sabato 7 agosto 2010

*IN ATTESA DEL CROLLO - SE SPARTA PIANGE..( LA CRISI SIMMETRICA DEI PD)*


Il Pd vive una crisi dagli esiti incerti che non viene ancora fuori a tutto tondo, dato che si copre dietro quella non meno grave del Pdl. E, comunque, resta ancora unito, sperando alla rottura della maggioranza e alla formazione di un nuovo esecutivo senza Silvio Berlusconi.

I due partiti sono speculari in tutto, essendo entrambi nati attraverso una fusione a freddo. L’operazione di mettere assieme tradizioni culturali e politiche eterogenee non sta dando grossi risultati come gli ideatori supponevano. Insomma, è nata male e sta procedendo malissimo, fino al probabile fallimento.

Lo scontro in atto tra le diverse anime è senza esclusioni di colpi, in un momento in cui il Pd ha toccato elettoralmente il minimo storico e il segretario Bersani non è in grande spolvero. Infatti, i sondaggi settimanali rilevano una perdita di consensi dell’uno e dell’altro, senza che ci sia alle viste un recupero in breve e medio tempo. Per di più, Nichi Vendola come un tornado si è abbattuto sul Pd, creando una sorta di scombussolamento nello schieramento di opposizione. Nei piani del Pd non era prevista alcuna candidatura alla premiership delle elezioni politiche del 2013, salvo lo scioglimento anticipato delle Camere, che potrebbe mettere in moto un processo inedito di alleanze. Ragion per cui, in un quadro emergenziale potrebbe lo stato maggiore del Pd far ricorso a un candidato della società civile.

Il governatore pugliese ha usato il termine “spariglio” per quanto riguarda la sua autocandidatura, visto che ha anticipato i tempi, mettendo in forte imbarazzo Bersani che non gli passava neanche per l’anticamere del cervello discutere di candidature e tantomeno di primarie.

Per Vendola, grasso che cola. La sua mossa, a ben vedere, tenta di acquisire sempre un risultato sia se fosse lui candidato sia se non lo fosse. Di certo, porta acqua a Sel, cioè al suo movimento che ha bisogno di essere conosciuto dagli elettori e quale migliore propaganda la sua candidatura alle prossime politiche?

Comunque sia, è stato un fulmine a ciel sereno, visto che nessuno si aspettava che Vendola uscisse con una proposta simile. Soprattutto gli ex Dc sono fuori dalla grazie di Dio, perché lo considerano un candidato perdente per le sue caratteristiche politiche: troppo di sinistra e, pertanto, incapace di calamitare il voto moderato.

La loro convinta partecipazione a fondare il Pd aveva il presupposto di non mettere in campo un partito di sinistra, bensì di centrosinistra, per questo vendono la candidatura di Vendola come una sciagura che si è abbattuta sul Pd e su tutta l’opposizione. Che anziché unirla, la divede in due, senza la possibilità di essere alternativa alla maggioranza di governo.

Avendo ripetuto che non vogliono morire socialisti, vivono già male la loro esperienza, trovandosi in un partito egemonizzato dagli ex comunisti, figurarsi se Vendola, (che non ha abiurato il comunismo realizzato e non la sua ideologia), fosse il candidato prossimo venturo.

Il malessere non è fatto platonico, ma è reale, tant’è che gli europarlamentari democratici di estrazione ex Dc e liberaldemocratica non sono confluiti nel Gruppo del Pse,bensì in quello del Pde, laddove, ironia della sorte, sono presenti gli europarlamentari dello scissionista Rutelli.

Fino a quando queste aree resisteranno in un partito in cui non hanno alcuna voce in capitolo e dove il duello tra D’Alema e Veltroni è tale che non promette nulla di buono, visto che il lider maximo punta al superamento del bipolarismo e a un rapporto privilegiato con l’Udc, mentre per Veltroni il bipolarismo è intoccabile e di Casini non vuol sentir parlare.

Pure sul caso Vendola sono divisi: D’Alema è contrario, Veltroni è, invece, a favore.

Fatto sta che il divario tra i due leader si sta allargando ogni giorno di più e non è detto che partendo proprio dall’ultimo pomo della discordia chiamato Vendola, i loro destini politici non si divideranno, prossimamente.

Cosi come gli ex Dc, che fanno capo a Beppe Fioroni, non decideranno di lasciare il Pd per trasferirsi armi e bagagli nel Udc, in via di cambiare pelle e nome, e, comunque, pronta ad accoglierli per la costruzione di un centro che abbia le chiavi dei futuri governi sia di sinistra sia, viceversa, di destra.

Complessivamente una realtà partitica in via di scomposizione che potrebbe creare dei vuoti politici preoccupanti.


da www.socialist.it

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