori di testa per aver preso il 41% alle Europee, e convinto che il futuro gli appartenga.
Le regioni vengono spogliate di poteri. Il Senato e le province non sono aboliti, gli viene cambiato il nome e vengono fatte eleggere con elezioni di secondo grado dai partiti, a cui gli eletti rispondono. Tutto il sistema si regge su un partito egemone (ovviamente il PD), che deve vincere le elezioni politiche, le elezioni amministrative e le elezioni regionali. In questo caso, tutte le istituzioni sono allineate e funzionano.
Funzionano talmente bene che il partito egemone, grazie alle leggi elettorali super maggioritarie a livello nazionale e anche locale, controlla tutto: la maggioranza datagli dall'Italicum gli permette di imporre facilmente il Presidente della Repubblica, mentre frammentare l'elezione della Corte Costituzionale tra la Camera e il Senato gli permette di scegliersi i giudici senza dover fare compromessi. Se poi ci dovesse essere qualche dissenso in Senato, si fa sempre in tempo a invocare una delle nuove clausole di supremazia, e scavalcarlo. Il rischio di inaffidabili referendum o leggi di iniziativa popolare, nonostante i contentini sul quorum o sulla discussione, viene eliminato con soglie di firme tali che solo i grandissimi partiti e organizzazioni le possono raggiungere.
Se c'è un partito egemone, tutto diventa più veloce: si fa come dice quel Partito, punto e basta. Se il Presidente del Consiglio non va bene, potrà di nuovo cascare in tre mesi: comanda il Partito.
Se invece, fatalità, gli elettori dovessero essere sciocchi e non dare una maggioranza egemone almeno a livello locale a un solo Partito, allora … niente deriva autoritaria. Solo deriva confusionaria. Il Senato mantiene la possibilità di veto non solo sulle leggi riguardanti le autonomie locali, ma anche sulle leggi derivanti dalle normative europee. Sembra una cosuccia, in fin dei conti l'Europa non decide niente, lo sanno tutti.
RispondiEliminaL'Europa invece decide un sacco di cose: le sue normative condizionano circa l'80% delle nostre leggi. Un Senato non allineato con la Camera, perchè magari le elezioni regionali quel governo le ha perse, potrebbe comunque divertirsi a bloccare l'adozione delle leggi europee, e bloccare l'intero meccanismo di governo.
A proposito, la riforma fa strage di poteri delle Regioni. E' vero, le Regioni non sono il massimo, spesso: ma quando anziché i bandi per sostenere l'economia locale, i piccoli artigiani delle Marche dovranno partecipare a un click day nazionale, in cui bisogna chiedere i soldi in pochi millisecondi alla mezzanotte in cui viene pubblicato il bando, forse le rimpiangeremo. Non è fantascienza, è ciò che è successo alla promozione turistica e alle politiche di sviluppo da quando il governo si è ripreso le deleghe sul tema.
A quel punto, non ci sarà petizione per difendere i piccoli tribunali che tenga, tantopiù che in Senato noi avremo 2 rappresentanti, quanti la Val D'Aosta che ha un decimo dei nostri abitanti.
Questa riforma non è fatta per decidere meglio. La riforma di Renzi può portare facilmente a una deriva autoritaria, quella di un partito che prende qualsiasi decisione da solo, che sia il PD, il 5 Stelle o chiunque altro.
Oppure può portare facilmente a una deriva confusionaria, quella di Istituzioni che non devono rispondere a nessuno tranne che al ceto politico, e quindi saranno ricattatorie, o ricattabili e comprabili (e via di altri Scilipoti corrotti per permettere al governo di decidere).
Quello a cui non può portare è nuova stabilità, autorevolezza, capacità di decidere. Lo dico da presidenzialista convinto: questa riforma è un pastrocchio, l'ennesimo. Non rende migliore il nostro sistema istituzionale, si limita a renderlo ancora più brutto e disfunzionale per non farci capire che vogliono consegnare tutto il potere a un solo partito, oramai sempre meno democratico. E questa riforma si merita un sonoro NO.
Manfredi Mangano
COMITATO SOCIALISTA PER IL NO REGIONE MARCHE
Federazione dei Giovani Socialisti
Partito Socialista Italiano