Ho letto con estrema attenzione ed  interesse sia l'intervento di Stelvio Antonini che la riflessione, come  sempre di spessore, di Carlo Magnani.
La sollecitazione di Stelvio è innanzitutto utile ad aprire un dibattito serio nelle Marche rispetto alle prospettive di breve/medio periodo che vogliamo darci come SeL. Anche e soprattutto su questioni che, spesso, vengono troppo frettolosamente archiviate come “di secondaria importanza”: che forma ci vogliamo dare e che regole ci vogliamo dare.
Sono convinto che questi argomenti non siano affatto di “secondaria importanza” rispetto alla “politica”, entrambe le questioni sono sullo stesso piano e se si pensa di far prevalere l'una rispetto all'altra, si rischia di avere un “cammino zoppo”.
Chi, come noi, ha militato negli ultimi anni in partiti di dimensioni ridotte, ha vissuto sulla propria pelle delle esperienze non certo “politicamente edificanti”: la mancanza di regole chiare, di strutture chiare, di ruoli chiari, di forme organizzative chiare, ha fatto mettere spesso la “politica” in secondo piano, sacrificata sull'altare delle strategie personali dei “capetti territoriali” che, in tutta Italia, hanno solo cercato di raggiungere obiettivi individualmente eccellenti ma collettivamente deprimenti.
Questo è successo molte volte anche  nelle Marche, senza che i nostri partiti abbiano avuto né grandi benefici  numerici né politici.
SeL non può, evidentemente, correre  il rischio né di iniziare un “cammino zoppo” né, tantomeno, di  nascere già con una “opprimente cappa” impersonificata da questo  o quel capetto che, a garanzia sua, cerca di modellare il tutto in barba  alla politica, alle prospettive, alla base.
Per tali motivi lo stimolo del compagno  Antonini va colto, ragionato, discusso. Velocemente e di pari passo  con la discussione politica.
Io penso che, se vogliamo davvero darci slancio e far percepire all'esterno che, finalmente, siamo in grado di respirare e far respirare aria nuova, dobbiamo abbandonare ogni forma organizzativa utile a pochi a discapito di tanti. Dobbiamo dare l'idea di qualcosa di concreto ma di nuovo, anche e soprattutto nei metodi democratici interni. Dobbiamo scrollarci di dosso quell'etichetta di piccole organizzazioni politiche utile al mantenimento di qualche posizione privilegiata ma non in grado di incidere sui problemi reali delle persone.
Dare questo segnale di novità attraverso  una “federazione” tra soggetti che hanno ancora quell'etichetta  mi sembra quanto meno difficile. 
Noi socialisti, in particolare, stiamo  correndo un grande rischio. Il rischio di diventare un “corpo estraneo  “ rispetto alla società ed alla realtà. Stiamo continuando a “parlarci  addosso”, rischiando di dire cose sempre meno aderenti a ciò che,  oggi, la società pretende dalla politica: chiarezza, semplificazione,  capacità decisionale. 
E se un compagno autorevole, con grandi  capacità di analisi politica e con riconosciute doti intellettuali  come Carlo Magnani, si pone e ci pone la domanda “…e noi dove siamo?  Lo dico in primo luogo ai socialisti come me”, la mia preoccupazione,  da socialista, aumenta. 
*Vice Segretario Provinciale PSI Macerata - Sinistra e Liberta'
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